16 Dicembre 2011

FOCUS- E se domani…

In nome del fair play finanziario: come fosse un comandamento, il primo e l’unico al quale essere devoti. Beh, verrebbe da dire, tutti d’accordo, ogni presidente o proprietario di club europeo costretto a controllare l’estratto conto senza sgarrare di una virgola, un freno alle uscite in tempi di crisi. Sacrosanto, il pallone rischierebbe l’implosione di questo passo. Il nuovo dogma di Platini, vero e proprio moralizzatore dell’Europa calcistica, sarebbe dunque molto serio pena l’esclusione dalle c0mpetizioni europee, sempre più appetibili e mediatiche. Tutto ok se non fosse  per una sensazione piuttosto strana: il comandamento non sembra trovarsi in nessun vangelo se non in quello di un presidente: Massimo Moratti.

FUORI DAI GIOCHI?- Se l’oculatezza dimostrata negli ultimi anni dall’Inter, in particolare da quella post-Triplete, in nome del fantomatico fair-play finanziario, ha dimostrato la difficoltà di competere sul mercato europeo e anche su quello sudamericano, lo stesso discorso non può valere per le società rilevate da sceicchi o magnati che hanno sbaragliato senza fatica la concorrenza. Paris Saint Germain e Manchester City ancora prima non hanno limiti di spesa, buon per loro, ma sarebbe un rompicapo di difficile risoluzione comprendere come queste società possano in tempi brevi “pareggiare” il bilancio delle loro giostre senza fondo.

CONCORRENZA SLEALE?- Non ci vuole un economista per capire che di fronte alle cifre da capogiro ben disegnate sugli assegni dei nuovi “padroni” del calcio europeo e ultimamente anche statunitense e orientale (Cina in particolare), l’appeal della Beneamata risulterebbe argomento secondario. Adesso che il mercato è alle porte i tifosi nerazzurri iniziano a fissare il loro ipotetico albero di Natale nutrendo più di una speranza di potersi ritrovare  ad ammirare almeno un nuovo gioiello a gennaio, come accaduto fino a pochi anni fa. Si ha invece la netta sensazione che le sorprese in casa Inter siano sempre meno eclatanti e che il clima di precarietà nel quale ci troviamo a vivere abbia fortemente contagiato la dirigenza di Corso Vittorio Emanuele.

SCENARI INQUIETANTI-Se davvero il Fpf mette in soggezione il presidente nerazzurro e invece fa il solletico a chi magari nel calcio ci sta da poco viene da chiedersi: cosa succederà in Europa? Davvero il rispetto dei paramenti imposti dalla Uefa, potrebbe estromettere club di fama mondiale dalla vetrina più ricca ed esclusiva? Siamo sinceri, squadre come Barcellona, Chelsea o Real che non figurano nella massima competizione continentale, oltre ad essere un’apocalisse mediatica, costituirebbe un vero e proprio collasso, un crollo d’interesse nei confronti del pallone stellato della Champions. D’altronde se il mancato rispetto delle indicazioni di Platini non dovesse portare come logica conseguenza la pena promessa, ci sarebbe un crollo di credibilità delle massime istituzioni calcistiche. Soldi o credibilità? La risposta appare ovvia…

NIENTE PAURA– Massimo Moratti ha dato all’Inter tutto sè stesso, senza risparmiarsi (in ogni senso) per amore di quella squadra che ha visto dapprima con gli occhi sognanti in braccio al padre Angelo e successivamente, dal ’95 ad oggi, direttamente al timone della società nerazzurra. Si sprecano le ricapitalizzazioni effettuate dal presidente in questi anni, rincorrendo successi ben prima che arrivassero. Da oggi inizia una nuova epoca: di certo il Fpf ha un peso nelle scelte morigerate dell’Inter, ma forse la vera motivazione sta nella voglia di ragionare secondo una filosofia più votata alla valorizzazione del vivaio, alla maggiore presenza sui mercati meno battuti e  a scovare futuri campioni da inserire in prima squadra.

LA CANTERA PER RINASCERE– Se per identificare il settore giovanile di ogni società si utilizza il sinonimo  “Cantera”, il motivo si chiama Barcellona. La squadra blaugrana è maestra nell’individuare ormai da parecchi anni, calciatori in erba valorizzati e inseriti presto in prima squadra. Messi, Xavi, Iniesta, Puyol, Thiago Alcantara per ultimo non sono altro che i frutti dell’acume e della lungimiranza della società spagnola. Ebbene iniziare a pensare al calcio e a quello di casa nostra in primis, secondo questa logica, non è più utopia, in un certo senso sarebbe come fare un balzo indietro di vent’anni, ad un calcio casereccio ma di sicuro affidamento. Vuoi vedere che si riscopre anche l’amore per la maglia?