17 Settembre 2018

L’Intertinente – Limiti, insicurezze e VAR: quadro di un’Inter da rivedere, ma non da ridimensionare

Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri

Partiamo da un aspetto: è inammissibile – e poco onesto intellettualmente – imputare lo sciagurato avvio di stagione dell’Inter solo alle macroscopiche sbavature di alcuni direttori di gara. Oltre qualsiasi considerazione possa essere proposta, bisognerebbe preferire non appellarsi alla discutibilità delle grossolane conduzioni arbitrali che i nerazzurri hanno patito a partire dall’esordio contro il Sassuolo, e riconoscere che la brigata Spalletti avrebbe dovuto raccogliere molto di più a fronte di un calendario che ha offerto (ed offrirà) ostacoli non esageratemente proibitivi sino alla fine di ottobre, quando ad attendere gli uomini del tecnico toscano ci sarà il Milan di Gonzalo Higuain.

Benché l’Inter sia stata penalizzata da alcune decisioni che hanno poi compromesso i risultati conclusivi di date sfide – vedi trasferta a Reggio Emilia e sabato a San Siro con il Parma -, il potenziale tecnico interista dovrebbe aver raggiunto un livello di maturità tale per cui le circostanze più avverse dovrebbero tradursi in spinte propulsive per controbattere ai soprusi e per imporsi con tenacia e vigore. Apparentemente, però, quella che era stata designata come anti-Juventus da addetti ai lavori ed esperti, sta anche quest’anno cedendo al peso di aspirazioni troppo alte se poste a confronto con la fragilità costantemente mostrata, e che a tratti sembra oramai irreversibile.

Al netto di cali di tensione e di cronica incapacità di reazione, è altrettanto chiaro che l’ambiguità di applicazione delle nuove disposizioni in tema del cosiddetto sistema VAR, abbia contribuito a pregiudicare il cammino nerazzurro nelle prime quattro giornate di campionato: le sviste subite al Mapei Stadium e gli svarioni di sabato pomeriggio al Meazza sottolineano un problema strutturale non indifferente, e cioè che il regolamento non espliciti in maniera lineare e non interpretativa la modalità di utilizzo di un mezzo che, se ben impiegato, potrebbe fugare plurimi dubbi e risanare inopportuni fischiettii.

Quindi, ecco che uno strattonata non ravvisata nel cuore dell’area di rigore o un sospetto tocco di braccio nel medesimo perimetro non sanzionato, ridimensiona aspettative, morale, ed approccio psicologico di una squadra e della sua guida; proprio quest’ultima, tra l’altro, meriterebbe un’ulteriore menzione: malgrado il suo integralismo tattico e la poca attitudine a saper comprendere le dinamiche di gioco nell’arco dei 90’, la ragione di una impalpabilità così evidente non può essere ricondotta soltanto a Spalletti, che si ascrive al novero di quegli 11 allenatori succedutisi sulla panchina neroblu negli ultimi 8 anni, taluni dei quali forse non esattamente responsabili del declino qualitativo e mentale dell’Internazionale del Triplete.

Dunque, il fattore VAR ha inciso nella misura in cui le nuove direttive ne limitano la consultazione, e ha negato svariati provvedimenti che si sarebbero potuti trasformare in vantaggi competitivi per Nainggolan e compagnia, che comunque devono rispondere di inesistente tenuta. Che l’esordio in Champions League sia il volano giusto, Tottenham permettendo.

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