5 Febbraio 2012

L’importanza di avere un progetto…e tanta pazienza!

Prendendo spunto dalle parole a dire il vero poco felici del nostro Presidente del Consiglio Mario Monti che in settimana aveva definito come ?monotono? il posto di lavoro fisso, viene voglia di applicare il concetto al mondo del calcio, mondo in cui la precarietà in un certo senso è di casa, con giocatori e allenatori che cambiano di continuo casacche e datori di lavoro.

Chiaramente nel circo dorato del mondo del pallone la mancanza di un posto di lavoro realmente stabile ha conseguenze infinitamente meno nefaste che nella vita di noi poveri mortali e rappresenta anzi parte integrante e caratteristica del sistema-calcio. Ciò nonostante però la precarietà i suoi effetti negativi li mostra anche in questo sport.

Facendo un esempio non proprio casuale e prendendo in esame la controversa figura dell’allenatore ci si rende conto di quanto sia importante avere anche in un gioco quale è il calcio una certa continuità e progettualità volte ad evitare continui stravolgimenti che solo raramente portano a qualcosa di buono.

L’Inter degli ultimi anni da questo punto di vista è stato un caso emblematico: infatti nella gestione Moratti, dopo anni e anni di innumerevoli sofferenze e sconfitte accompagnate da altrettanti volti di allenatori passati per la Pinetina, si decise nel 2004 di mettere la parola fine al via vai di tecnici e puntare tutto su Roberto Mancini, dandogli piena fiducia. Così l’attuale tecnico del Manchester City (forte anche dei risultati di anno in anno ottenuti) riuscì in quattro stagioni a creare una squadra solida e con la mentalità vincente che il suo successore Josè Mourinho (anche lui sicuro della fiducia pressoché incondizionata dei piani alti nerazzurri) riuscì a portare fin sul tetto d?Europa. Due allenatori e dodici titoli conseguiti in sei anni. Al di là dei meriti e delle doti individuali dei due eccellenti condottieri sopra citati non si può non prendere in considerazione il fatto che l’Inter dal 2004 al 2010 sia riuscita a vincere tutto quello che negli anni precedenti aveva solo sognato o sfiorato anche grazie al fatto che Moratti finalmente aveva deciso di non cambiare allenatore dopo due sconfitte di fila, ponendo così le basi per la creazione di quei cosiddetti cicli vincenti che solo lontani dalle continue ?rivoluzioni? prendono forma.

A riprova di quanto si sta sostenendo sono arrivate puntuali le ultime due stagioni: quattro allenatori cambiati in un anno e mezzo circa e per ora solo pochissima roba in termini di risultati.

In pratica dopo Mourinho è arrivato il caos, con la società Inter impegnata ad ingaggiare allenatori solo perché senza proprio non si può stare, ma con la nostalgia dell’uomo di Setubal sempre nell’animo e conseguente pochissima fiducia ed entusiasmo dispensati ai volti nuovi succedutisi in panchina. Ancora ci si chiede perché Moratti abbia deciso di far arrivare a Milano gente come Benitez e Gasperini senza avere la minima intenzione di accontentare soprattutto in chiave mercato i loro desideri e dare così forma a un nuovo progetto degno di questo nome. L’unico allenatore poi ad essere entrato nelle grazie di Moratti è scappato a Parigi dopo sei mesi e una Coppa Italia in più in bacheca, lasciando società e tifosi in stato ancora più confusionale di prima.

La speranza ora è che la musica cambi, o meglio torni ad essere quella di un paio di anni fa. Ranieri sta dimostrando qualche limite nella gestione mentale e probabilmente anche tattica della squadra e iniziano a vacillare le sicurezze di chi vedeva nel Tinkerman qualcosa in più di un semplice traghettatore. Ma come al solito far ricadere tutte le responsabilità di risultati poco entusiasmanti sull’allenatore pare limitativo, e in particolare sarebbe necessario che alle spalle di quest?ultimo ci fosse innanzitutto una società capace di infondere fiducia e sicurezza e che quando si tratta di fare mercato vada realmente incontro alle esigenze del proprio tecnico. Occorrerebbe per l’appunto quella stabilità, quella capacità di disegnare un progetto a lungo termine che non preveda ribaltamenti a ogni piccolo sussulto. Occorrerebbe scegliere con cura e attenzione chi deve dirigere l’orchestra e chi è chiamato a suonare la sinfonia, guardando oltre l’orizzonte di una sola stagione e creando invece un po’ alla volta una costruzione in grado di resistere a lungo e avere una propria identità.

Con Ranieri tutto questo appare possibile ma serve pazienza e capacità di sopportare anche momenti difficili come quello attuale.  Col normalizzatore del Testaccio e la società nerazzurra dalla sua parte si potrebbe tornare a parlare di ciclo, chissà, forse anche vincente in un futuro non troppo lontano. Il condizionale è però d?obbligo e le mille variabili che esistono nel calcio non lasciano spazio a previsioni certe. Ma è altrettanto vero che in questo momento altre rivoluzioni tecniche sarebbero impensabili e certamente infruttuose (e poi chi potrebbe essere un?alternativa di valore a Ranieri in questo momento?). Dunque non ci resta per ora che confidare in questi uomini e nella loro voglia di riscatto, consapevoli che se prese nel modo giusto anche le cadute più rovinose possono insegnare qualcosa.