8 Giugno 2015

EDITORIALE – Una vita da Palacio

È il 15 luglio di cinque anni fa, a Genova. Per la parte di città rossoblù risuona il nome di un giocatore argentino, annunciato ufficialmente proprio quel giorno: Rodrigo Palacio. L’allora 27enne Palacio arriva dal Boca Juniors, club in cui ha giocato quattro anni e mezzo e col quale ha vinto più o meno tutto quello che un club argentino può vincere a eccezione del Mondiale per Club (perso in finale contro il Milan per 4-2, uno dei due gol è manco a dirlo proprio di Rodrigo).

Al Genoa c’è Gasperini, che aspetta il Trenza per sostituire Milito, salpato un mesetto prima per Milano, sponda Inter. Palacio però non è un centravanti, è una seconda punta che svaria su tutto il fronte d’attacco e che ama infilarsi in ogni spiraglio che le difese avversarie gli lasciano. Non è un giocatore che segna sempre tanto, se gioca da solo in avanti sa anche fare gol ma in quel momento è più il tipo di elemento che fa segnare i compagni con i suoi movimenti senza palla o con la sua generosità, potenzialmente una spalla ideale per un numero nove che sappia il fatto suo (e i tanti anni di spalla a Martín Palermo lo dimostrano). Il Gasp lo inquadra subito e decide che il nuovo arrivato può disimpegnarsi sulla fascia nel suo tridente avanzato a patto che, però, l’argentino impari a difendere. A 27 anni.

Rodrigo non commenta, abbassa la testa e impara davvero, migliorando tantissimo la fase difensiva. Difatti diventa l’uomo più importante del Grifone, anche quando Gasperini viene esonerato, rimanendo il giocatore simbolo rossoblù per tre anni, conditi da 38 gol complessivi (in 100 partite) e da una marea di chilometri percorsi servendo la causa del Vecchio Balordo.

Dopo averla solo sfiorata nel 2011 in virtù di una precisa (e disattesa) richiesta dell’ex demiurgo Gasperini, Palacio abbraccia finalmente l’Inter il 7 di giugno del 2012, è il primo rinforzo dell’era Stramaccioni. All’inizio in parecchi storcono il naso: il Trenza ha trent’anni, arriva da stagioni dispendiose col Genoa, è un colpo low-profile, è difficile che si meriti davvero l’Inter. Cinque mesi più tardi Rodrigo firmerà il terzo gol nella storica (prima) vittoria allo Juventus Stadium e il resto di quanto fatto da allora a oggi è semplice cronaca.

A oggi Palacio conta 119 apparizioni e 53 gol con la maglia del Biscione, praticamente il Trenza segna un gol ogni due partite e può vantare d’aver raggiunto la migliore media gol della sua intera carriera proprio all’Inter. In nerazzurro – infatti – don Rodrigo non è mai sceso sotto la doppia cifra in tutte e tre le stagioni disputate sin qui. Nemmeno in questo anno disgraziato, in cui ha faticato tantissimo a sbloccarsi, il Trenza ha fatto mancare ai suoi compagni l’apporto di gol che ci si aspetta da lui. Quasi tutti nel 2015, è vero, ma il dato rimarca anzi quanto siano mancati i suoi gol nella prima metà d’anno.

Anche oggi, nonostante la carta d’identità dica trentatré, Palacio pare comunque essere una delle non tantissime certezze attorno alle quali Mancini intende costruire la sua Inter 2015/2016. Magari l’anno prossimo Rodrigo giocherà meno partite, magari potrà rifiatare un po’ più spesso, magari non segnerà con la continuità avuta fin qui ma Palacio è troppo importante per poter fare a meno di lui in un momento di così delicata ricostruzione di autostima e ambizioni. Anche perché si parla di un professionista impeccabile, che non si lamenta mai di niente e di nessuno e che lascia parlare per sé il campo; inoltre, Palacio è anche uno dei cardini di uno spogliatoio costituito ormai da tanti giovani.

Come il suo amico Milito prima di lui, il Trenza è il classico lavoratore implacabile in allenamento e, avanzando le primavere, il bisogno di una preparazione estiva ottimale aumenta sempre di più. Non è infatti un caso che proprio quest’anno, in cui i Mondiali e una precaria condizione fisico-psicologica ereditata dagli stessi ne hanno pregiudicato il lavoro in ritiro, Rodrigo abbia trovato una conseguente (e consistente) difficoltà nell’ottenere una buona condizione atletica che fosse sufficiente a sostenere il suo gioco fisicamente così dispendioso.

Il punto è proprio questo: non si commetta l’errore di considerare questa stagione come l’inizio dell’inutilità di Rodrigo Sebastián Palacio da Bahía Blanca perché, anche adesso, all’Inter non c’è un giocatore ugualmente abile da un punto di vista tattico. Anzi, ad Appiano Gentile manca proprio non solo un’altra punta ma proprio un giocatore qualsiasi che abbia caratteristiche anche solo vagamente simili a quelle del numero 8, sia dentro sia fuori dal campo. Il Trenza andrebbe preso come modello dal quale partire per cercare nuovi attaccanti, non come emblema del rinnovamento.

Il Mancio è ormai profondo conoscitore delle dinamiche in cui può incorrere una squadra di calcio e oggi Palacio è ancora un ingranaggio fondamentale della sua. Non commetta l’errore di potersene privare a cuor leggero: sostituire – magari gradualmente – è una cosa, gettare tra i rifiuti uno dei pochissimi che in un triennio, segnato da molte più ombre che luci, ha saputo fare breccia nei cuori dei tifosi e rendersi veramente imprescindibile tutta un’altra.