3 Dicembre 2012

EDITORIALE – Sneijder benvenuto nel mondo del lavoro!

Di Aldo Macchi

In queste ore sta tenendo banco il caso Sneijder, sabato Stramaccioni ne aveva parlato con toni distesi, definendo il giocatore recuperato e convocabile, salvo poi escluderlo dalla lista degli arruolati per la sfida contro il Palermo, per un intervento della società. Di rimando è stato fissato un incontro per stamane con l’agente del giocatore e la società per trovare un punto di incontro e chiarire una volta per tutte le posizioni delle parti. Molto si è detto, a volte stra detto, non sempre approfondito e a volte anche straparlato di questo fatto, che ora verrà messo sotto la lente di ingrandimento a 360 gradi così da offrire una, spero, chiara chiave di lettura di quello che è l’ennesimo esempio di un calcio schiavo dei capricci di gente che vive fuori dalla realtà del nostro mondo.

LA LEGGE DELLA CRISI – Noi ce ne siamo accorti fin troppo bene infatti di come il mondo di oggi sia immerso in un’importante crisi finanziaria che spinge tutti a fare dei sacrifici per arrivare a fine mese. Con questo non voglio assolutamente improntare questo mio editoriale su un filo malinconico e moralista da quattro soldi, bensì evidenziare la realtà dei fatti e la connessione di ogni elemento del discorso. La crisi riguarda sì il popolo squattrinato, ma non solo, perchè anche le aziende sono chiamate a rispondere a un notevole calo della liquidità. Se infatti cala la domanda, anche l’offerta dovrà adattarsi per limitare il più possibile le perdite. Questo influisce sui guadagni e quindi anche sulla quantità di capitale investibile in progetti esterni all’occupazione primaria. Chi è poi inserito in ambienti mediatici come il calcio è chiamato a una coerenza maggiore perchè è difficile da spiegare una spesa milionaria per un calciatore a un tifoso che è stato appena messo in cassa integrazione dalla stessa società che ne ha finanziato l’acquisto. Oltre a questo le aziende sono chiamate ad ogni tipo di taglio, dal personale alla qualità del prodotto. Si rivalutano molti aspetti, si mettono in discussione contratti “intoccabili”, si cerca insomma di far quadrare i conti.

LA LEGGE DEL CALCIO – Il calcio sta provando a fare la stessa cosa, il Fair Play Finanziario ne è un esempio lampante, ma è stato immesso in un mondo fatto di lustrini, di soldi che sembrano virtuali, di miliardi che passano da una cassa all’altra come se fossero caramelle. Si firmano contratti che sembrano avere la stessa validità di una laurea comprata su Internet, pronti ad essere stracciati davanti a un offerta importante. Ma esistono poi dei casi dove di colpo il contratto diventa santo e intoccabile e questo è il caso di Sneijder. Per ben capire l’assurdità delle accuse rivolte all’Inter, o meglio del sistema del calcio moderno, è bene presentare e ricordare come si evolvono solitamente le cose. Non ho mai sentito nessuno appellarsi al sindacato denunciando una situazione di Mobbing invertita, malgrado sia all’ordine del giorno il fatto che i giocatori e i loro procuratori bussino alla porta del proprio presidente per avere un ritocchino all’ingaggio. In quel caso si tratta allo stesso modo di un adeguamento, ma di un aumento e quindi cambiare il contratto non sembra più così sbagliato e immorale. Guai però se il tragitto è percorso al contrario, con il presidente che va alla porta del procuratore a chiedere una modifica al contratto: si parla subito di mobbing, si rivendica la firma in accordo di entrambe le parti di un contratto che va rispettato. Eccola la parola magica che in questo mondo di lustrini risuona in modo ancor più stonato di una chitarra con corde di spago nell’orchestra della scala: il rispetto del contratto.

ANCHE I CALCIATORI SONO DIPENDENTI – Va forse ricordato, ai calciatori, così come ai procuratori e a una miriade di tifosi che sembrano essere sordi e accecati dal bagliore dei ricordi, che anche i calciatori sono dipendenti di azienda. Sono chiamati a un rispetto di regole etiche e lavorative che hanno sottoscritto con la firma del contratto che li lega a quella società. L’ingaggio è stipulato in base al valore del giocatore, ai premi fissati agli obiettivi che può raggiungere negli anni che si decide di passare insieme. Nel momento in cui cambiano i presupposti dell’accordo allora le parti si incontreranno di nuovo per ridiscuterne i contenuti. Prima di presentare quanto realmente accaduto con Sneijder, vorrei ricordare quanto accade nella nostra realtà. Se un datore di lavoro non ha più la liquidità per pagare tutti i suoi dipendenti con gli stipendi pattuiti, li modifica, appellandosi a quello che è il rispetto del minimo sindacale, e del lavoro offerto dal dipendente all’interno dell’azienda, quando non si parla di licenziamento o cassa integrazione. Se il proprio dipendente rifiuta la proposta del datore di lavoro, è libero di licenziarsi, andando così a lavorare dove gli può essere riconosciuta la stessa cifra. Si sta ora discutendo sulla possibilità di poter far fare carriera a un proprio dipendente in entrambi i sensi: sia incrementando i guadagni e gli stipendi, ma anche al contrario con una retrocessione in caso di mancata continuità dei risultati raggiunti. Se poi il lavoratore si assenta ripetutamente dal lavoro per i motivi più svariati, non solo una modifica dello stipendio può essere doverosa, ma il lavoratore potrebbe anche risultare licenziabile a vantaggio dell’assunzione di un altro lavoratore che possa assicurare ciò per cui questo viene pagato. Nel mondo del lavoro si potrebbe chiamare “licenziamento per giusta causa”. Ed ecco ora arrivato il momento di trasportare questo discorso su Sneijder. Il datore di lavoro, Moratti, è andato da Sneijder, proponendogli non una riduzione dell’ingaggio, e questo è fondamentale da capire, bensì una distribuzione di quanto pattuito in più tempo. Tradotto: se ti devo dare 12 in 2 anni, ti darò sempre 12 ma in 3. Il dipendente Sneijder, indignato, ha rispedito al mittente questa offerta, che a ben vedere, non è altro che una sorta di risarcimento da parte di Moratti, perchè se solo con un po’ di pazienza, si andassero a contare tutti i mesi di assenza per infortunio o permessi dell’olandese, credo che ci si avvicinerebbe all’anno solare senza problemi, periodo cioè dove il numero 10 nerazzurro ha ricevuto 6 milioni di euro netti, per non fare ciò per cui gli sono stati dati: giocare a calcio. Evitiamo ora di conteggiare anche i mesi in cui ha giocato senza dimostrare di valere quei 6 milioni di euro, riprendendo però l’esempio dell’impiegato del mese. Solo perchè nell’anno del triplete è stato uno dei trascinatori, molti tifosi invocano Sneijder, inveendo contro società e presidenza, colpevoli di incompetenza, ma cosa ha fatto Sneijder dopo il 2010 per meritare tanto?

APRIRE GLI OCCHI  – Voglio quindi chiudere questo editoriale con tre provocazioni: la prima riguarda tutti voi, qualsiasi cosa facciate, immergetevi nella vostra quotidianità e ditemi in tutta sincerità cosa pensate di quello che si prende i meriti per ciò che non ha fatto, solo perchè una volta è risultato il migliore, mentre voi faticate tutto il giorno per cercare di recuperare da errori commessi. Dopo aver fatto questo ditemi se ancora vi sentite di insultare la dirigenza e di difendere gente come l’olandese, che si sente professionista solo quando è toccato sull’ingaggio. Per quanto non se ne senta mai parlare, esiste un minimo sindacale anche nel calcio, pari a 15000 ? all’anno. Per Sneijder si parla di 4,5 milioni, sarebbe questo motivo di denuncia? Infine un’altra provocazione, dettata dai fatti: Sneijder è fermo dal 26 settembre per uno stiramento. Coutinho si è rotto, e ripeto rotto, la tibia il 25 di ottobre ed è già ritornato in campo. Siamo così sicuri che sia Sneijder il martire?