5 Marzo 2012

L’ANGOLO TATTICO: Inter-Catania

Sono le 13.30 circa quando arriva la notizia che André Villas-Boas non è più il tecnico del Chelsea, una notizia  alla cui alcuni tifosi nerazzurri non rimangono insensibili: intravedono infatti nella partita di San Siro col Catania la possibilità che si sieda per l’ultima volta Ranieri sulla panchina interista, prima di affidarsi alle capacità del cosiddetto Special Two per salvare una stagione che si sta rivelando fallimentare. In realtà la nostra opinione è che al tifoso nerazzurra debba interessare non chi sarà a risollevare le sorti dell’Inter, ma che ciò avvenga, senza preoccuparsi del “chi” e dal “come”. L’occasione delle 20.45 di questa sera era ghiotta per far re-innamorare i tifosi dei loro colori preferiti: la compagine in crisi e vogliosa di riscatto doveva affrontare davanti al proprio pubblico gli Etnei, giunti a Milano con la salvezza quasi in tasca e con l’intenzione di giocarsi una partita spavalda, senza paura.

LE FORMAZIONI – Ranieri deve fare i conti con l’indisponibilità di Maicon (problemi muscolari prima del match): al suo posto il mister romano schiera Nagatomo, con Zanetti terzino dall’altro lato, per far posto a Forlan sulla fascia sinistra di centrocampo. In mediana, oltre al già citato uruguaiano, ci sono Cambiasso e Palombo centrali e Faraoni a destra; tandem offensivo formato da Milito e Pazzini: dunque Sneijder si siede in panca. Montella sceglie di non snaturare il suo sistema di gioco, consapevole che la velocità dei suoi uomini può mettere in difficoltà un’Inter lenta a coprire gli spazi. Così, davanti alla difesa a quattro (Motta, Legrottaglie, Spolli e Marchese), agiscono Lodi, Almiron e Izco. In attacco Barrientos e Gomez, larghi rispettivamente a sinistra e a destra, fanno reparto con Bergessio, punta.

CANOVACCIO – Gli schieramenti di partenza lasciano già intuire quale sarà più o meno il leitmotiv tattico del match: Inter confusamente manovriera e Catania pronto a sfruttare le ripartenze con le schegge del suo attacco e la precisione dei centrocampisti; i primi minuti del match dimostrano questa intuizione. L’Inter, tra l’altro, pare subito un po’ lunga e questa è una conseguenza della scelta di puntare su due attaccanti con le caratteristiche del Principe e del Pazzo e su un’ala sinistra, Forlan, che del ruolo di ala ha ben poco. Basti pensare che i centrocampisti, Cambiasso e Palombo su tutti, non hanno la forza e la lucidità di accompagnare l’azione, relegando agli spunti dell’isolato numero 9, comunque propositivo e volitivo, tutto il peso della fase offensiva. Nagatomo (e siamo sicuri che Maicon avrebbe patito lo stesso destino), infatti, non può quasi mai attaccare lo spazio sulla fascia opposta, perché Gomez, autentica spina nel fianco, lo costringe a non allontanarsi eccessivamente dalla sua zona. Così gli attacchi nerazzurri del primo tempo si riducono a tristi tentativi dalla distanza o a lanci verso le punte, che non la vedono mai.

CLAMOROSO – Le offensive del Catania invece sono ben più ficcanti: Barrientos ha un mancino ispiratissimo ed educatissimo e Gomez, manco a dirlo, dà vita a bei duelli in velocità con il terzino giapponese, sacrificato e quasi inutile da quella parte. Ed è proprio su un taglio del Papu (grandissimo filtrante di Barrientos) che arriva il gol del Catania: il numero 17 scatta sul filo del fuorigioco, dribbla Nagatomo con una finta a rientrare sul destro e trafigge Julio Cesar. E’ 1-0. Le verticalizzazioni sono il vero forte della squadra allenata dall’Aeroplanino: d’altra parte quando si hanno centrocampisti dai piedi buoni come Izco, Almiron e Lodi, e degli attaccanti così rapidi sullo scatto tutto diventa più facile. Il 2-0 arriva proprio in conclusione di una bell’azione che vede protagonisti gli inserimenti dalle retrovie di Marchese (in netto fuorigioco) e Izco, goffo ma efficace nell’insaccare a porta vuota. Il primo tempo finisce così, con l’Inter incapace di reagire e addirittura di pressare sul possesso palla accademico degli etnei: oseremmo dire “Clamoroso a San Siro“.

TUTTI IN CAMPO – Nella ripresa Ranieri, conscio probabilmente di aver sbagliato qualcosa e pressato dalla necessità di recuperare una partita già persa, ridisegna l’Inter: Zanetti e Nagatomo invertono le loro posizioni (mossa molto tardiva in realtà) e dentro Sneijder per uno spaesato Faraoni; è 4-2-3-1, con Milito addirittura a fare l’ala destra e, all’occorrenza il terzino. In realtà nei primi 25 minuti del secondo tempo è il Catania a creare i presupposti per lo 0-3 piuttosto che l’Inter quelli per l’1-2. Ma gli Etnei, col passare del tempo, non concretizzano e si abbassano sempre di più, principalmente per due motivi: la stanchezza (Almiron, per esempio, ha pressato ed è ripartito per 90′ senza sosta) e la nuova verve dell’Inter, portata dagli ingressi di Obi e soprattutto Poli in luogo di Cambiasso e Palombo. Succede quindi che Forlan e Nagatomo sulla sinistra comprendono che solo saltando l’uomo e correndo palla al piede si può creare la superiorità numerica e non è un caso che il primo gol nerazzurro arrivi da lì: El Cacha si libera dell’avversario e scarica un diagonale di sinistro su cui Carrizo ci mette lo zampino. E’ 2-1 e San Siro ricomincia a crederci, anche per Montella toglie pian piano tutti i suoi attaccanti per coprire maggiormente il centrocampo, lasciano un po’ di spazio in più ai nerazzurri per impostare l’azione. A questo punto la partita non ha più logica da un punto di vista tattico: si succedono ripartenze da una parte e dall’altra, e proprio su una di queste Milito trova il tiro perfetto, che vale il pareggio. Il risultato si fissa così sul 2-2, quasi a voler indicare che, dopotutto, si può sbagliare tanto, ma che qualcosa da cui ripartire comunque c’è, a prescindere dal “chi” e dal “come”.