23 Novembre 2019

Occhi Sull’Avversario – Guida al Torino, la squadra dell’ex Mazzarri in cerca di una grande vittoria per rilanciarsi

I granata hanno bisogno di ripartire alla grande dopo un inizio di stagione difficile per rimanere al passo con le proprie ambizioni europee

Archiviata finalmente la pausa nazionali, per l’Inter di Antonio Conte è di nuovo tempo di pensare al campionato. I nerazzurri saranno ospiti sabato sera allo Stadio Olimpico Grande Torino, dove scenderanno in campo per proseguire la striscia vincente in campionato e continuare la rincorsa alla Juve, in campo alle 15.00 dello stesso giorno contro l’Atalanta. Un confronto a distanza che vedrà entrambe le pretendenti al titolo giocarsi i tre punti contro squadre ostiche e su campi storicamente difficili per entrambe: si prospetta quindi un sabato ad alta tensione e che potrebbe rappresentare uno snodo importante per la lotta scudetto che vede protagoniste le due squadre.

Ad attendere i nerazzurri, dunque, il Torino di Walter Mazzarri, in cerca di rilancio dopo un inizio di stagione molto complicato che può essere ben rappresentato dall’attuale dodicesimo posto in classifica con meno della metà dei punti conquistati dal club targato Suning. Sarebbe però molto stupido per l’Inter sottovalutare l’impegno: i granata negli ultimi anni sono stati una vera e propria bestia nera, con lo score delle ultime cinque partite che segna  tre pareggi, due sconfitte e nessuna vittoria. Andiamo allora a dare un’occhiata più da vicino alle caratteristiche e all’andamento della squadra piemontese, presentata, come al solito, in cinque punti.

LO STATO DI FORMA

Lo abbiamo detto, il Torino non se la sta passando bene. Negli ultimi sette scontri la squadra piemontese ha fatto registrare quattro sconfitte, due pareggi e una sola vittoria, conquistata per altro nell’ultima giornata di campionato disputata contro un Brescia affidato  tra le proteste dei tifosi a Fabio Grosso e che sta al momento navigando in acque ancora peggiori. E’ un dato che lascia quantomeno straniti, considerando che la rosa a disposizione di Mazzari è completa, ricca di alternative interessanti e con alcuni singoli di grandissima qualità. Senza che l’andamento a salire della scorsa stagione (fino ai riscontri promettentissimi degli ultimi mesi) lasciava presupporre un’ulteriore maturazione e crescita nel corso di questa stagione.

Concentrandoci sulle ultime tre partite, spicca senza dubbio il pesantissimo 4-0 subito in casa della Lazio, una di quelle diretti concorrenti che, in un’ottica di conferma delle proprie ambizioni, dovrebbe rappresentare un banco di prova da cui la società guidata da Urbano Cairo si aspetta ben altri risultati. C’è stato poi il derby combattuto e perso di misura contro la Juve, che, se non altro, sul piano della prestazione ha dato segnali abbastanza incoraggianti; segnali poi confermati dalla vittoria per 4-0 contro il Brescia, che però, vista la situazione, non può essere abbastanza per un Torino che dovrà dimostrare di poter essere protagonista anche quest’anno in un test molto più complicato come dovrebbe essere quello contro l’Inter.

LA GESTIONE MAZZARRI

Sin dal suo arrivo sulla panchina nel gennaio 2018, Mazzarri ha sempre avuto le idee chiare su come gestire il Torino, che, col passare del tempo, grazie al lavoro sul campo e a quello fatto dalla società in sede di mercato, si è via via modellato su misura delle idee e dei principi dell’allenatore toscano. I primi sei mesi hanno rappresentato un periodo di ambientamento tanto per lui, affacciatosi a stagione in corso in una piazza esigente ma non ancora all’altezza delle proprie ambizioni, quanto per i giocatori, che hanno gradualmente assimilato ed interiorizzato i le richieste del tecnico, deciso a costruire un sistema di gioco rigoroso e basato su un insieme di compiti ed automatismi ben precisi.

La scorsa stagione è stata quindi il vero e proprio banco di prova del nuovo Torino targato Walter Mazzarri, e i risultati sono stati assolutamente all’altezza delle aspettative: dopo un inizio a rilento la squadra è stata protagonista di un grandissimo crescendo in termini di solidità e risultati che la ha portata nella fase finale della stagione a competere addirittura per un posto in Champions League, salvo poi concludere con un settimo posto valso comunque l’accesso ai preliminari di Europa League nonostante la vittoria della Lazio in Coppa Italia grazie all’esclusione di un Milan tallonato dalla Uefa a causa dei problemi di bilancio e del mancato rispetto delle norme sul fair-play finanziario.

A livello tattico, l’allenatore toscano ha riproposto ancora una volta un sistema di gioco basato sulla difesa a tre, sulla presenza di esterni difensivi a tutta fascia e su una solidità difensiva caratterizzata da una forte aggressività tanto in fase di marcatura quanto in fase di aggressione. Un contesto tattico che ha permesso di esaltare le doti di tutti i migliori giocatori presenti in rosa, su tutti due difensori come Izzo e Nkoulou, che si sono trovati perfettamente a proprio agio all’interno della struttura difensiva imbastita dal tecnico. Impossibile non citare poi l’incredibile exploit di Sirigu, che ha fornito senza dubbio un contributo fondamentale attraverso parate strepitose e prestazioni a dir poco stellari.

Insomma, tutti i segnali lasciavano presagire la possibilità di un’ulteriore crescita e di ulteriori passi avanti nella nuova stagione, che, impreziosita dalla prospettiva del palcoscenico europeo, poteva e doveva essere quella della  grande conferma. Le cose non sono andate però come sperato, e al primo vero test della stagione, cominciata all’insegna dei preliminari di Europa League, i granata sono capitolati nella doppia sfida contro il Wolverhampton (per la verità la peggior squadra per distacco che potevano incontrare in quella fase del torneo), venendo eliminati dalla competizione ancora prima di arrivare alla fase a gironi. Le cose si sono poi messe ben presto male anche in campionato: dopo le due vittorie nelle prime due giornate contro avversarie di livello come Sassuolo e Atalanta, i granata hanno cominciato il filotto di risultati negativi e prestazioni deludenti prolungatosi fino ad ora, con l’unica altra vittoria ottenuta contro il disastroso Milan di Giampaolo.

Adesso la classifica parla chiaro, e a Mazzarri e ai giocatori è richiesta un’inversione di tendenza per risollevare le sorti di una stagione che rischia di diventare disastrosa. Le ambizioni della società sono quelle di confermare la dimensione europea solo pregustata dopo il piazzamento dello scorso anno, e la classifica è ancora abbastanza corta per far sì che questo risultato sia alla portata. Per raggiungerlo però è imperativa una reazione, e man mano che avanza la stagione le possibilità di fermarsi stanno decisamente per esaurire.

UN SISTEMA IN CRISI?

Di fronte a quanto appena descritto, resta da domandarsi come si può spiegare questo pessimo inizio di stagione della squadra granata. L’impressione, aldilà dei comunque possibili motivi legati a una preparazione estiva castrata dai precocissimi impegni europei, è che all’interno del complesso sistema costruito dal tecnico toscano qualcosa abbia smesso di funzionare. D’altronde in estate non è stato ceduto nessuno dei giocatori più importanti e l’azione della società sul mercato ha addirittura rinforzato la rosa a disposizione: oltre ai riscatti dei giocatori presi l’anno prima in prestito (Aina, Djidji, Zaza), sono arrivati rinforzi interessanti come Bonifazi (di ritorno dall’ottima stagione alla Spal), Laxalt e Verdi, che più di tutti sembrava essere il tassello mancante per garantire alla manovra offensiva della squadra il salto di qualità di cui aveva grande bisogno.

Tuttavia non solo non c’è stato un salto di qualità, ma le prestazioni della squadra sono andate addirittura a peggiorare. In tutto questo, l’elemento che più di tutti è sembrato mancare è stato l’apporto decisivo del centrocampo, l’unico reparto a non aver tra l’altro ricevuto alcun innesto rispetto alla stagione passata. All’interno del 3-5-2 di Mazzarri i tre centrocampisti devono svolgere compiti indispensabili per la tenuta dell’intero sistema, prima di tutto in fase difensiva. E’ infatti su di loro che gravano maggiormente i compiti in fase di pressing, dove devono garantire l’aggressività e la capacità di chiudere gli spazi necessaria per non lasciare la difesa in pericolose situazioni di inferiorità numerica, scenario che invece si è quasi scientificamente presentato in molte delle uscite stagionali della squadra.

Ma è anche l’apporto offensivo che sta mancando: la costruzione della manovra imbastita è lenta e troppo macchinosa, e va così a determinare una fase offensiva prevedibile e povera di creatività. All’interno del reparto stanno deludendo quasi tutti: da Meité e Lukic, fin qui incapaci di confermare le buone cose mostrate nella scorsa stagione e di soddisfare le aspettative di crescita riposte nei loro confronti, a Baselli, che sotto la guida di Mazzarri sembrava aver finalmente trovato la concretezza e la continuità che gli erano sempre mancate ma che ora sembra di nuovo perso. L’unico che sembra in grado di poter risollevare la situazione è Ansaldi, che è stato infortunato a inizio stagione e che nella scorsa, sia da esterno che da mezz’ala, aveva garantito un apporto decisivo fornendo un ampio ventaglio di soluzioni che hanno portato alla squadra un buon numero di gol e assist.

COSA NON STA FUNZIONANDO NELL’ATTACCO GRANATA

Aldilà di quello che non ha funzionato nello specifico in questi primi mesi di stagione, la fase offensiva è sempre stato l’aspetto meno esaltante e convincente del gioco del Torino di Mazzarri. I granata infatti, durante la sua gestione, hanno più volte sofferto un’eccessiva macchinosità della manovra aggravata da una scarsa quantità di soluzioni disponibili, finendo spesso ad affidarsi al cinismo e alla capacità di sfruttare al meglio i pochi episodi favorevoli o ai lampi di genio di un giocatore come Iago Falque, che finora è quasi sempre venuto a mancare a causa dei problemi fisici che lo stanno attanagliando dall’inizio della stagione (fin qui solo una presenza da titolare in Serie A).

Con lui in campo l’attacco del Toro si organizzava con una seconda punta (lui, appunto) in grado di muoversi e proporsi lungo tutta la trequarti avversaria e un punto di riferimento più stabile come Belotti, e l’acquisto di Verdi (l’investimento più alto della gestione Cairo) lasciava ipotizzare la volontà del tecnico di aumentare il peso offensivo della squadra passando dal 3-5-1-1 dell’anno scorso ad un 3-4-2-1 che, garantendo un maggiore tasso tecnico e una maggiore presenza tra le linee, avrebbe potuto risolvere i problemi offensivi messi in luce fino a quel momento. Tuttavia l’infortunio dello spagnolo ha rovinato i piani e lo stesso Verdi, non inseritosi ancora al meglio, sta rendendo decisamente sotto le aspettative.

Mazzarri quindi è ancora alla ricerca della soluzione migliore, e per il momento sta alternando una soluzione simile a quella della scorsa stagione con Verdi seconda punta ad una coppia d’attacco a tutti gli effetti con Zaza, un altro giocatore che non è riuscito a rispettare con continuità le grandi attese che hanno circondato il suo arrivo a Torino la scorsa estate. In sostanza, per quanto sulla carta l’attacco granata abbia di fatto grosse potenzialità, i risultati sul campo continuano ad essere piuttosto scarsi. Attualmente la squadra è tra le ultime in Serie A per gol fatti ed occasioni create, risultando superiore (anche se di poco) soltanto ad un Milan in crisi mistica tra i club con ambizioni di alta classifica.

AFFIDARSI AI GIOCATORI MIGLIORI

Insomma, il Torino è in crisi e per uscirne, al momento, gli appigli più sicuri sembrano ancora essere le qualità tecniche e le doti di leadership dei suoi giocatori migliori. A partire da Sirigu, che dati alla mano sta confermando le prestazioni dello scorso anno e la sua importanza per la squadra: è infatti primo tra i portieri in Serie A per media di parate effettuate a partita (4,5), una statistica che mette in luce tanto le sue doti quanto l’alto numero di occasioni concesse dalla squadra. Ed è proprio per provare a mettere una pezza a questa situazione che da Izzo e Nkoulou sarà necessario qualcosa in più, specialmente contro l’Inter, quando dovranno riuscire a reggere il peso di Lukaku ed evitare le fiammate di Lautaro Martinez.

Fondamentale dovrà poi inevitabilmente essere anche Andrea Belotti, fino ad ora l’unico vero terminale offensivo della squadra. Sono infatti suoi sette dei quindici gol finora segnati in campionato, praticamente la metà. Dopo aver vinto il titolo di capocannoniere nella stagione 2016/2017, il numero nove granata ha faticato a confermarsi ad altissimi livelli, e arrivato ormai a venticinque anni si dovrà capire se questa è effettivamente la sua dimensione o se può davvero ambire a palcoscenici più importanti. Un po’ come il suo Torino, in bilico tra le sue aspirazioni europee e la realtà dei fatti di una stagione che, se continua così, rischia seriamente di mandare all’aria tutto il buon lavoro fatto negli ultimi anni.

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