17 Marzo 2019

L’Intertinente – Da Icardi-Higuain a Lautaro-Piatek: lo stravolgimento dei parallelismi nell’arco di un girone

Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri

Quella che è stata introdotta come la settimana che avrebbe dovuto ambiziosamente calibrare le prospettive dell’Inter – prosecuzione del cammino in Europa League ed accesso non tribolato alla Champions League 2019/2020 – ed orchestrarne il bimestre conclusivo, rischia di diventare una sentenza di condanna persino per quel che concerne il minimo sindacale, ossia la riconferma nell’Europa dei Grandi per la stagione prossima. Ovviamente ed incontrovertibilmente, le scorie dell’epurazione per mano dell’Eintracht Francoforte – millesimo ed inqualificabile capitolo di un’oscenità che non sta conoscendo limiti dal 2011 – sono ancora tangibili, e il timore è che contaminino la serenità a cui serve ricorrere per depistare l’irreparabilità di un declino.

Dal caparbio trionfo della passata domenica ai danni della Spal, le proiezioni per la squadra di Spalletti hanno subito una drastica ed allarmante rivisitazione: sopite le aspettative di un (ennesimo) rilancio, ed archiviate le trainanti sensazioni per una (ancora svanita) ribalta in un palcoscenico prestigioso, in vista del Derby di stasera, l’Inter si trova a dover ripararsi dall’amarezza che pervade l’intero eco-sistema Nerazzurro e a fronteggiare un’emergenza dettata da una sgradevolmente folta infermeria e dalla indisponibilità di oramai noti disseminatori di grane – c’è nuovamente bisogno di ricordarne le generalità? -.

Pur confidando nella prontezza di recupero di alcuni che intasano la lista dei non arruolabili a causa di contrarie diagnosi mediche – Brozovic sembrerebbe recuperabile -, resta staticamente stabile la situazione dell’auto-escluso per antonomasia: quel Mauro Icardi tanto balzato agli onori (?) delle cronache per la diatriba interna che sta portando avanti con la società. Benché discussa e discutibile, la sua assenza ha garantito un’intoccabile titolarità a Lautaro Martinez, che domani sera si approprierà del ruolo di padrone dell’area di rigore che è stato lasciato vacante dall’ex Capitano.

Rispetto alla gara d’andata, l’incrocio fra il Milan e l’Inter di domani sembra essere successivo ad un’era geologica, piuttosto che ad un solo girone: a variare non sono stati solo gli obiettivi e le circostanze di entrambe le compagini, ma soprattutto il loro arsenale d’attacco, che è contemporaneamente mutato a gennaio, seppur per ragioni differenti. Se lo scenario di fine ottobre 2018 sfoderava un vis-a-vis tutto albiceleste tra Icardi appunto e Gonzalo Higuain, quello che si profila è un inedito raffronto fra Sud America ed Est Europa, con El Toro Martinez e Krzysztof Piatek ad essere designati consoli delle rispettive aree del Globo.

Rispettando l’asse cronologico, il primo confronto argentino si concluse a favore dell’interista, che riuscì a sopperire alla discrepanza qualitativa con l’avversario collega di reparto grazie al tempismo di un colpo di testa allo scadere, che consegnò il primato cittadino ai Neroblu. Ad una superiore capacità di partecipazione alla coralità della manovra offensiva e ad una più elevata visone di gioco di Higuain – non mostrate in quella specifica occasione, all’onor del vero -, Icardi risponde con un cinismo che rispetta la veracità di un centravanti e con una notevole lucidità realizzativa.

Quello di domani, invece, si candida ad essere un saggio sulle potenzialità di due punte che hanno tutti i requisiti per poter imprimere i propri nomi nelle tavole di pietra di Inter e Milan: benché la prolificità e la media reti siano nettamente a vantaggio del polacco milanista, le statistiche non possono adombrare la brillantezza espressa da Martinez durante le uscire recenti, che hanno riscontrato un’invidiabile assimilazione delle specificità del Calcio italiano e sono state illuminate da lampi di classe cristallina del talentoso latinoamericano.

Infatti, l’opportunismo e la freddezza di Piatek, miscelate ad un’ottima tecnica, si bilanciano al granitico e spettacolare stile di Martinez, che appare già consapevole di come vadano dosati equilibrio e spregiudicatezza. La speranza, dunque, è che il prato di San Siro torni ad essere proscenio di fuoriclasse, più che sacro rettangolo profanato dalla impertinenza di taluni individualisti, ignari del senso della decenza e del ridicolo.

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