2 Ottobre 2017

EDITORIALE – Metamorfosi necessaria

Il consueto editoriale del lunedì sera, stavolta concentrato sulla svolta che l'Inter di Spalletti - molto soddisfacente ma ancora incompleta, specie guardando al lungo periodo - dovrà affrontare (se vuole crescere)

Diciannove (19) punti in sette (7) partite è molto più di quanto i tifosi nerazzurri e tanti addetti ai lavori si aspettassero alla vigilia del campionato, non si può negare. Un bottino estremamente incoraggiante, costruito con fatica, sacrificio, quel pizzico di fortuna che serve sempre – non neghiamolo: non è tutta fortuna ma un po’ ce n’è (ce n’è sempre, quando si fa bene). L’Inter ha azzannato la stagione nel modo migliore, andando dritto alla gola e senza mostrare alcun tipo di pietà, compiendo un lavoro da killer consumatissima e versando pochissime gocce di sangue. Una cosetta pulita, quasi indolore ma letale: sette giornate e zac!, i punti sono già quasi venti e i gol subiti – dettaglio forse ancor più interessante e rivelatore sulla natura della squadra – sono appena tre.

Dopo 630’ di stagione, con l’autunno che è già cominciato da un pezzo e la scritta “ottobre” che fa capolino dappertutto sui calendari virtuali dei nostri smartphone, l’Inter deve però concludere in fretta la sua fase larvale e avviarsi a diventare una pupa, cioè lo stadio intermedio tra quello infantile iniziale e quello finale, dove la squadra – nella nostra metafora entomologica – raggiunge finalmente la maturità completa e l’età adulta.

Il motivo è presto detto: Luciano Spalletti, protagonista fin qui di un lavoro impeccabile (specie dal punto di vista psicologico/carismatico), è lui per primo perfettamente consapevole del fatto che l’impianto di gioco espresso fin qui deve irrobustirsi moltissimo, se si vogliono raggiungere dei risultati ambiziosi – il podio, per dirne uno. Se vuole entrare nei primi tre a fine stagione, l’Inter deve imparare a giocare non solo e non tanto in maniera più fluida ed esteticamente appagante ma, proprio, con un’altra sicurezza nell’aderire allo spartito dell’allenatore. Ancora fin troppo spesso, i giocatori non paiono in pieno controllo dei meccanismi che Spalletti sta provando a inculcare e faticano immensamente a seguire per bene il piano gara con continuità. Lo stesso tecnico toscano ha spesso sottolineato questo processo on/off dei suoi giocatori: a momenti la squadra va, in altri sembra proprio spegnere la luce (anche se raramente è rimasta completamente al buio). C’è chi alterna una scelta giusta a una sbagliata, chi ne fa due corrette e una sballata, chi tre buone e una cattiva: con vari gradi di finitezza, ma ancora nessuno pare in completo possesso degli automatismi. Com’è anche comprensibile che sia, considerando che l’allenatore è arrivato a giugno e ha iniziato a lavorare col gruppo a luglio (tre mesi e spiccioli fa).

Nelle varie gare disputate fin qui, s’è notata un’impronta precisa che fino a un certo punto pareva progredire a ogni partita, poi ha iniziato ad alternare sviluppi e regressi di settimana in settimana quasi indipendentemente dall’avversario del momento. Spalletti ha saggiamente ricominciato dalle basi, re-inoculando nella sua versione della Beneamata un’attenzione alla fase difensiva e una coesione di reparto alla retroguardia che latitavano da una vita. Adesso, però, occorre lavorare molto più duramente sull’uscita di palla dalla propria trequarti, sul movimento senza palla dei tre dietro a Icardi e su Icardi stesso, per capire come sfruttarne al meglio ruolo e qualità.

Il motivo è banale: il valore del collettivo e dei principi di gioco diventa inestimabile e insostituibile quando, come nel caso del Biscione, non si hanno a disposizione chissà che campioni in grado di inventare la giocata risolutiva o, quanto meno, saltare l’uomo con frequenza e creare situazioni di vantaggio numerico nello spazio di pochi metri. Una giornata storta dei principali interpreti nerazzurri, a oggi, sarebbe un dramma clamoroso – vedasi la partita di Bologna come controprova – ma una compagine con le ambizioni dei nerazzurri non può prescindere dall’avere tutte le frecce possibili al suo arco. La compattezza del collettivo e un’identità tecnica definita ed efficace sono le più basilari; la prima c’è, sulla seconda bisogna fare passi avanti.

Anche perché, dopo la sosta, nel giro di nove giorni, ci saranno tre appuntamenti fondamentali contro Milan, Napoli e Sampdoria, tre sfide in cui sarà complicatissimo uscire col bottino pieno e semplicemente impossibile anche solo provarci senza qualche certezza in più a livello di interpretazione dei piani gara.

Se l’Inter vuole volare, in un domani anche relativamente prossimo, deve prima passare da una metamorfosi necessaria. Le premesse sono incoraggianti, ora bisogna procedere al prossimo passo per non rimanere, ancora una volta, confinati nel limbo dell’incompiutezza.