25 Aprile 2016

EDITORIALE – Un riscatto per Stevan

Il consueto editoriale del lunedì, stavolta incentrato sul dubbio che sembra attanagliare i tifosi dell'Inter: tenere o vendere Jovetić? Una disamina onesta della stagione dell'attaccante montenegrino e una valutazione che aspira a essere oggettiva...
jovetic zenit

È probabilmente l’uomo più sotto i riflettori di questo finale di stagione, nonché uno dei giocatori dell’Inter più discussi degli ultimi dieci mesi, cioè da quando è atterrato sul pianeta nerazzurro: Stevan Jovetić da sempre divide gli appassionati di pallone in generale ma quest’anno ha costretto i suoi stessi tifosi a schierarsi o con lui o contro di lui. Anche perché Stevan ci ha messo del suo, capiamoci; dopo un ottimo inizio di stagione, sia come numeri sotto rete sia come prestazioni, il montenegrino è progressivamente calato nettamente di rendimento, esattamente come la squadra stessa. Peccato che poi i suoi compagni abbiano provato a rialzare la testa (riuscendoci a momenti alterni) mentre lui sembrava prigioniero della tipica spirale negativa, talmente avvinto dal loop che – alla fine – aveva praticamente perso il posto in squadra anche a causa dei soliti problemi fisici.

Ora, invece, per il season finale Mancini ha deciso di rispolverarlo come titolare in pianta stabile (è subentrato solo contro il Genoa nell’ultimo mese) e Jojo sta provando seriamente a dimostrare al mister e alla società che l’Inter non deve commettere l’errore di rispedirlo a Manchester senza nemmeno un bigliettino di ringraziamento per il City. L’attaccante balcanico, infatti, non ha la benché minima intenzione di tornare in Inghilterra e ha più volte dichiarato di voler rimanere a Milano così come di non pensare per niente a un’altra eventuale sistemazione: lui ha scelto l’Inter e se la vuole tenere stretta. Il punto, però, è un altro: l’Inter ha fatto davvero la sua parte scegliendo lui? O meglio, l’Inter ha già scelto Jovetić ma siamo certi che lo voglia confermare?

Jovetic gol Atalanta

Abbiamo visto giocatori presentarsi peggio, in effetti.

Guardando ai freddi numeri la risposta potrebbe essere un “sì” sottile, poco convinto: Jovetić ha giocato 25 delle 39 uscite del Biscione nell’anno 2015/2016, vale a dire il 64% delle partite disponibili. Di queste, Stevan è sceso in campo da titolare in 18 occasioni, cioè nel 46% dei casi totali (che diventa il 72% quando si contano solo le partite in cui il montenegrino ha giocato anche solo un minuto: quando Mancini decide di farlo giocare, quindi, Jovetić di norma inizia anche la partita). Una delle sensazioni “a pelle” che vengono quando si pensa a quest’ultima annata di Jojo, comunque, è che non l’abbiamo visto in campo abbastanza, che è strano se pensiamo che, in autunno inoltrato, sembrava quasi più sicuro del posto di Icardi. Eppure poi Maurito si è ripreso di forza il suo posto là davanti.

Nonostante i dati ci restituiscano comunque uno Stevan Jovetić da quasi 1500 minuti in stagione (solo quindicesimo della rosa per minutaggio) e quindi un giocatore che può ritenersi facente parte del giro dei titolari ma non certo un imprescindibile, anzi, più una riserva che altro, va anche precisato che il Mancio l’ha utilizzato quasi sempre in coppia con Icardi e solo raramente come alternativa a Maurito, quindi lo vede senza dubbio più come partner dell’argentino che non come eventuale piano B. Anche perché, quando è stato chiamato a scegliere per forza tra i due, il mister jesino ha quasi sempre privilegiato il capitano attuale. Questo porta a pensare che, nonostante i numeri non proprio brillanti in zona gol – sette reti e tre assist tra campionato e Coppa Italia – il montenegrino possa essere riconfermato per il prossimo anno, anche in virtù degli accordi col City che, banalmente, non prevedevano un’eventuale voglia nerazzurra di vendere l’attuale numero 10 dopo un solo anno (anche perché è un’operazione che si potrebbe fare unicamente nel caso in cui i Citizens siano non solo d’accordo ma anche desiderosi di vendere Jovetić a terzi).

Di rado il buon Stevan gioca per tutti i 90′. Sicuramente può pesare il timore per gli infortuni ma certamente hanno influito pesantemente anche le scelte tecniche di Mancini.

È, di contro, un fatto inoppugnabile che le migliori partite con la maglia del Biscione di Stevan siano state quelle in cui non ha dovuto dividere il proscenio con Icardi: le prime due gare dell’anno, decise da tre gol suoi, Inter-Roma e Napoli-Inter di Coppa Italia. In queste sfide Jovetić è peraltro andato a segno tre volte su quattro e il gol decisivo di Medel contro i giallorossi è stato propiziato proprio da un suo assist. Nei due scontri di campionato con l’Udinese, le restanti partite di Serie A in cui ha timbrato il cartellino, nonostante abbia complessivamente segnato tre reti, la prestazione non è stata ottima come negli altri esempi che abbiamo visto. In particolare, nella sfida di sabato scorso, è ancora una volta apparso abbastanza chiaro che, nonostante gli sforzi dell’ex giocatore della Fiorentina, Icardi è più bravo ad adattarsi a Jojo che non il contrario. Addirittura, potremmo azzardare che il montenegrino ha fatto due gol da centravanti più che da rifinitore, con lo stesso Icardi più occupato a fare le veci della seconda punta che non dell’ariete. E, per un uomo che dovrebbe fare la seconda punta di mestiere (perlomeno nel contesto Inter), questo non è un segno incoraggiante.

Il Jojo centravanti.

Il Jojo centravanti puro.

Dunque resta il problema: cosa fare con Jovetić quest’estate? Concedergli un altro anno di fiducia sperando che possa amalgamarsi al meglio con Icardi e iniziare finalmente ad adattare il suo stile di gioco a quello dell’attaccante argentino o gettarsi nel ginepraio che sarebbe trattare col City per trovargli un’altra destinazione?

Una domanda difficile. Sicuramente stiamo parlando di un attaccante di talento che però è anche piuttosto discontinuo (e tendenzialmente poco fortunato a livello di integrità fisica anche se quest’anno non ha avuto grossi problemi), in grado di risolvere una partita con una singola giocata così come di eclissarsi completamente dall’agone, al punto che viene da chiedersi se sia effettivamente in campo o no. Non è complicato capire che l’Inter e Mancini lo stanno testando in questo scorcio conclusivo di stagione per capire se continuare a investire su Jojo e tenerlo in rosa oppure cercare di liberarsene; lo è molto di più cercare di indovinare cosa sta passando per la mente di Ausilio e del Mancio.

Avere tante alternative diverse in attacco non è un male, anzi, specialmente se pensiamo che l’anno prossimo – facendo i debiti scongiuri – l’Inter correrà su tre fronti e dunque avrà senz’altro bisogno di una rosa più profonda di quella attuale. È però anche vero che il montenegrino, a livello di rendimento stretto senza andare a guardare le cifre, ha regalato probabilmente più ombre che luci e talvolta è stato persino irritante. Ciò nonostante non si può nemmeno dire che abbia fatto male in senso assoluto: il problema di Jovetić, se vogliamo, è lo stesso di tutta l’Inter di quest’anno e cioè essere prigionieri in un limbo di aurea mediocritas dove talvolta si arriva anche vicini alle vette delle eccellenze del campionato ma, al tempo stesso, non si riesce a spiccare quel salto decisivo per salire di livello ed essere pienamente competitivi, fino in fondo. La parabola avuta fin qui dall’ex citizen stesso è forse una delle migliori metafore per definire la Beneamata edizione 2015/2016.

La situazione, dunque, lo assolve parzialmente dalle sue colpe, in quanto il contesto in cui è immerso non sempre è stato il migliore in cui distinguersi e, peraltro, non si può decidere se confermare o no un giocatore solo in base al rendimento avuto nelle ultime sette gare di campionato ma bisognerà valutare il quadro completo che, appunto, non è pesantemente negativo. Forse deludente, sicuramente altalenante e certamente misterioso ma non negativo.

Attaccanti Inter stats

Paragonato ai compagni di reparto, Jojo non ha fatto registrare numeri peggiori di chi ha giocato (magari) anche molto più di lui, anzi. I suoi passaggi chiave sono addirittura superiori rispetto a quelli di Perišić e il numero di chance da gol create è di poco inferiore a quelle di Palacio e Icardi. Ecco, è probabilmente bassino il dato dei dribbling riusciti, solo il 51,56%.

In realtà, lo scenario più probabile è che Jovetić rimarrà in nerazzurro, in parte perché è stato fatto un investimento non proprio indifferente su di lui e in parte perché sembra di poter credere sul serio nella voglia di rivalsa del giocatore. Ci sono ovviamente ben più perplessità sulla sua effettiva capacità (la volontà non pare il caso di metterla in discussione) di integrarsi davvero con Icardi: il timore è proprio che Stevan non diventi mai una seconda punta come può essere Palacio – per dirne uno – e che, anzi, rimarrà ormai un centravanti anomalo e atipico, poco incline a dividere il campo con un attaccante di peso. Ciò nonostante le sue peculiarità così singolari fanno di Jojo una carta molto interessante da giocare a seconda del tipo di partita che si vuole interpretare e, considerando che negli anni sono stati confermati giocatori che avevano fatto anche peggio di lui, non si capisce perché non cercare di valorizzarlo lungo il corso del prossimo anno, magari sfruttandolo più spesso come arma alternativa a Icardi. Anche se il sogno rimane ovviamente quello di vedere entrambi in campo assieme e, magari, capaci di sviluppare un’intesa vera ed efficace, questo è ovvio.

Il buon impatto iniziale, la voglia di mettersi in discussione rispuntata proprio adesso che si trova sotto esame, dei numeri personali non certo malvagi se confrontati a quelli dei compagni così come l’alibi abbastanza buono della fiducia non sempre granitica di Mancini nei suoi confronti sembrano essere motivi sufficienti per poter concedere al numero 10 nerazzurro di rimanere a Milano e giocarsi fino in fondo tutte le sue carte il prossimo anno. Va da sé ma patti chiari e amicizia lunga: un anno si può anche sbagliare o, comunque, non raggiungere del tutto il proprio potenziale, due no.

In attesa, si tifa per il riscatto di Jovetić. Non tanto quello del cartellino – che dovrebbe essere più o meno automatico in caso di conferma – ma piuttosto quello del campo che, val la pena ricordarlo, alla fine è quello che ci interessa di più.

Il gol migliore. O no?

Il gol migliore. O no?