22 Dicembre 2015

FOCUS – Melanconia

I postumi di una sconfitta in campionato possono essere attutiti solo da una vittoria nella settimana seguente, ma in questo caso la settimana seguente è costellata di segni rossi sul calendario, di cui nessuno di essi è il promemoria di una partita imminente. Pausa natalizia, un sacco pieno di preoccupazioni sotto l’albero, nonostante l‘Inter possa ancora […]
melo galatasaray

I postumi di una sconfitta in campionato possono essere attutiti solo da una vittoria nella settimana seguente, ma in questo caso la settimana seguente è costellata di segni rossi sul calendario, di cui nessuno di essi è il promemoria di una partita imminente. Pausa natalizia, un sacco pieno di preoccupazioni sotto l’albero, nonostante l‘Inter possa ancora guardare tutti dall’alto verso il basso. Ma i tifosi e l’ambiente devono far fronte al clima malinconico della sconfitta fino alla fine della sosta.

La sconfitta contro una disperata Lazio ci ha lasciato, oltre che l’amaro in bocca, anche un capro espiatorio: Felipe Melo. Domenica sera il brasiliano si è reso protagonista di molti errori, primo su tutti l’intervento goffo con il quale ha concesso il calcio di rigore ai biancocelesti. Proviamo ad analizzare la situazione del centrocampista e di mettere sui vari piatti della bilancia gli aspetti che costituiscono il suo tipo di calciatore.

L’elemento che risalta nel DNA di Felipe Melo è senza dubbio l’aggressività, l’aspetto su cui basa la maggior parte della propria essenza di giocatore: la scarsità di frecce presenti nella sua faretra tecnica lo obbliga a sopperire con l’agonismo, il che è un’arma a doppio taglio. Quando la serata è di quelle giuste si ha l’impressione che nessuno possa andargli via in contrasto, che la sua forza sia incontenibile e le sue risolutezze necessarie, ma quando invece gira male i limiti tecnici vengono a galla maggiormente  e rimane il ritratto spoglio della sua irruenza, talvolta anche fastidiosa (vedi fallo su Biglia). Se la partita si incanala verso la giusta direzione e la necessità di creare gioco in modo pulito e ragionato non è impellente, il fatto che sia un centrocampista impreciso non risalta all’occhio eccessivamente, ma quando si ha a che fare con squadre veementi nel pressing o chiuse, nel bel mezzo di gare equilibrate, si palesa la nullità della propria vena costruttiva. Melo è un giocatore monolitico, in grado di interpretare il ruolo solo con aggressività: non ha i mezzi per essere duttile e utile in ogni occasione (vedi Brozovic), per questo non è un giocatore che si addice ad ogni tipo di partita. Melo ha bisogno di essere dosato, centellinato e schierato solo quando può essere veramente utile: in un centrocampo a due con Medel può essere solo deleterio, vista la poca tecnica di base, insufficiente a far partire l’azione in mediana. Sebbene il ruolo di regista non sia previsto nella squadra di Mancini, un tocco di fantasia in più in mezzo per poter dare il via alla fase offensiva, che peraltro abbonda di qualità, sarebbe necessario, e Melo non si sposa con questo bisogno.

Mancini potrebbe ritornare al 4-3-3 e inserire elementi di maggiore qualità come Brozovic e Kondogbia, presenze in grado di dare il giusto peso a Melo, che potrebbe svolgere le proprie mansioni, indipendentemente dai propri limiti, con una maggiore sicurezza. Il giudizio che possiamo spremere da questa piccola analisi è, come sempre, non assoluto: Felipe Melo è un giocatore con molti limiti, che però può essere utile in determinate situazioni, come già ha dimostrato di poter essere in questa stagione. Per ora passiamo sopra a questo momento di melanconia e aspettiamo che l’Inter si avvicini sempre di più allo schieramento base auspicato da Mancini.