26 Giugno 2017

EDITORIALE – Perišić deve restare. Anzi andare. Anzi… boh?

Cosa deve fare della sua carriera Ivan Perišić? Noi non lo sappiamo e forse una risposta "giusta" nemmeno esiste. Di sicuro tenerlo non è una brutta prospettiva ma anche venderlo a tanti, tanti soldi è interessante...

Ieri sera fissavo un punto non precisato del mio soggiorno, per la precisione un angolo della stanza dove l’ombra del divano cadeva in maniera seghettata a causa della parete monca che l’architetto che ha costruito la casa – per non si sa bene quale motivo – ha pensato fosse deliziosamente decorativa. Sarà. Intanto mi perdevo a guardare quella porzione di appartamento mentre, in realtà, pensavo a Ivan Perišić. E non capivo cosa avrei voluto dire al mondo, su Ivan Perišić. E, ovviamente, su quell’ipotesi di rinnovo che negli ultimissimi giorni ha fatto capolino tra i vari media dopo settimane intere in cui avevamo dato per scontato (tutti) che il croato avrebbe salutato e sarebbe partito per l’estero.

Poi, a un tratto, l’illuminazione. E cioè che non c’è molto da dire sulla faccenda perché non c’è una posizione definitiva – anzi, invidio chi è scientemente persuaso della propria idea sull’argomento, magari anche convinto che sia l’unica sensata. E lo invidio perché questo pezzo sarebbe infinitamente più forte se io potessi millantare un’opinione precisa, ferma e – magari – anche irremovibile. E invece non è così perché ha senso sia l’idea di sacrificarlo in ordine a ottenere bei soldi per saldare ogni pendenza con la UEFA (si spera per sempre, tra l’altro) così come ne ha trattenerlo per farne la pietra angolare dell’era Spalletti – che, tra le altre cose, si dice esserne un più che discreto estimatore.

Ovviamente do per scontato che il felino Ivan (quel 44 qualcosa vorrà pur dire), nel caso stia seriamente pensando di andarsene, non abbia granché voglia di rimanere e abbia in qualche modo chiesto lui la cessione, altrimenti il senso della questione si ingarbuglia troppo e ne si perde il filo. Del resto, l’uomo da Certaldo non ha ancora diretto un solo allenamento ma ha già picchiato come un fabbro sulla questione dell’appartenenza: un Perišić stuzzicato dalle sirene inglesi del Manchester United che rimanga solo per via di un aumento o per qualunque altro motivo indipendente dalla sua volontà non interessa all’Inter. Come è giusto che sia. Se Ivan il Terribile deve rimanere allora deve crederci, dice Big Luciano. E ha già ragione da vendere. E “crederci” significa confidare sul serio nel progetto nerazzurro (anche se la parola inizia a essere urticante oltre che grama e porta-scalogna), fino in fondo, sapendo al contempo di esserne uno dei perni centrali – perché è anche giusto riconoscergli questo, nessuno fa niente per niente, no?

Ma il punto focale della vicenda, dicevo, è che ha ragione sia chi vuole andare fino in fondo e cedere Perišić sia chi vuole tenerlo. Perché il croato è forte, anche molto forte ma non certo insostituibile: meglio un giocatore giovane e voglioso di mettersi alla prova che magari non è ancora al suo livello (ma che probabilmente può raggiungerlo a un giro di posta non troppo largo) piuttosto che l’Ivan scontento di cui sopra. D’altro canto cambiare ogni due anni tre quarti di squadra non è una policy particolarmente vincente – nel caso, Moratti potrebbe scrivere cinque o sei trattati sull’argomento – e, visto che finora me lo sono dimenticato dandolo colpevolmente per scontato, Perišić è anche uno dei giocatori migliori dell’intera rosa. E se ritiene di essere sufficientemente legato all’Inter ed è attratto dalle ambizioni del Biscione allora non c’è problema: lo si ricopra d’oro quanto basta e lo si investa dei galloni necessari.

In sintesi, dirimere la contesa sulla base della mera teoria e senza conoscere fino in fondo i fatti è impossibile perché entrambe le fazioni formatesi nelle scorse settimane hanno validi argomenti. L’Inter pare aver già deciso che mossa fare e si dice appunto che intenda ripartire dal suo numero 44. Sicché adesso la palla passa a Ivan e, come va di moda dire oggi, al suo entourage.

Cosa deciderà noi non lo sappiamo ma qualcosa possiamo azzardare: sia che resti, sia che vada, Perišić ha ottimi argomenti per imboccare uno qualunque dei due sentieri. Come, perché? Ma è ovvio: gli stessi che ho elencato fin qui. Solo dal suo punto di vista. Per quanto riguarda il mio soggiorno, invece, temo che dovrò tenermelo così ancora per un bel po’.