3 Ottobre 2015

FOCUS – Samir Handanovic, in volo sul banco degli imputati

“Se non sei tormentato dopo aver fatto un errore, non sei un grande portiere. In quel momento, non importa quello che hai fatto in passato, perché sembra non avere futuro“. (Lev Jašin) Mi sono sempre chiesto cosa possa passare per la mente di un estremo difensore subito dopo due errori colossali nel match più importante […]
intervista pastorello

Se non sei tormentato dopo aver fatto un errore, non sei un grande portiere. In quel momento, non importa quello che hai fatto in passato, perché sembra non avere futuro“.
(Lev Jašin)

Mi sono sempre chiesto cosa possa passare per la mente di un estremo difensore subito dopo due errori colossali nel match più importante d’inizio stagione: paura, delusione, senso di colpa o cos’altro? Vero, stiamo parlando di professionisti, abituati a gestire pressioni ed emozioni sportive totalmente sconosciute a noi comuni mortali, ma Jašin  stesso, nella frase d’apertura di questa nostra lunga e speriamo costruttiva riflessione, parla del tormento post-errore come di qualcosa di innato all’interno del ruolo, in grado di accompagnare il numero 1 anche oltre il terreno di gioco e che tornerà a bussare nelle insonni notti successive. Samir Handanovic ha le spalle larghe e lo si evince dal suo sguardo glaciale, talmente gelido da sembrare a volte rassicurante ed a volte quasi spocchioso. Non ha mai negato le proprie responsabilità, anche nel post-Fiorentina, dove rifugiarsi sotto le coperte dello spogliatoio o delle uscite secondarie a mó di bambino tormentato dal buio e dai suoi mille rumori sarebbe stato molto più facile. “Io mi assumo la responsabilità, ho sbagliato l’intervento. Però quel rigore si poteva dare come no” (QUI l’intervista completa), parole di chi ha voglia di metterci la faccia senza mezzi termini anche a costo di peggiorare la propria posizione. I due errori di domenica, nonostante la totale diversità reciproca, sembrano connessi da un tratto di surrealismo talmente forte da non poter istintivamente far rientrare i 90 minuti dello sloveno in qualcosa di estremamente casuale ed episodico. Proviamo a chiarire: un portiere insicuro o tecnicamente incapace incappa in errori di tutt’altro genere: difficilmente difetta in un controllo su un retropassaggio ravvicinato o su una deviazione con la mano di richiamo che finisce praticamente da sola in porta dopo un tiro potente e nemmeno troppo angolato. Pochi alibi e poche scuse: il ruolo de portiere non lascia spazio a pietosismi tecnici ai più nemmeno conosciuti, ma ti lancia di diritto sul banco degli imputati, in volo, dopo ben quattro gare da clean-sheet ed interventi di tutto rispetto. Già, in volo, proprio come Samir era arrivato. Sono giá passati troppi anni per ricordare le prime sue mostruose stagioni dello sloveno in nerazzurro? Niente da fare: i ricordi (nemmeno troppo lontani), proprio come gli alibi, lasciano spazio al misfatto del momento, tornando in una buia cantina impolverata. Obiezione vostro onore: pàssino i ricordi delle prime due stagioni, ma il derby d’inizio stagione? Non esiste modo di mettere gli errori della sesta giornata sul piatto opposto a quello dei pezzi di bravura della stracittadina di quindici giorni prima? Obiezione non accolta: la crudeltà del ruolo rotola inesorabile sia nel breve che nel lungo periodo. Quel controllo difettato ha gettato nell’oblio il buon inizio di stagione, quasi fossimo dinanzi ad un videogame a gettoni senza le moderne modalità di autosalvataggio. Samir deve ripartire da capo, convincendo gli scettici del proprio valore, clamorosamente tornato in discussione dopo la già altalenante passata stagione. I più scettici addirittura, auspicano l’esilio considerando l’estremo difensore ex Udinese uno dei punti deboli della squadra, come se trovare un portiere d’alto livello a stagione fosse la cosa più semplice di questo mondo. Considerare Handanovic (anche al netto degli errori degli ultimi tempi) un male da estirpare in fretta, pare un enorme peccato di superbia anche guardando alle difficoltà delle dirette concorrenti nel trovare un numero d’alto livello al quale affidare le redini della difesa: Il Napoli di Benitez non ebbe di fatto un portiere titolare per un’intera stagione (alternando Rafael ed Andujar, protagonisti di una gara nella gara a chi fosse in grado di far peggio) e la Roma stessa, al terzo portiere titolare diverso in quattro stagioni, non pare star meglio. Situazioni diverse in casa Milan e Juve, affidate a mani sicure ma stagionate, destinate a riaprire le porte ad una riprogrammazione non troppo lontana con tutti i punti interrogativi che il caso impone. Altro dato allarmante nella forsennata critica gratuita al numero uno riguarda la facilità con cui si tende a crocifiggere il malcapitato senza lo stesso tipo di analisi fatta per gli altri 10 colleghi: difficilmente ci si sofferma a dovere sulle reali responsabilità del portiere, dando per scontati una serie di preconcetti del tipo “gol sul primo palo è sempre errore” o “la respinta centrale scagiona i difensori”,divenuti dogmi sui quali fondare i giudizi più disparati. Non può e non deve essere cosi e non è un problema legato al giudizio di Handanovic o di chi per lui.
Samir merita rispetto ed una seconda chance, magari già dalla gara di domani in uno stadio nel quale si rese protagonista di una delle migliori prestazioni in nerazzurro. L’emotività del portiere, la sua solitudine è l’immenso senso di responsabilità vanno supportate e sopportate. Ci saranno altri passaggi a vuoto, ma con la giusta qualità ed il duro lavoro si tornerà in alto. Sostituiamo il lancio sul banco degli imputati con una pacca di conforto ed una critica costruttiva: si cresce e si matura insieme. D’altronde, è il caso di abbandonare chi già di suo passa forzatamente novanta minuti a settimana nella più totale solitudine?