1 Settembre 2017

EDITORIALE – Un mercato di fumo senza filtro

Troppe dichiarazioni senza i conseguenti fatti da parte di Ausilio e Sabatini hanno nascosto il bello di un mercato comunque positivo. Perchè la fame è fame. Per le prelibatezze c’è tempo.

Perché tutte quelle parole? Perché il “vedrete cosa faremo a luglio”? Ora perché #Interiscoming è già stato annunciato per gennaio? Perché questo fumo senza filtro che fa tossire i tifosi che lo respirano a pieni polmoni? Sono queste le domande che restano oggi, primo giorno post calciomercato. Se è difficile analizzare il lavoro svolto dal duo Sabatini-Ausilio, molte delle ragioni sono da ricercare nel duo stesso. E non per quello che hanno fatto, perché se guardo la rosa, non posso che lasciarmi andare ad un sorriso. Ok manca Gabigol, ma quella è una mia debolezza, da amante delle scommesse calcistiche e dei giocatori che non puoi non amare. Ma quella è un’altra storia. La storia di stasera parla di giocatori che non avremmo nemmeno mai accostato all’Inter se non lo avessero fatto loro. Quegli stessi giocatori che, a mercato chiuso, restano non accostati all’Inter. Ma andiamo per gradi.

ACQUISTI – Gli acquisti dell’Inter fanno fare alla rosa un passo avanti all’interno di quella crescita di identità funzionale al gioco del suo allenatore, da tutti identificato come il vero top player dell’estate nerazzurra. Perché un giovane centrale difensivo come Skriniar, con la convinzione mostrata nelle prime uscite al fianco di Miranda, era quello che Murillo non era più riuscito a garantire. Già, Murillo: ceduto. Gli occhi erano tutti, dai primi di maggio, quando la stagione era finita per gli interisti, su Manolas, centrale della Roma, dato ormai per acquisto certo. Quello stesso Manolas che quasi ha rifiutato l’abbraccio di Spalletti nel tunnel dell’Olimpico prima di Roma-Inter, mentre indossava la sua casacca romanista. La stessa del maggio scorso. Questo ha fatto sì che l’arrivo di Skriniar venisse visto come quello di un ottimo rincalzo, ma il piatto principale doveva ancora arrivare. Non solo il piatto non è arrivato ma è stato anche ammesso che qualcosa mancava. Lo ha fatto Piero Ausilio, proprio dopo la cessione di Murillo. Così diceva ai giornalisti: Stiamo lavorando per trovare un centrale difensivo, in effetti qualcosa lì manca. Ma tra comprare un giocatore adesso, magari spendendo tanto e per poi scoprire che non era quello che faceva al caso nostro e aspettare un’occasione migliore, preferiamo aspettare”. A furia di aspettare, si è scelto di non far partire Ranocchia, un giocatore che deve ancora riuscire a marcare la sua autostima che continua a sfuggirgli come se fosse Messi, e di promuovere Zinho Vanheusden. Nella speranza che il giovane talento della primavera non fosse il soggetto della frase di Sabatini. “Ricicleremo qualcuno in quel ruolo”. Magari per aiutare un ambiente ad avere fiducia, dire “promuovere” invece che “riciclare” avrebbe fatto sentire la situazione meno da terza scelta del previsto. Perché se a centrocampo aspetti Vidal, Nainggolan e Verratti, e ti ritrovi Vecino e Borja Valero, parti un po’ con il freno a mano tirato. E dimentichi che lo spagnolo è l’oro colato per ogni centrocampo, il regista che invocavamo da anni. Il cuore di un gioco che ora sgorga come acqua nel deserto. E di Vecino non ricordi che è il suo fido scudiero che farà quello che Medel (ceduto) non era riuscito a fare: associare la corsa, la grinta, la rabbia agonistica, all’impostazione e qualche gol. E un assaggio lo abbiamo già visto. Ma non sono Nainggolan e Vidal. Dalbert è un obiettivo centrato: inutile negarlo. Era stato dichiarato, ci ha messo un’estate, ma è arrivato. E tutto fa pensare che sarà il nostro fiore all’occhiello. Cancelo invece è arrivato per fare di necessità virtù. Spetterà a Spalletti renderlo un’ira di dio. In attacco Schick è stato soffiato due volte, dalla Juventus e dalla Roma. Di Maria annunciato prima ancora di trattarlo e Karamoh ci ha implorato di essere acquistato e così è accaduto. Anche qui, l’idea che è passata è che fosse sul fondo del barile delle possibilità. Tra gli acquisti, però, ci metto anche il sorriso di Perisic dopo il secondo assist contro la Roma, mentre prende sulle sue spalle Vecino, così come aveva fatto con Icardi. Una meraviglia se si pensa alla prima foto di gruppo in ritiro.

CESSIONI – Tu guardi le cessioni e scopri un mondo. Plusvalenze ovunque: anche su Gabigol, in potenziale. Ceduti Medel, Murillo, Banega, Jovetic, Kondogbia, Ansaldi. Non tutti sono stati sostituiti: non tutti gli esuberi sono stati venduti. Resta, ormai praticamente fuori rosa, Santon, Ranocchia per necessità, Nagatomo per eccesso di necessità. Ma l’idea che le cessioni siano andate oltre è dato dalle parole dello stesso Sabatini, ancora lui. “L’Inter non si aggiusta nel giro di 2 mesi. Valuteremo tutto e siamo pronti eventualmente a fare delle integrazioni a gennaio. La rosa ci dà delle garanzie. Vogliamo riportare la squadra in alto nel giro di 2 anni”. Questo è un altro anno di passaggio. Sabatini non lo nasconde. Non ha mai nascosto nulla. Di filtri appunto, non ne ha usati. Ha fatto atmosfera con il fumo. Che ha nascosto il bello del mercato fatto, ma anche un po’ di confusione. In quella stessa intervista, infatti, è arrivata una frase abbastanza chiara, smentita qualche ora dopo: “Ansaldi sarebbe dovuto partire prima dell’infortunio di Cancelo, adesso no”. Ansaldi è stato ceduto e il miracolo su Cancelo non è avvenuto per cui l’infortunio resta.

ANALISI – E tutto questo, va benissimo. Che Ansaldi sia stato ceduto è accettabile, che gli acquisti siano stati pragmatici, anche. Ma allora non si parli di Di Maria. Non si dica “aspettate luglio e vedrete”. Non possiamo accettare che un Direttore Sportivo dica: “Pensavamo di aver superato il Fair play, non è così”, come ha fatto Ausilio. Non può essere preso alla sprovvista da una cosa del genere. Lo riporta il Corriere della Sera, lo riportano tante testate. Sono le parole di una società italiana che dipende da un presidente sotto pressione per i giochi indonesiani (Thohir) e da una proprietà che sembra non possa investire all’estero per i paletti del governo cinese. E così si torna al nostro Top player: Luciano Spalletti. Sul cancello della Pinetina ha atteso i grandi acquisti. L’esterno dalla Francia, effettivamente, è arrivato, ma non è Di Maria. Ora sta al mister toscano far crescere questi Top in prospettiva. Nella speranza che non siano solo delle future plusvalenze. L’idea che l’Inter possa essere vista come una meta di passaggio prima di andare in un Top club fa quasi più male del fumo senza filtro. È il mozzicone che ti si spegne sulla pelle. Dunque, per la nostra salute, quella dei tifosi, quella di chi crede nel lavoro dei nostri direttori: basta fumo. Anche perché l’arrosto sembra davvero buono. L’arrosto c’è. Bastava solo non dire che poi ci sarebbe stata l’aragosta col caviale. La fame è fame. Per le prelibatezze c’è tempo.