6 Novembre 2017

EDITORIALE – Emotività dannosa e fuorviante

Il consueto editoriale del lunedì sera, questa volta concentrato sui tifosi, le aspettative, i risultati e l'importanza di avere uno stadio pieno (o quasi)

Non ti ho tradito. Dico sul serio. Ero… rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!

Per quei pochi che non conoscessero ancora questa citazione, oltre all’invito a rimediare quanto prima, ricordo che si tratta di un estratto del dialogo finale di The Blues Brothers tra Jake e la sua ex fidanzata (interpretati dai compianti John Belushi e Carrie Fisher). Con l’Inter, sulla carta, avrebbe poco o nulla a che spartire se non fosse per una miriade di reazioni ansiosamente catastrofistiche da social nel dopo partita di ieri che, sfidiamo qualunque tiepido appassionato di cinema a negarlo, hanno fatto di tutto per farcelo tornare in mente. Fai 1-1 in casa contro il Torino – probabilmente nella sua miglior esibizione stagionale sin qui – ed è subito un apriti cielo che, in confronto, i patriarchi dell’Antico Testamento paiono  telepredicatori da quattro soldi. Seriamente, in confronto a certi scenari saltati fuori su quello che sicuramente sarà l’immediato futuro del Biscione dopo la partita che ha palesemente compromesso la stagione (in data cinque novembre), l’improbabile sequela di disgrazie frammiste a piaghe d’Egitto varie inventata da Jake ‘Joliet’ Blues pare quasi plausibile, tutto sommato.

Che, poi, oggettivamente, se la prestazione fosse stata gravemente insufficiente e conclusa con un pari di stinco al 96’ arrivato per una misteriosa grazia divina totalmente immeritata, queste reazioni si potrebbero se non capire, perlomeno comprendere. E invece no, perché l’Inter ha disputato una partita che, a suo modo, è stata decisamente matura, condotta col piglio da grande squadra con continuità ammirevole, senza particolari cali di tensione (quelli sì che li abbiamo ravvisati altre volte – cfr. partita con la Sampdoria). Cos’è successo, allora? Sicuramente ha ragione sia chi parla di una mancanza di incisività negli avanti nerazzurri più attesi – che tra l’altro sono esseri umani e, guarda un po’, può pure succedere che talvolta abbiano le polveri bagnate visto che normalmente sono sempre letali – e, soprattutto, ne ha ancora di più chi ha sottolineato più e più volte la validità della partita del Torino, risorto dalle sue ceneri per l’occasione. Chiaramente è mancato anche quel pizzico (solo un pizzico, per carità) di fortuna che, a volte, può trasformare un pareggio in una rimonta esaltante (cfr. traversa di Vecino) ma, leggendo la partita nel complesso, il risultato ci sta.

A oggi, i dati parziali parlano di terzo posto, zero sconfitte in dodici gare, nove vittorie e tre pareggi per un totale di trenta punti raccolti in nemmeno tre mesi di campionato. L’anno scorso abbiamo dovuto aspettare febbraio per vedere lo stesso risultato: il miglioramento c’è ed è mostruoso, lo rimarchiamo una volta di più nel caso fosse in ascolto qualcuno che, travolto dalla paranoia, ora creda seriamente di essere tra il Crotone e il Genoa, in graduatoria.

Posto quindi che non è certo il primo pareggio interno della stagione a dover deprimere la tifoseria, cosa ci dice questa reazione scomposta dopo un risultato che lascia l’amaro in bocca ma che è anni luce lontano dalle fin troppe figure di palta patite in questi anni?

Una risposta giusta stricto sensu chiaramente non esiste ma si può azzardare un’ipotesi: dopo anni di vacche magre e con l’esperienza ancora fresca dell’implosione vista nella stagione 2015/2016, il tifoso medio è roso dal desiderio di competere per il titolo il prima possibile e, contemporaneamente, divorato dall’ansia che deriva dal terrore di crollare in maniera verticale e riprecipitare in un abisso di mediocrità e delusione con l’anno nuovo, magari fallendo l’appuntamento con la Champions League per l’ennesima volta. Questa tensione bipolare porta a un’isteria di fondo che, comprensibilmente, cresce di giornata in giornata man mano che la posta in gioco si alza grazie alla continuità della squadra. Dunque ecco le reazioni sproporzionate arrivate per il gioco, per il punteggio, per le sostituzioni o qualunque altro aspetto della gestione di partita di Spalletti (in primo luogo) e dalla squadra (in secondo), a seconda dei gusti e del focus personale di ognuno di noi.

Ora, è ovvio che non si deve e non si può dare troppa importanza a questo genere di isterismi ma il fenomeno non va sottovalutato perché è un chiaro indice della mancanza di abitudine a competere per vincere che la Beneamata ha logicamente maturato in questi anni. Forse, tra tutti, ad aver capito meglio il momento che la squadra e la società stanno passando sono stati i 70.000 tifosi presenti allo stadio ieri che, immaginiamo trascinati dai circa 40.000 sempre presenti nell’ultimo lustro e reduci da ben altri orrori, non hanno fatto i masa pioeucc (trad.: ammazza pidocchi) all’intervallo nonostante lo 0-0 e, ancora più meritevolmente, hanno incitato a squarciagola i giocatori dopo lo svantaggio.

È un luogo comune trito e ritrito ma, in caso Spalletti ravvisasse un piccolo calo nella motivazione del gruppo, la folla di San Siro gli offre senz’altro la più semplice delle sponde per ravvivare il fuoco interiore della rosa. Mai come questa volta avrebbe effettivamente senso ripartire dai tifosi e dalla loro incredibile voglia di Inter.

⇓⇓⇓ IL GOL CAPOLAVORO DI COLIDIO, STELLINA DELLA PRIMAVERA! ⇓⇓⇓