21 Settembre 2019

L’Intertinente – Storia, orgoglio e banco di prova: il Derby di Conte e della sua Inter

Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri

Quando le palpitazioni scuotono il cuore e l’adrenalina scompone gli equilibri emotivi, quello è il tempo in cui la regolarità perde i propri ritmi e ciò che è ordinario si sgancia dalla normalità per congiungersi ad una dimensione di specialità. L’attesa per un Derby può essere tradotta esattamente così, o anche come lo stravolgimento psico-emozionale di un‘assemblea di fedeli, che trepida abbondantemente prima del fischio d’inizio, si immerge in un’apnea totale per 90 minuti, e si veste a festa o crolla nello sconforto a seconda del verdetto del campo.

Quello di Milano, poi, ha dei lineamenti di sacralità che pochi al Mondo eguagliano: è inscenato nella Cattedrale del Pallone – a proposito: giù le mani da San Siro, infimi speculatori politici, edili e finanziari! -, coinvolge due tra le squadre più vincenti e gloriose del Pianeta, si contorna di una scenografia che tra Curva Nord e Curva Sud – negli ultimi 15 anni, soprattutto grazie alla prima – ha riscritto la liturgia dello spettacolo coreografico, ed è un tornado di passione che trova il suo epicentro nelle 80.000 bollenti anime accomodate sugli spalti del Meazza.

Nell’istante esatto in cui scocca quest’ora, dunque, non esistono ripensamenti, né incertezze: la Storia chiama, e il blasone pretende udienza. Scazzottate, tenzoni, e malumori – sì, Marcelo e Romelu: si sta parlando con voi, benché gli incendi della piromania mediatica si spengano con l’indifferenza – si isolano, perché il predominio cittadino ha la precedenza sulle schermaglie personali.

L’ha ribadito ieri anche Antonio Conte dinnanzi ai microfoni dei corrispondenti della stampa: nessuna distrazione sarà tollerata e nessun alibi sarà addotto, in quanto in palio c’è una posta che non ammette errori. Infatti, parafrasando le parole del suo mentore Giovanni Trapattoni, il tecnico salentino ha sottolineato l’oggettiva difficoltà di essere alla guida dell’Inter – notoriamente realtà calcistica  non tutelata in modo particolare dal sistema dell’informazione -, e proprio per questo la sfida al Milan di Giampaolo di stasera diventa un banco di prova per tanti. Pure per Conte, appunto, che sebbene abbia poco da dimostrare alla luce della sua già scintillante carriera da allenatore, dovrà confermare, nel primo appuntamento di punta dell’anno, il piglio da condottiero che garantirebbe il tanto bramato salto di qualità.

Sarà altrettanto un’occasione di riscontri per la linea difensiva, che dovrà erigere nuovamente il muro di cinta e avrà bisogno di rappresentare la proiezione di Conte sul rettangolo verde: Skriniar in termini di ordine, De Vrij di costruzione, e Godin al pari di uno sceriffo della retroguardia e da trascinatore tout court.

Miglioramenti immediati ed indicazioni positive  dovranno giungere dal centrocampo, ad iniziare da Brozovic che ha bisogno di acquisire continuità di rendimento e fermezza caratteriale le quali potrebbero assicurargli un posto nella cerchia dei migliori palleggiatori d’Europa, dove Conte già prevede possa essere collocabile, sempre che rispetti il privilegio delle qualità di cui dispone. Così come Sensi ed eventualmente Barella, alla loro esordio in una Stracittadina meneghina e che desidereranno proseguire sui brillanti binari dell’avvio di stagione.

Di Lukaku, invece, sarà l’onere di imporsi a livelli che ne legittimino l’esborso più consistente, cosicché sia da reale traino per i compagni e provi che le limitazioni forzate dai dolori alla schiena vengano azzerate dall’enormità della sua intelligenza e dal tumulto della sua strapotenza. Qualora fosse gettato nella mischia, non sarà da meno Alexis Sánchez, che ha già mostrato sprazzi di ripresa contro l’Udinese ed è pronto a sfoggiare il suo talento di caratura internazionale, per lasciarsi alle spalle la sciagurata esperienza allo United. Lo stesso dicasi per Lautaro Martinez e Matteo Politano, che si spera replichino la scoppiettante gara regalata nel trionfo sui rossoneri di Rino Gattuso nel marzo scorso.

Che la Madonnina capeggi e Medolianum si illumini: la contesa è quasi aperta.

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