28 Febbraio 2017

Toldo: “Il ritiro è stata una liberazione”

Francesco Toldo parla della scelta di ritirarsi dopo la finale di Champions League del 2010

Francesco Toldo, dopo aver difeso per diversi anni la porta nerazzurra, si occupa ora del progetto Inter Forever. Ospite dell’Oratorio della Rondinella a Sesto San Giovanni Toldo ha parlato della sua scelta di ritirarsi dopo la finale di Champions League di Madrid. Queste le sue parole: “Fu una decisione presa la sera stessa. Personalmente ho visto il ritiro come una liberazione, ma ci sono altri giocatori che quando si spengono le luci della notorietà non sanno più cosa fare. Per alcuni il ritiro è difficile, per me è stato piacevole: sono tornato ad essere una persona normale”.

Toldo parla poi dei settori giovanili italiani e del passaggio da un oratorio ad un club: “Adesso, con l’ondata straniera di calciatori che arrivano in Italia, è più difficile per un ragazzo emergere, ma non è impossibile. Prima era decisamente più facile passare da un oratorio al settore giovanile di una squadra che gioca in un campionato regionale o più alto. Per quanto mi riguarda non ho mai impostato la mia carriera sul guadagno: mi piaceva solamente giocare a calcio e ho scalato tutte le tappe dalla Serie C fino alla Nazionale”.

L’ex numero portiere nerazzurro conosce bene l’ambiente degli oratori, dove è cresciuto calcisticamente: “Sono cresciuto in un piccolo paesino vicino a Padova. Arrivo anche io da questa realtà: noi lo chiamavamo Patronato e non oratorio, ma la sostanza non cambia”.

Toldo conclude poi con un appello a tutti coloro che allenano e supportano i ragazzi in oratorio, per una maggiore lealtà e un rispetto verso tutti, anche verso gli arbitri: “I mister devono saper educare i ragazzi alla tensione che mette la gara. Solo nel calcio io vedo proteste contro l’arbitro. Certo, in passato ho sbagliato anche io, ma oggi quando guardo quegli episodi mi ripeto di aver sbagliato, perché la gente poi ti ricorda per la grande parata o per l’errore che hai fatto. Ma la prima educazione arriva dalla famiglia: mio figlio più piccolo simula perché lo vede fare ai calciatori in tv. È tutto sbagliato. I campioni sono tali perché basano la loro carriera oltre che sul talento anche sulla lealtà”.

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