30 Ottobre 2011

L’ANGOLO TATTICO: Inter-Juve

intervista conte

In un sabato sera di autunno va in scena a San Siro il derby d’Italia. Una partita che, per quello che significa per il calcio di casa nostra, esula ogni volta da contesti specifici di classifica. In ballo ci sono prestigio e onore, e non conte se la Juve si presenta a San Siro con l’obiettivo di difendere il suo primato contro un’Inter in chiara difficoltà, stranamente coinvolta in queste prime sette giornate a battagliare nei bassifondi della graduatoria. Ma Inter-Juve rimane sempre il derby d’Italia, tutto il resto non conta.

UNA STORIA GIA’ SCRITTA – Partiamo dalla fine: il risultato non sorprende più di tanto, se si considera che ormai contro quest’Inter basta cambiare passo e fronte di gioco e la si può colpire quasi senza problemi. La Juve in questo è stata maestra, e non solo ieri, ma anche nelle partite precedenti. Le chiavi del gioco della squadra di Conte, infatti, sono sempre l’aggressività e la velocità nel proporsi, e i nerazzurri, che,  dal canto loro, hanno giocato una partita piena di cuore ma con pochi muscoli, hanno perso senza quasi mai graffiare; gli avversari hanno invece morso la preda quel minimo indispensabile per fare male davvero. Risultato finale: 1-2.

SQUADRE IN CAMPO – I padroni di casa non presentano particolari novità in formazione, se non quelle già annunciate da tempo. Castellazzi difende la porta al posto di Julio Cesar, davanti a lui la stessa linea a quattro delle ultime tre partite con Chivu confermato centrale accanto a Lucio dopo la prestazione negativa di Bergamo e Maicon e Nagatomo sulle fasce; Cambiasso perno del centrocampo assieme a Obi (centrsinistra) e Zanetti (centrodestra). Davanti Sneijder a ispirare Pazzini e Zarate. La Juventus risponde invece con degli accorgimenti dell’ultima ora: Chiellini non ritorna la centro della difesa, ma rimane terzino sinistro; a centrocampo invece Pirlo è il metronomo e davanti a lui agiranno in interdizione e negli inserimenti l’azzurro Claudio Marchisio e il neo-acquisto Vidal. In attacco Matri unica punta, coadiuvato a destra e a sinistra da Vucinic e Pepe. E’ un 4-1-4-1 che in fase offensiva diventa un 4-3-3 puro.

SPRINT – La partita parte con ritmi altissimi. L’Inter appare molto viva e ringhia in fase di non possesso sui palloni che la Juve cerca di destinare a Pirlo. Sta di fatto che in prima fase il pressing dei vari Cambiasso, Obi e Zanetti porta benefici (occasioni per Pazzini e Cambiasso). La fase offensiva riguarda prevalentemente la fascia destra, con l’asse Maicon-Zanetti che vede il primo avanzare fino al limite dell’area e il secondo rimanere dietro in copertura. Anche Zarate svaria molto sulla destra, così per Chiellini sono problemi seri. In più Zarate, Pazzini e Sneijder bloccano le ripartenze da fondo campo degli avversari, in modo che i difensori non riescano mai a dare facilmente la palla a Pirlo, sul quale accorrono di volta in volta i vari mediani nerazzurri. Il tutto sembra funzionare.

PRATERIE – Passata la furia iniziale, la Juve inizia a prendere confidenza con il campo e i due incontristi juventini Marchisio e Vidal capiscono che una volta contrastati i centrocampisti nerazzurri diventa facile aprire il gioco sulle fasce, soprattutto sulla sinistra. La chiave del match è questa: se Vucinic e Pepe tengono impegnati i terzini, si possono aprire varchi nelle corsie laterali. Così la linea a quattro nerazzurra si stringe sempre troppo, e se da un lato l’esperienza di Zanetti limita i danni, dall’altro la poca concentrazione di Obi li amplifica.  Il gol del vantaggio nasce proprio da un suggerimento dal centro alla fascia destra juventina. Obi non si allarga su Lichtsteiner, Nagatomo neppure, e il terzino ha tutto il tempo per controllare, guardare al centro e mettere un pallone rasoterra: Matri sbaglia, Vucinic no. E’ 1-0.

SCOSSA – Il gol sembra tramortire i nerazzurri, che per 5 minuti ci capiscono veramente poco. Ogni volta che recuperano palla, gli juventini trovano praterie, a testimonianza del fatto che ormai fare al meglio le due fasi diventa per l’Inter sempre più un miraggio. Ecco, quindi, che Matri taglia spesso nel settore centrale e si presenta davanti a Castellazzi due volte: il primo tiro va fuori, sul secondo è bravo il portiere nerazzurro a sventare. Scongiurato il pericolo del tracollo, l’Inter inizia a macinare il suo gioco in fascia. A sinistra Obi e Nagatomo riescono a far bene almeno in avanti con sovrapposizioni frequenti, ma è dall’altro versante che arriva il gol: Sneijder si libera sulla destra, passaggio no-look per l’accorrente Maicon, il cui tiro si insacca dopo una deviazione di Bonucci. Ora l’inerzia del match è spostata sugli uomini di Ranieri, che si fanno pericolosi di nuovo con la traversa di Pazzini ancora una volta sul cross del terzino brasiliano. Ma attaccare sempre col solito copione non può bastare, e il secondo gol non arriva.

VIPERA JUVE – L’Inter spende tanto da un punto di vista fisico, e la freschezza viene meno. Tanto che la Juve riesce a far gol addirittura a difesa avversaria schierata. Gli avanti bianconeri trotterellano sulla trequarti, con passaggi ripetuti dal centro alla corsia e viceversa: Vucinic trova l’inserimento di Marchisio, che duetta con Matri bruciando l’ingenuo Chivu (ancora una volta) e fulmina il portiere nerazzurro. Juve non spettacolare ma cinica, e basta questo. Conte, inoltre, è anche bravo a scambiare spesso le posizioni di Vucinic e Pepe, per non dare riferimenti agli avversari e soprattutto pr arginare Maicon, che con la velocità dell’ex Udinese deve stare più attento. Dopo il 2-1 Marchisio, sempre bravissimo a inserirsi dalle retrovie, si presenta ancora una volta davanti al solo Castellazzi, ma manda la palla fuori, prima di essere toccato dal numero 12 avversario. Potrebbe essere rigore, ma non c’è il fischio di Rizzoli. Si va al riposo dopo un bel primo tempo.

“VORREI MA NON POSSO” – La ripresa si apre con Castaignos al posto di Zarate: la mossa di Ranieri è finalizzata, oltre a dare maggiore fisicità al reparto, a chiudere meglio gli spazi in ripartenza sulla sinistra: Lichtsteiner, infatti, era sempre stato lasciato troppo libero di avanzare. La mossa, da un punto di vista strettamente tattico, ha i suoi effetti positivi, perché di fatto la Juve non riesce più a costruire gioco per tutto il secondo tempo. Ma rinunciare al dribbling e all’imprevedibilità di Maurito per la timidezza dell’olandesino è un mezzo suicidio: lo dimostra il fatto che l’Inter non impensierirà mai la retroguardia bianconera, che forse, tra tutti, è il reparto più debole della squadra. La partita si incattivisce, fioccano i cartellini, ma non si sblocca più. A poco servono i cambi di Ranieri, che fa entrare Stankovic per Obi (ci si aspetta una maggiore applicazione tattica da parte sua) e Alvarez per uno stanchissimo Sneijder. L’Inter si schiera quasi con un 4-3-3 vero, perché Castaignos gioca stabilmente a sinistra e il neo-entrato argentino sulla destra: quest’ultimo gestisce qualche buon pallone, dimostra di avere un dribbling e un buon piede, ma non serve a nulla. L’Inter è stanca, non riesce più ad accelerare neanche nel presunto forcing finale, che non c’è. A differenza dell’avversario di turno: già, perché la Juventus, in questo senso, è una delle tante.

BASTA POCO – La sensazione, infatti, è che qualsiasi squadra ieri sera avrebbe potuto punire i nerazzurri. I bianconeri hanno svolto il loro bel compitino, senza impressionare. Squadra molto organizzata, compatta e mai disunita, con idee chiare, grinta e tanta forza per cambiare il ritmo all’improvviso. Tutte qualità che il calcio italiano degli ultimi anni ha imparato a contemplare. E alla fine, visto il risultato e l’andamento del match, è questo che fa riflettere: basta veramente il minimo indispensabile per battere l’Inter?! Evidentemente si…