5 Gennaio 2018

Tutte le PAGELLE del girone d’andata: dalla fortuna di Spalletti a João Mário

Il pagellone emotivo, ragionato e analitico del girone d'andata nerazzurro: voti per tutti i gusti (e anche di più)

Nei giorni scorsi non solo si è chiuso il 2017 inteso come anno solare ma anche il girone d’andata di Serie A, conclusosi prima del cambio di calendario per la prima volta da tempo immemore. Siccome in questi primissimi giorni di gennaio ogni scusa è buona tanto per fare buoni propositi relativamente a questo 2018 appena iniziato, quanto ripercorrere i dodici mesi appena conclusi, chi siamo noi, nel giorno in cui ricomincia il campionato con la prima giornata del girone di ritorno, per esimerci dal dare i voti alle note migliori (ma anche peggiori) di quello d’andata?

La fortuna di Spalletti: 8,5

Il vero tormentone delle prime diciannove giornate. Specie a inizio stagione. Fortuna di qua, buona sorte di là, c**o un po’ dappertutto secondo un’ampia porzione dei media e dei tifosi avversari. Spalletti, attentissimo a ciò che dicono sulle sue squadre giornalisti e appassionati, non ha perso l’occasione per entrare a gamba tesa sull’argomento e ha sempre proposto una contro-narrazione in cui s’è mostrato parossisticamente lusingato d’essere benedetto da questa sorta di versione calcistica della fortuna Caesaris di debellogalliciana memoria, in una versione estremamente raffinata del concetto da citazione tamarra di Facebook che è: “la vostra invidia è la mia forza”. Anzi, a volte ha addirittura enfatizzato il concetto attribuendo unicamente a sé la “capacità” di essere baciato dalla buona sorte, rialzando spesso anche la posta provocando i giornalisti (“Ma guardate che io sono anche più fortunato di così!”). Ultimamente, coi risultati in flessione, l’uomo di Certaldo non ha perso occasione di sottolineare che, purtroppo, la fortuna pare averlo abbandonato… Onestamente, per adesso Big Luciano ha mostrato una sensibilità comunicativa superiore ed estremamente efficace.

Spalletti

Le paturnie ambientali: 4

Lo ha detto anche il buon Spalletti, chiaro e tondo, nella conferenza stampa post partita del derby di Coppa Italia: “Si ha la sensazione che si respiri un’aria che sembra voglia dirci ‘qui funziona così’. Se non ci metto mano le cose vanno così. Ma serve una presa di coscienza e di comportamento perché poi le cose bisogna risolversele”. L’ambiente nerazzurro è abituato – molto tristemente – a lasciarsi andare, mollare il colpo, rinunciare. Negli ultimi anni, stagione più, stagione meno, è sempre andata così e invertire la tendenza è dura. Sempre di più, man mano che passa il tempo. Eppure bisogna invertire la marea, cambiare le menti dei giocatori e trasformare i passi falsi in stimoli per migliorare e superarsi, non nella scusa per fermarsi. La vera differenza tra chi ha successo e chi fallisce, prima ancora che nei risultati, è qui (è banale ma vale sempre la pena di ricordarlo). Dunque quest’anno si spera che non ci sia un D’Ambrosio a caso – o chi per lui – che a marzo se ne esca fresco e bello ammettendo che il gruppo ha mollato: sarebbe già un primo passo. Piccolo ma significativo, considerando da dove si arriva.

Icardi

La tenuta difensiva: 8

L’Inter veniva da una stagione decisamente complessa a livello di gol presi: 49 in 38 partite, 22 in più della Juventus campione d’Italia e 11 in più rispetto alla Roma seconda sia in classifica, sia come prestazione difensiva di squadra. L’anno prima, con praticamente gli stessi uomini a disposizione, la Beneamata aveva incassato undici gol in meno, segno della palese involuzione collettiva sotto questo aspetto. Il dato parziale di quest’anno parla di 14 reti subite in un intero girone e di terza miglior retroguardia del campionato: certamente l’introduzione di Škriniar al posto di Murillo ha nettamente migliorato il reparto (così come i recuperi alla forma migliore di Santon e Nagatomo, per non parlare della consacrazione di D’Ambrosio. Ma ci sarà tempo e spazio per parlare anche di questo), tuttavia non può essere in alcun modo sottovalutato il lavoro compiuto da Martusciello in sede di allenamento della fase difensiva e la coordinazione della retroguardia. Spalletti l’ha detto e ridetto più volte: la base di tutto il suo lavoro è stato ridare solidità a una squadra che non ne aveva più e, da questo punto di vista, fino a ora il lavoro del mister toscano e dei suoi assistenti è stato sostanzialmente impeccabile.

Skriniar Ranocchia

João Mário: 4,5

È stato l’investimento principe della stagione 2016/2017 nonché il secondo giocatore più pagato dell’intera storia nerazzurra. Dopo una stagione e mezza a Milano, si può tranquillamente dire che – a oggi – il suo bilancio è scandalosamente negativo sotto ogni aspetto: aspettativa, prezzo del cartellino, obiettivi raggiunti (?), imprescindibilità all’interno della squadra e così via. Lo scorso anno è stato sballottato qua e là dalle differenti gestioni tecniche e tutto ciò non ha certo aiutato il suo inserimento nel gruppo né il suo adattamento al calcio italiano mentre quest’anno è partito con il favore dell’allenatore ma ha letteralmente perso il posto in favore di Borja Valero (che si adatta a fare il trequartista) e, più raramente, Brozović. Bene ma non benissimo, insomma. Oggi viene dato da chiunque sul piede di partenza dopo il grave errore sotto porta nel derby di Coppa Italia: è innegabile che anche il portoghese sia finito al centro del mirino dei tifosi e del meccanismo del capro espiatorio di cui sopra per cui anche le carestie nel medio-oriente e la deriva dei continenti siano considerati un po’ colpa sua ma va detto che il buon João ci ha messo molto del suo ed è uno dei pochissimi a non aver beneficiato per nulla della cura Spalletti. Certo, resta in piedi in suo favore il vecchio argomento dell’equivoco tattico (che sposta le responsabilità del – per ora – fallimento del portoghese campione d’Europa anche verso la dirigenza): perché comprare un giocatore esploso in posizione da ala per farlo giocare in qualunque ruolo del centrocampo tranne quello in cui rende meglio?

Joao Mario

#PerišićToIcardi: 7

 Vero, ultimamente la premiata ditta non incide più di tanto ma a inizio stagione è stata una piacevolissima costante e il modo in cui la società ha saputo cavalcare la cosa anche a livello di comunicazione è stato oggettivamente molto, molto indovinato. La strada da seguire per coinvolgere i tifosi anche via social è indubbiamente più questa che non con le Inter Bells del caso (che, probabilmente, portano anche un po’ rogna). Se era un esperimento mediatico, va promosso a pieni voti. Per quanto riguarda il dato tecnico da cui tutto parte, invece, si spera di recuperare la connessione letale Croazia-Argentina il prima possibile.

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La prevedibilità offensiva: 5

L’altra faccia della medaglia del #PerišićToIcardi. Il gioco sugli esterni dell’Inter è uno dei più prolifici e funzionali al mondo: vero che il volume di palloni gestiti in banda è enorme ma bisogna anche saper arrivare a far crossare così spesso i propri attaccanti e a metterli nelle condizioni di essere decisivi. Il problema vero è che la strategia delle fasce perde drammaticamente mordente nel momento in cui Perišić e Candreva non riescono più a conservare quella continuità di prestazione (sugli stessi 90’) e di prestazioni (di partita in partita) che consente loro di mantenere la loro efficacia anche quando gli avversari sanno perfettamente come si sviluppano le strategie nerazzurre. La loro capacità di inventare, la molteplicità di soluzioni in loro possesso e il loro strapotere fisico consente ai due esterni della Beneamata di aggirare il problema della prevedibilità: se la loro condizione non è all’altezza, l’intensità di gioco crolla al punto che le armi esterne dell’Inter diventano inutili perché viene meno il fattore “imprevedibilità” appunto. Il dato drammatico è che la rosa non ha le giuste armi per allestire un’alternativa credibile per vie centrali e quindi si continua ad attaccare sui lati senza però ottenere risultati, come l’ultimo mese dimostra inequivocabilmente.

Candreva

La profondità di rosa: 4

L’infortunio di Miranda, unito a quello piuttosto grave occorso a Vanheusden mesi fa, ha sollevato il (peraltro sottilissimo) velo che copriva le vergogne nerazzurre: un reparto difensivo che conta solo tre centrali di ruolo più un primavera senza esperienza in Serie A, per quanto promettente, non è completo per un campionato intero. Allo stesso modo, la mancanza di alternative valide agli esterni alti e l’ormai acclarata mancanza del trequartista di ruolo unite a una panchina di qualità discutibile hanno costretto i titolari agli straordinari in questi mesi, arrivando di fatto al 2018 con la lingua di fuori. L’Inter è stanca, non è una fantasia ma un dato di fatto. Ed è stanca perché la rosa è singolarmente corta. Posto che in questo gennaio rinforzarla (al di là del probabile arrivo di Bastoni) è praticamente impossibile, ancora una volta non si possono non rimarcare le responsabilità della società nella creazione di un gruppo lacunoso.

eder

Resurrezioni varie: 7,5

Alzi la mano chi pensava, a luglio o agosto, che al termine del girone d’andata l’Inter avrebbe potuto annoverare tra le note liete della prima metà di stagione Yuto Nagatomo e Davide Santon. È vero che i due terzini si sono resi protagonisti di prestazioni non sempre eccellenti negli ultimi anni, ciò nonostante è innegabile che spesso siano assurti al rango di capri espiatori preferiti dagli appassionati anche senza particolari colpe, rendendo il loro compito difficilissimo anche dal punto di vista psicologico: non essere Roberto Carlos è già difficile, sapere di non esserlo e dover giocare sapendo che sarai al centro di un tiro al piccione spietato al primo mezzo errore è veramente durissimo. Ciò nonostante Spalletti ha pienamente recuperato sia il giapponese sia l’italiano, restituendo al Biscione due giocatori che sembravano persi per sempre e condannati a far panchina più o meno fino a scadenza. Allo stesso modo, anche se in misura minore perché banalmente ha giocato meno, anche Andrea Ranocchia, un altro dei più notevoli capri espiatori dell’ultimo decennio interista, è stato ringalluzzito dal tecnico nerazzurro e reso nuovamente abile e arruolabile.

Santon

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