17 Novembre 2012

FOCUS – Di soldi e di capri espiatori

C’è da scommettere sul fatto che non appena la notizia troverà riscontro e diffusione, pioveranno addosso alla società Inter (con predilezione per Marco Branca e Massimo Moratti) un mare di critiche più o meno ripetibili da parte dei tifosi o presunti tali che soffrono di una sorta di mania ossessiva compulsiva per lo shopping calcistico, fatto ovviamente coi soldi d?altri: la notizia di cui si parla è quella relativa all’ormai imminente accordo che si starebbe definendo tra Paulinho e il Paris Saint Germain.

Il primo figurava ormai da tempo nella lista degli obiettivi primari di mercato della società nerazzurra, la seconda è invece una nobile del calcio francese decaduta e poi risorta nelle vesti di una sorta di parvenu che vuol recuperare il tempo perso spendendo e acquistando praticamente tutto ciò che assomigli ad un buon giocatore, possibilmente dal costo del cartellino decisamente elevato (se non sproporzionato) e che magari rientri tra gli obiettivi di mercato di altri club.

Il fenomeno di società calcistiche più o meno note che da un giorno all’altro vengono acquistate da ricconi pronti a sborsare cascate di denaro pare essere diventato una costante nel mondo del pallone contemporaneo, e rappresenta in scala ridotta ciò che avviene a livello globale, dove emergono ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri e soggetti facenti parte di un limbo di indebitati che vivono ancora al di sopra delle proprie possibilità e che ben presto andranno a fare compagnia a chi si trova nella vastissima base della piramide economica (nel calcio leggasi alla voce Liga Spagnola).

Il fatto è che mentre scivolare negli abissi dell’indebitamento e della ?povertà? è un processo relativamente semplice e per certi aspetti inevitabile in questo momento storico, percorrere la strada al contrario è operazione a dir poco impossibile, per cui chi si è impoverito, a meno che non si creda nei miracoli, difficilmente tornerà (almeno in breve tempo) ad esser ricco o anche solo benestante.

Ed è qui che rientra in gioco l’Inter (così come quasi tutti i top club italiani): dopo anni di spese più o meno folli è arrivato il tempo di un temuto ridimensionamento, foriero quest?ultimo innanzitutto di una scarsa competitività sul mercato. Hai voglia a prendersela con Branca e i suoi colleghi se Tizio non arriva e Caio resta dov?è: il punto è che nei periodi di austerity chi possiede un qualche tipo di risorsa tende a tenersela stretta e certamente a non svenderla al primo offerente. Il livellamento economico verso il basso tra i club italiani ed europei porta dunque ad un maggiore immobilismo per quanto riguarda gli scambi, facendo risaltare in questo modo ancora di più chi invece si trova su un livello superiore di ricchezza.

Tornando alle questioni pratiche e al ?caso Paulinho?, si capisce bene perché il Corinthians ha da un giorno all’altro trovato un accordo col PSG, mentre ha chiuso la porta più volte in faccia all’Inter: il Brasile e di conseguenza le sue società calcistiche stanno vivendo una fase di arricchimento che le porta ormai su livelli di potere economico simili a quello di buona parte dei grandi club europei. Il Sud America e il Brasile in particolare non sono più quindi un discount di talenti, ma stanno assumendo le vesti di boutique, in cui solo gli straricchi della situazione possono entrare e spendere e spandere senza badare troppo all’estratto conto.

Tutti gli altri devono invece accontentarsi delle briciole, dei ?prodotti? in saldo, delle occasioni da prendere al volo, oppure possono cercare di produrre ?in proprio? ciò che non riescono e pagare con moneta sonante. E tutto questo non è colpa di Branca o di Moratti, tutto questo lo si vive in piccolo quotidianamente sulle proprie spalle. E per capire perché la propria squadra del cuore si è fatta fregare da sotto al naso quel gran bel giocatore occorrerebbe probabilmente al tifoso medio applicare soltanto una sorta di proprietà traslativa tra la vita di noi comuni mortali e la dinamiche dello sfavillante (?) mondo del pallone, abbandonando a quel punto e con non poco malincuore la ?politica intellettuale? facile facile del capro espiatorio sempre e comunque.