27 Novembre 2017

EDITORIALE – Dio salvi Icardi

Il consueto editoriale del lunedì, obbligatoriamente incentrato su Maurito Icardi, il suo score disumano e il suo peso all'interno delle economie nerazzurre. Spoiler: la faccenda non sta esattamente come pensano tutti...

Un gol ogni 82,93 minuti per un totale di 15 in 14 apparizioni, una percentuale di conversione dei tiri del 38,5% (praticamente un suo tiro su tre è rete, da dovunque parta la conclusione), una capacità omicida in area di rigore che nemmeno il miglior Jigen quando può disporre della sua amata M19 magnum, magari stando anche in posizione sopraelevata – e chi seguiva il cartone di Lupin sa perfettamente quanto sia lusinghiero quest’ultimo paragone. Tutto questo e persino di più è Mauro Icardi, capitano dell’Inter, suo massimo cannoniere e, al momento, indiscusso trascinatore del Biscione, al punto che c’è chi sostiene che lui sia l’unica differenza tra la compagine di Spalletti e chi invece è impantanato anche una quindicina di punti più sotto, a lottare tra il sesto e il decimo, dodicesimo posto.

Più di un gol ogni tre tiri

Più di un gol ogni tre tiri

La tesi secondo cui l’Inter vinca solamente perché ha Icardi è sostenuta da una fascia di appassionati assolutamente trasversale, non solo da chi supporta le rivali storiche, e – del resto – a un’occhiata superficiale degli highlight può anche sembrare che sia effettivamente così. Oddio, a essere del tutto sinceri, il buon Maurito e Handanović sono stati quasi le uniche note positive dei primi 45’ della scorsa trasferta di Cagliari e se non s’è chiuso il primo tempo in passivo il merito è stato sostanzialmente loro, bisogna riconoscerlo. Al contempo, però, allargando un filo il giudizio senza fossilizzarsi sugli ultimi 90’, non si possono ignorare i progressi clamorosi dell’Inter a livello di collettivo fatti nell’ultimo mese: Icardi rende a questo livello perché lui è senz’altro un mostro ma pure la squadra sta facendo tutto quel che può per metterlo nelle migliori condizioni (tra l’altro riuscendoci quasi sempre). Un matrimonio felice, insomma.

Tra i primi a non capire fino in fondo quanto sia aleatorio provare a scindere la componente “Maurito” dal totale “Inter” sono proprio tanti, troppi interisti

Il risultato è che, a eccezione della trasferta di Bologna, ogni volta che il numero 9 nerazzurro ha segnato, la Beneamata ha poi vinto. Del resto è semplice: l’Inter ha vinto quasi sempre, Icardi segna quasi sempre, non era difficile trovare una correlazione. Siamo di fronte a un binomio efficace, in cui la squadra beneficia delle capacità di Mauro tanto quanto lui gode degli sforzi d’insieme: l’argentino agevola la conquista dei tre punti così come i compagni agevolano lui, in un circolo virtuoso che ormai gira a velocità vorticosa.

Pensare alla capacità realizzativa di Icardi in modo quasi slegato rispetto alla produzione offensiva del Biscione è un esercizio inutile proprio in quanto il capitano ne è organismo pulsante da diversi anni e, ormai palesemente, l’uomo preposto esattamente a quella finalità: segnare. Sarebbe come dire di una Ferrari capace di correre a 320 km/h che va veloce solo grazie al suo motore estremamente potente: come si può slegare una parte dal tutto che va a comporre? Sterile.

Dentro l'area è una maledizione. Per gli altri

Dentro l’area è una maledizione. Per gli altri

Candreva, Perišić, Borja Valero e compagnia riescono a sfruttare al meglio le peculiarità del buon Maurito perché lo conoscono ormai a menadito e sanno perfettamente cosa può fare e cosa non può fare con ogni differente tipo di pallone che indirizzano dalle sue parti: non bisogna sottovalutare quest’aspetto perché Icardi può godere di compagni che hanno la qualità sufficiente e la capacità di fare le scelte migliori per innescarlo alla grande. Del resto, s’è trovato nel corso degli anni a dover capitalizzare assist di Jonathan, Álvarez, Gargano o Kuzmanović, gli attuali compagni di squadra sono un netto miglioramento.

La squadra beneficia delle capacità di Mauro tanto quanto lui gode degli sforzi d’insieme

E poi c’è ovviamente Spalletti. Già l’anno scorso l’uomo di Certaldo mise Džeko al centro di tutto perché assolutamente persuaso che il bosniaco non fosse riuscito a esprimere il suo enorme talento nella prima stagione in riva al Tevere a causa di malfunzionamenti organici del sistema ereditato da Garcia e rammendato in corsa, a questo giro il tecnico toscano non doveva nemmeno risollevare il morale di un bomber triste, anzi! Tutta l’Inter è proiettata verso Perišić e Icardi, i due giocatori con le maggiori responsabilità là davanti: il primo di creazione, il secondo di finalizzazione.

Dio salvi Icardi, dunque, ma non si dimentichi mai che il suo rendimento è figlio tanto delle sue eccelse qualità quanto di un lavoro d’équipe fin troppo spesso taciuto e svolto talmente bene che nessuno riesce a rendersene davvero conto. Tra l’altro, guarda te i casi della vita, tra i primi a non capire fino in fondo quanto sia aleatorio provare a scindere la componente “Maurito” dal totale “Inter” sono proprio tanti, troppi interisti.

Del resto, «Neanche Gesù piaceva a tutti» (cit).