14 Novembre 2016

EDITORIALE – Nel dubbio, buona fortuna

Il consueto editoriale del lunedì, questa volta incentrato su Pioli e sul suo avvento sulla panchina della Beneamata. Una missione impossibile ma che va sostenuta lo stesso
intervista condò

Stefano Pioli è l’allenatore dell’Inter da quasi una settimana, ormai. Però dovranno passare ancora altrettanti giorni prima che si possa vedere in azione la sua “creatura” e, nell’attesa, l’unica cosa sensata da fare è (ovviamente) pazientare. Senza dimenticarsi di augurare buona fortuna al nuovo tecnico, perché ne avrà bisogno in dosi industriali, francamente. Per allenare l’Inter assomigliare a John Malkovich può essere anche un discreto inizio ma certamente non basta.

Come un tormentone televisivo di diversi anni fa diventato più recentemente un culto sul web, il tifoso interista può avere in testa solo dubbi e frasi di circostanza, in questo momento. Non il migliore dei connubi. Sia che fosse contrario o favorevole all’esonero di Frank de Boer, sia che fosse contrario o favorevole all’assunzione di Pioli, in questo momento la confusione regna sovrana nella mente del tifoso e non sa minimamente cosa si può aspettare dal nuovo mister.

Ora, è chiaro che l’ex allenatore della Lazio arriva con l’aria del ripiego. È inevitabile, quando si subentra, perché è palese che la prima scelta fosse qualcun altro. Approda in nerazzurro dopo due mesi e mezzo decisamente sotto le attese, a livello di punti di classifica e quindi già con l’ansia che deriva dalla fretta di recuperare. Atterra su un pianeta alieno dal resto del mondo (del calcio ma non solo), in cui non si capisce bene chi sia la società e cosa voglia a medio o lungo termine. È arrivato senza mezza fanfara perché il predecessore è stato esonerato, lasciando dietro di sé un ambiente da un lato lacerato e dall’altro già profondamente disilluso. Giunge a Milano anche col fardello del fantasma di Diego Pablo Simeone sulle spalle e col destino praticamente segnato qualunque cosa succeda: se non a fine anno, di sicuro nel 2018 – o così dicono i bene informati.

Sforzandosi di guardare la questione da più lontano possibile, appare evidente che il compito di Mancini sarebbe stato difficile, che quello di de Boer era assurdamente complesso e che quello di Pioli appare onestamente impossibile. Forse è per questo che va sostenuto acriticamente più degli altri due messi assieme e per decisamente più tempo (e l’olandese ne ha messi assieme, di consensi. Per il 99% della sua permanenza, tra l’alto. Se non fosse per i motivi sbagliati, si potrebbe quasi ipotizzare che la tifoseria nerazzurra sia maturata).

La società sembra aspettarsi da Pioli molto di più di quanto non sembra attendersi il tifoso medio ma non si sa se le aspettative siano semplici formalità istituzionali o se davvero si crede ancora alla possibilità di entrare in Champions League. Di sicuro c’è che l’allenatore parte senza le pressioni del pubblico tipiche del ruolo (almeno per adesso) e la curiosità che aleggia attorno alla squadra è più diretta ai giocatori che non a chi si siederà in panchina. Può essere un bene inestimabile ma può anche rivelarsi un male.

Probabilmente sarebbe meglio pensare almeno un pochettino anche al mister. Sforzarsi, perlomeno. Perché Pioli Stefano da Parma ha davanti un Everest enorme da affrontare e anche se nessuno crede minimamente che possa scalarlo, lui probabilmente ha il legittimo desiderio di tentare di raggiungere una quota accettabile. E, in realtà, anche il diritto di essere sostenuto mentre cerca di farlo invece di essere vissuto come una variabile ininfluente o, peggio, un male necessario.

Il pubblico della Beneamata non deve lasciarsi ingannare dalle circostanze e deve trattare Pioli come l’allenatore, non come un traghettatore. Altrimenti è già finita prima di cominciare. Mai come stavolta è importante augurare al nuovo tecnico tutta la fortuna possibile, anche se si pensa che chiunque ci sia in panchina non abbia più rilevanza, visto che la stagione è già da buttare. Mai come stavolta è importante provare a trasmettergli un po’ di affetto perché, forse ancor più di de Boer, quest’uomo è già solo: non può godere nemmeno delle aspettative tradizionali che attendono l’allenatore dell’Inter, visto che è un rincalzo.

Buona fortuna, Stefano. Di cuore.