19 Ottobre 2015

EDITORIALE – Un punto guadagnato o due punti persi?

Il consueto editoriale del lunedì sera, impossibile da non dedicare al Derby d'Italia andato in scena ieri sera a San Siro. Un'Inter propositiva nel primo tempo e barricata in difesa nel secondo, che ha evidenziato pregi e difetti evidenti che analizziamo in questa sede
Perišić napoli inter

Nelle ultime 24 ore il Derby d’Italia di ieri sera è già stato analizzato, sminuzzato, soppesato, indagato e commentato in abbondanza, quasi troppo a dire il vero. Più o meno tutti i principali esegeti sono stati concordi nell’affermare che è stata una gara dalla doppia faccia, con un primo tempo più di marca interista e con una ripresa a decise tinte bianconere ma questo non basta per liquidare la faccenda.

Anche perché l’Inter in particolare ha dimostrato per l’ennesima volta in stagione che non può reggere più di mezz’ora il ritmo indiavolato necessario ad assicurarsi la supremazia territoriale, tecnica e fisica che le serve per portare a casa un bottino pieno. Certo, la solidità messa in crisi dalla sfida con la Fiorentina si è riaffacciata prepotentemente ed è una buona notizia, tuttavia non si può non sottolineare come tutto l’undici di Mancini abbia fisiologicamente bisogno di funzionare ad altissimi giri per poter far male agli avversari e che per ottenere questo risultato devono essere in forma perlomeno perfetta tutti i titolari (più i tre rincalzi che il Mancio di volta in volta sceglie). Se la condizione atletica non supporta i giocatori del Biscione per tutti i 90′ accade quel che s’è visto ieri: dopo le sfuriate durante le quali l’Inter prende il comando delle operazioni arrivano dei lunghi momenti di pausa in cui la squadra si schiaccia verso la linea difensiva e fatica esageratamente a uscire con la palla al piede dal bozzolo difensivo.

Contro la Juventus non è stato diverso: il calo di Felipe Melo e Medel (e l’ingresso in campo anonimo di Guarín, schierato probabilmente perché è il giocatore “più verticale” a disposizione del tecnico jesino) ha fortemente condizionato il resto della squadra, che ha dovuto ritirarsi neanche troppo gradualmente e arroccarsi nel suo fortino lasciando sfogare sulle barricate erette attorno all’area le fiammate bianconere. In questo senso, dunque, si può tranquillamente dire che il punto arrivato ieri da San Siro è un punto guadagnato perché, come sa chiunque segua un po’ il pallone, nel momento in cui si pensa quasi solo a difendersi e si fa una gran fatica a presentarsi di fronte al portiere avversario il rischio di trovarsi beffati è sempre alto.

Chiaramente la supremazia non concretizzata della prima frazione di gioco lascia un po’ di amaro in bocca ma va anche capito che, contro la difesa della Juventus (al netto delle incertezze palesate in questo inizio di stagione) e un Barzagli ritornato il campione che è, va necessariamente finalizzata anche la più piccola chance di segnare che si ha perché ne si avranno presumibilmente poche altre. Un compito arduo per l’attacco nerazzurro visto fino a oggi, che ha più volte denunciato chiaramente di soffrire di una certa sindrome da “polveri bagnate” e che fatica enormemente a trovare la via della rete. Del resto Icardi viene cercato poco e male (soprattutto quando se la deve vedere da solo con tre centrali, come ieri sera) e Jovetić, quando i compagni abbassano troppo il baricentro, si ritrova spesso a dover fare tutto da solo, talvolta con la necessità di coprire senza appoggi una trentina di metri di campo, facendo contemporaneamente il trequartista, la seconda punta e il regista offensivo. Anche lo stesso Perišić, trovatosi a un tratto senza la sponda continua della mezzala di riferimento e con le due punte marcate, s’è dovuto inventare più d’una volta delle giocate in solitaria per provare a sfondare i ranghi juventini.

Se le cose in avanti potrebbero andare molto meglio, va anche fatto notare che il pacchetto arretrato, ritrovando la sua linea titolare, pare aver riacquistato definitivamente le certezze perdute con la Fiorentina e appannate dalla Sampdoria nonostante anche ieri – guarda caso nel secondo tempo, quando in mezzo facevano molta fatica a fare filtro – ci sia stato più di un tremolio (ma per fortuna Khedira ha fallito la sua palla-gol salvando il clean-sheet di Handanović).

Insomma, fatto salvo che per una squadra come l’Inter battere la Juventus è sempre e comunque meglio che pareggiarci, bisogna sforzarsi di vedere il buono che pure la partita in sé ha lasciato in eredità e ricominciare a costruire da lì, specialmente là davanti dove i meccanismi seguono a sembrare inceppati e poco oliati (anche a causa del fatto che l’attacco interista è quasi del tutto nuovo).

Per quanto sia ripetitivo urge ricordarlo ulteriormente: l’Inter non è una squadra fatta e finita (“conchiusa”, avrebbero detto nel ‘700) e c’è ancora parecchio lavoro da fare, come ripete ostinatamente Mancini da settimane. Questo ci riconduce alla morale ormai quasi stantia che è diventata il mantra nerazzurro di questo inizio di stagione: chi vivrà vedrà.