10 Dicembre 2012

EDITORIALE – La nostalgia dell’interismo di Prisco

Lo abbiamo ricordato questa mattina nella nostra rubrica quotidiana sulla storia dell’Inter. Quest’oggi si celebra il compleanno di Peppino Prisco, uno dei massimi esponenti dell’interismo, termine con cui si identifica il tifoso interista che diventa tutt’uno con l’atteggiamento della propria squadra. Interismo, termine tanto caro a Beppe Severgnini, che ha dedicato a questo stile di […]
auguri prisco

Lo abbiamo ricordato questa mattina nella nostra rubrica quotidiana sulla storia dell’Inter. Quest’oggi si celebra il compleanno di Peppino Prisco, uno dei massimi esponenti dell’interismo, termine con cui si identifica il tifoso interista che diventa tutt’uno con l’atteggiamento della propria squadra.

Interismo, termine tanto caro a Beppe Severgnini, che ha dedicato a questo stile di vita più di un libro, tra i quali uno dove viene espresso un concetto chiaro: “L’interismo è il piacere di sentirsi interisti”. Malinconia è il sentimento che ora più si avvicina a ciò che provo quando penso a queste parole: delusione per uno spirito che sembra ancor più labile del senso del Natale in una società commercialmente conformista. Potrete pensare che questo sia il solito pezzo melodrammatico, scritto in modo non propriamente giornalistico e con uno stile colloquiale. Ma questa è una scelta fatta appositamente perchè l’intento è quello di non nascondermi dietro a paroloni o concetti che facciano interrompere la lettura, ma vorrei essere breve, conciso ma diretto e profondo, come un aforisma del sopracitato Peppino Prisco.

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L’AVVOCATO – Prisco era avvocato, un titolo ambito, difficile da raggiungere, pieno di responsabilità. Una carica per cui serve molto studio e che ti porta ad avere una dialettica approfondita e studiata per poter ottenere la ragione attraverso la retorica, che rende un discorso più forte di una prova. Il popolo, quello che non ha studiato è intimidito dalla gente che ha titoli, Manzoni ha descritto nei suoi “Promessi Sposi” un chiaro esempio di queste maschere sociali, con l’episodio dell’Azzeccagarbugli e di Renzo che non sapeva che farsene del “Suo latinorum”. Ecco, Prisco non si è mai servito del latinorum per esprimere i suoi concetti, ma non ha mai lasciato correre dalle sue labbra concetti che non fossero lapidari e trascinatori. Quanti tifosi interisti potrebbero non fare della frase “Ogni volta che stringo una mano a un milanista mi corro a lavarmi le mani, quando la stringo a uno juventino, mi conto le dita” il proprio motto, ma allo stesso tempo alzi la mano chi ha avuto la stessa espressione con ugual semplicità e chiarezza. Personaggio ironicamente imitato, ma capace di fare dell’autoironia, applaudendo chi come Teocoli lo prendeva in giro, nella speranza che la sua Inter vendicasse quegli atteggiamenti: “La speranza per il futuro? Vorrei che chi mi incontra per strada mi gridi in faccia: “Peppino campione d’Italia”. Sogno lo scudetto. E, visto che ci sono, anche il Milan di nuovo in serie B. Così mi vendico anche di Teo Teocoli… uno bravo che mi imita bene e con simpatica correttezza. Mi mette di buon umore. Giacca da camera a parte”. Mai una parola fuori posto, tifo sano, nel rispetto delle persone, meno dei colori. Purtroppo se ne è andato prima di vedere dal vivo le vittorie di Mourinho, ma proprio per questo il suo attaccamento ai colori nerazzurri è da onorare.

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IL RISPETTO PERDUTOL’Interista è il tifoso chiamato per natura alla sofferenza, alla convivenza con delusioni o torti subiti, è malfidente con chi vince  ma solidale con i compagni di questa avventura che condividono la passione per questi colori. Prisco se ne è andato, sono rimaste le sue frasi, negli striscioni, nei murales e anche nell’inno “C’è solo l’Inter”, che ogni volta risveglia l’orgoglio dei tifosi. Sono arrivate le vittorie, le rivincite le lodi, l’Inter ha riconquistato la vetta del mondo e tanto sfarzo sembra aver intaccato i principi che hanno permesso di riconoscere con una sola espressione un interista in una folla di sconosciuti. L’orgoglio nerazzurro, il sentirsi soli contro tutti e più forti di tutto, si è via via trasformato in un tifo spocchioso, ai margini dell’occasionale, fino a sfociare nel siparietto di salita e discesa dal carro dopo ogni vittoria e dopo ogni sconfitta. Si assistono a scene ai limiti dell’imbarazzante vedendo tifosi che insultano dal presidente Moratti al magazziniere, criticano il mercato, addirittura ho visto critiche a Stramaccioni definito incompetente e incapace di gestire uno spogliatoio come l’Inter. E’ bastata un’annata di vittorie per cancellare vent’anni di sofferenze e far perdere ogni tipo di rispetto, soprattutto quello per sè stessi. Forse non ci si rende conto infatti che a criticare la propria squadra si fa il gioco degli avversari, si dona ossigeno a chi non aspetta altro che le nostre sconfitte per non guardare i loro problemi.

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MALINCONICI RICORDI – Per questo pensare che oggi è il compleanno di un personaggio come Prisco mi lascia malinconia, perchè ora sembrano essersi invertiti i ruoli, se prima c’era un avvocato che parlava in modo semplice ora ci sono incompetenti che si riempiono la bocca di trattati tecnico – tattici dai risvolti socio – economici. Malgrado questo però sono di animo romantico e mi piace pensare che tutto questo è solo il frutto di una fase di passaggio, che l’interismo, quello vero, sia ancora presente nel tifo interista, che la coreografia della curva di ieri sia la prova di una rinascita e che la voce di tutti quelli che ancora vivono il loro tifo nerazzurro nel modo autentico dell’avvocato alzino la voce e zittiscano chi infanga il nome di una tifoseria che si è sempre contraddistinta per la fierezza di appartenere a questi colori. Dov’è finito lo sdegno nei confronti di Balotelli quando ha scagliato a terra la maglia? Qual è la differenza tra quel gesto e coprire di insulti Moratti dopo una sconfitta? Da bravo romantico credo ancora nel senso del Natale e quindi credo in un ritorno di un tifo unito, contro tutto e tutti, felici di essere nerazzurri nelle vittorie così come nelle sconfitte così da non perdere il proprio posto sul carro, perchè “io in serie B non sono mai stato. I tifosi interisti non si preoccupino, dopo tanti anni in questa società posso affermare che la serie B non è nel nostro codice genetico”, parola di Peppino Prisco.

di Aldo Macchi.