24 Settembre 2015

Non più bambino ma sempre prodigio: Santon è tornato

Il "bambino" di Josè Mpurinho è cresciuto e adesso è una pedina imprescindibile per l'ambiente nerazzurro
punto mercato banega Éder soriano

E’ trascorsa una vita, calcisticamente parlando, da quel giorno del 2009 in cui Josè Mourinho pensò di sfoderare l’arma più inattesa: Davide Santon, soprannominato simpaticamente “bambino” dal vate portoghese, esordì con la maglia nerazzurra per tenere a bada il pallone d’oro in carica Cristiano Ronaldo. La personalità, il carisma e le caratteristiche tecniche-atletiche del terzino saltarono subito agli occhi degli addetti ai lavori, consentendogli di conquistare subito un posto da titolare e un peso di tutto rilievo nella conquista dello scudetto numero 17.

Stava per nascere una nuova bandiera nerazzurra che avrebbe portato, col passare degli anni, anche alla conquista della fascia di capitano. Eppure, con la partenza dello “Special One”, qualcosa andò si ruppe, tanto che, nella stagione post-triplete, la giovane stellina lasciò Milano, sostituito da Nagatomo. Da quel momento l’erba sulle fasce esterne di San Siro non crebbe più come prima (Nagatomo, Jonathan, Pereira, D’ambrosio).

Il destino, che spesso ha il senso dell’umorismo, è tornato a bussare nel 2015: con Roberto Mancini si è consumato il più classico dei ritorni di fiamma che ha permesso a Davide di ritornare in quella squadra che l’aveva lanciato nel grande calcio; dopo essere stato messo sul mercato in estate (e dopo aver espresso la volontà di restare), Santon si è rilanciato pesantemente nelle gerarchie, divenendo uno dei calciatori più decisivi della nuova Inter, prima in classifica a punteggio pieno dopo cinque giornate.

Solidità difensiva, capacità di saper leggere dinamicamente le azioni difensive, ferrea conoscenza tattica, una buona tecnica e grande spirito di corsa sono gli ingredienti che hanno trasformato Santon in una pedina imprescindibile dello scacchiere manciniano. Inoltre, l’esperienza maturata in questi anni tra Serie A e Premier League lo proiettano tra i primi tre terzini dell’attuale campionato italiano di calcio.

Non è un caso, inoltre, che l’unica rete finora subita dall’Inter, nella trasferta di Carpi, sia arrivata proprio in uno dei pochi momenti in cui non era in campo, sostituito proprio da quel Nagatomo con cui si avvicendò nel gennaio del 2011.

Quello che è tornato all’Inter non è più un bambino, bensì un calciatore completo che, nonostante l’età tuttora ancora giovane, è già pronto per calcare palcoscenici importanti, con la maturità necessaria (e il carisma giusto) per migliorare di partita in partita.

Quei quattro anni di lontananza devono essere interpretati come un errore a cui si è posto rimedio: è giusto che l’Inter possa godere, una volta tanto, delle prestazioni di un prodotto del proprio vivaio, con un terzino che non è più un bambino ma resta un vero prodigio.