7 Novembre 2016

EDITORIALE – Chi sarà il prossimo capro espiatorio?

Il consueto editoriale del lunedì sera. Stavolta si tratta di coloro con cui va bene (ed è facile) prendersela in caso di sconfitta...

La caccia al colpevole. È stucchevole ma è esattamente così: è bastato rimanere immersi tra gli umori del pubblico nerazzurro immediatamente dopo l’esonero di de Boer e lungo questo breve interregno di Vecchi per capire che, alla fine, a tanti, troppi tifosi interessa solo trovare un capro espiatorio da accusare quando le cose vanno male. Persino nell’ultimo caso osservato – quello del tecnico oranje – che ha visto il tifo nerazzurro sorprendentemente compatto in favore dell’allenatore esonerato, la tentazione di sfogare la propria rabbia su alcuni elementi in particolare è stata evidentemente troppa per provare anche solo ad abbozzare una resistenza. Lo spettacolo che ne esce è troppo triste per non parlarne (anche se l’argomento è un po’ troppo triste per essere affiancato a una vittoria per tre a zero, ce ne rendiamo conto).

Quasi sempre, guardando alla storia del club, l’imputato numero uno dei sommari processi nerazzurri è stato l’allenatore, mentre stavolta la maggioranza degli aficionados ha rivolto i propri strali alla società (e fin qui tutto bene, era la cosa giusta da fare).

Il problema emerge più seriamente quando si passa ai fatti, cioè quando si gioca: se i risultati non arrivano si può anche essere perfettamente consapevoli di una mala gestio a livello dirigenziale ma poi si finisce per desiderare di non dover più assistere allo spettacolo offerto da alcuni esponenti della rosa, come se la forma complessiva di una società potesse dipendere unicamente dalle singole prestazioni di alcuni giocatori, quelli ritenuti generalmente indegni.

Però che senso ha prendersela per esempio con Nagatomo, tutte le volte? Si può mettere chiunque al posto del numero 55, abbiamo semplicemente scelto il bersaglio più facile ma si potrebbe parlare anche di Santon, di Medel, di Murillo, di Icardi, di Brozović… Tutti hanno il loro personale totem delle disgrazie, la caricatura di un idolo pagano deputato a ricevere impeti iconoclasti dopo ogni cattivo risultato. E spesso lo si cambia anche in continuazione, tra l’altro. Ma, si diceva, perché arrabbiarsi a ogni partita come se fosse la prima? Perché giustificare articoli che raccontano sì una verità innegabile ma che, dal giusto senso di critica, passano direttamente alla presa in giro più becera solo per qualche clic in più? Per carità, se il giapponese commette un errore che costa un gol a partita l’insulto parte in automatico, è legittimo. A caldo vale (quasi) tutto. Il problema è quando – a bocce ferme – si incolpa quasi solo il buon Yuto (o chiunque altro prendendolo da solo) di tutti i mali dell’Inter, sopravvalutandolo come neanche il suo procuratore potrebbe mai fare.

Questa settimana il problema è Nagatomo, la volta scorsa il dramma era Medel, domenica prossima la colpa della non vittoria sarà magari di Handanović. La ruota gira, il capro espiatorio cambia. Ma – nuovi acquisti a parte – il grosso dei giocatori dell’Inter è a Milano ormai da un pezzo, tutti ne conoscono pregi e difetti, virtù e limiti (purtroppo molto netti, in più di un caso). Cosa ci si può aspettare dai meno bravi della rosa, se non applicazione e impegno? Cosa chiedere a D’Ambrosio oltre a un minimo d’attenzione? Cosa pretendere da Felipe Melo? Le tare della squadra attuale si conoscono fino alla noia, non ha senso ribadire l’ovvio ogni volta. Siamo arrivati al punto che – semmai – la responsabilità della loro presenza in campo è di chi non riesce a venderli altrove, tutt’al più, non di chi li sceglie quando non ha alternative o – peggio – di loro stessi (gli errori in campo, invece, quelli sì che sono roba loro).

È frustrante vedere in campo giocatori che spesso sembrano non poter proprio essere all’altezza (e che effettivamente non lo sono) ma, posto che ci sono e che qualche minuto se lo prenderanno quanto meno per far riposare i migliori di tanto in tanto, li si può elevare così serenamente a vittime sacrificali? Attenzione, anche qui ci si augura che si trovino nel minor tempo possibile un’altra sistemazione e che l’Inter possa accogliere altri giocatori più forti di loro negli stessi ruoli. Ma ciò non significa attribuire a costoro ogni responsabilità dei risultati negativi. Sono giocatori scarsi, al massimo, non calamite naturali per le sconfitte.

Santon stende Kessié in pieno recupero: sconfitta. Ma è colpa del terzino che commette un errore marchiano che fattivamente costa i tre punti o di tutta la squadra, che tira fuori una prestazione indegna? Nagatomo infila la sua stessa porta contro il Southampton: colpa sua o di una squadra incapace di passare la metà campo per ampi tratti di partita? Il primo gol subito a Roma, quello di Džeko, è colpa di Miranda che si perde in marcatura il bosniaco quando taglia sul primo palo: il successivo ko è imputabile al solo errore del brasiliano o del gruppo in senso lato, autore di una prestazione difensiva ai limiti dell’agghiacciante?

Prendersela coi singoli nei momenti di crisi profonda non ha alcun senso, serve solo a gettare e (soprattutto) gettarsi immani quantità di fumo negli occhi. Il problema, di solito, è sempre alla radice. Intanto, ci stavamo quasi dimenticando, sta arrivando anche l’homo novus Pioli: possibilmente sarebbe meglio evitare di colpirlo con dosi potenti di bile (più o meno ingiustificata e preventiva), almeno all’inizio. È un bersaglio fin troppo facile…