11 Luglio 2020

RIVOLUZIONE SAN SIRO – Cosa Cambierà

Un pensiero su quello che sarà il nuovo modo di "vivere" l'esperienza di San Siro

Sembra ormai sempre più vicina la buona riuscita delle trattative per la costruzione del nuovo stadio di San Siro.

Si è parlato tanto di tutti i diversi interessi che un’opera del genere può coinvolgere nel corso della sua costruzione e della sua vita futura. Ambiente, sport, finanza, urbanistica, rigenerazione, tecnologia, amore e memoria: sono solo alcune delle parole che hanno arricchito il dibattito per il nuovo stadio, elementi presi in considerazione nella progettazione e fissazione degli obbiettivi da raggiungere.

Non resta ora che aspettare qualche anno (il 2026 è la deadline per l’inaugurazione) e Milano potrà finalmente ammirare uno stadio nuovo e funzionale, moderno nelle sue concezioni e destinato a influire positivamente sul quartiere di San Siro e sull’intera città.

Quello che resta è ora quindi solo l’attesa: il tempo potrà dire, fra dieci, venti, forse trent’anni, se e come il nuovo stadio di San Siro sarà potuto entrare nel cuore dei tifosi che verranno. Quanto, cioè, il nuovo monumento allo sport milanese potrà raccogliere (e per certi versi soppiantare) l’eredità del Meazza, quella “Scala del Calcio” che, comunque, rimarrà in piedi al fianco del nuovo impianto. Per fare ciò saranno certamente necessari degli sforzi da parte dell’Inter, che dovrà saper ripetere o eguagliare la sua storia più che centenaria, fatta di sconfitte ma anche e soprattutto di vittorie.

Credo però non bastino i soli risultati sportivi a fare di uno stadio un monumento all”interismo”: per quello servono molte altre cose, che nel bene e nel male ne hanno plasmato la storia e hanno reso il Meazza lo stadio leggendario che è oggi. Le coreografie, i gesti tecnici, i cori e i colori, tutti elementi che saranno presenti anche nel nuovo stadio, e che contribuiranno lentamente alla sua istituzionalizzazione tra i tifosi.

Una cosa però più di tutte credo sia importante: che uno stadio sappia garantire ai suoi frequentatori quella ritualità familiare che accompagna per generazioni i tifosi che affollano lo stadio ogni domenica.

Un tifoso si distingue da un semplice follower per la sua maniacalità, la sua attenzione a tutti quei dettagli e abitudini che fanno parte del suo modo di intendere il calcio e la vita, e che il Meazza garantisce ai suoi settantamila ospitati ad ogni partita.

Il rito della salamella, del baretto della Curva Nord, delle birre a pochi euro prima e dopo la partita: non si sa quanti di questi aspetti troveranno posto nella cornice più moderna che ci apprestiamo a veder nascere tra qualche anno, destinati ad essere soppiantati da un altro tipo di intrattenimento e da un altro modo di “vivere lo stadio”.

Un po’ come un fedele, il tifoso appassionato vive di riti e ricorrenze, e il Meazza è la cattedrale dove la domenica si rifugia chi vede nel calcio la propria fede. Quello che forse è sempre sfuggito in tutti i dibattiti e le trattative intorno al nuovo stadio è che più che alla struttura del Meazza in sé, gli interisti sono affezionati alla cultura particolarissima che San Siro ha creato in anni di vita, e che da replicare sarà praticamente impossibile.

Con questo non sto dicendo che avere uno stadio nuovo per l’Inter e gli interisti non sarà una cosa buona, anzi tutt’altro: sono sicuro che un impianto come quello in programma avrà delle ricadute positivissime e apprezzabili fin da subito (dall’aumento vertiginoso del fatturato ad una serie di servizi che, oggettivamente, il Meazza non potrà mai offrire), ma comunque dovremo tutti abituarci al fatto che andare allo stadio non sarà più la stessa cosa.

Il nuovo San Siro offrirà un’esperienza nuova, completamente diversa da quella che il Meazza ha saputo negli anni costruire e consolidare nel cuore dei tifosi. Vedremo sparire i piccoli gestori e i bagarini, il caos e la calca prima dei match importanti sarà decisamente ridotto, i rivenditori ufficiali prenderanno il posto delle bancarelle che vendono sciarpe, magliette e cappellini fuori dallo stadio. Quello che sicuramente mancherà al nuovo stadio sarà la dimensione popolare e romantica che certe opere travolgono e sconvolgono.

Più che di un erede del Meazza sarebbe quindi più giusto dire che il nuovo stadio di San Siro rappresenta un punto di partenza e di rottura con il passato. Il tentativo di rifunzionalizzare la struttura del vecchio stadio da alcuni potrà essere preso come una buona iniziativa, da altri invece come un tentativo non proprio geniale di provare a salvare un’eredità che, purtroppo, potrebbe morire nel momento in cui cesserà la vita della “Scala del Calcio”. Non resta che lasciare ai posteri l’ardua sentenza.

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