20 Gennaio 2014

EDITORIALE – Uno psicodramma evitabile

di Giorgio Crico.

Al momento la situazione Guarin-Vucinic è stata rimandata a domani, con le parti apparentemente vicinissime. Ciò nonostante, però, nonostante l’esito prevedibile delle trattative (per forza di cose), qualche considerazione si può e, probabilmente, si deve fare.

Prima di tutto, in caso di esito negativo della vicenda, l’Inter si sarebbe ritrovata in rosa un giocatore che già pregustava il passaggio nella squadra più forte d’Italia e che ha ottime (se non sicure chance) di cucirsi nuovamente il tricolore al petto a fine anno, ancora in corsa in Coppa Italia e che parteciperà a un’Europa League la cui finale si terrà proprio allo Juventus Stadium. Inoltre, dato che questa mossa bianconera può essere con tutta probabilità volta a coprire il vuoto nella mediana di Conte che la cessione estiva di Paul Pogba lascerà, Guarin avrà molto probabilmente le possibilità di guadagnarsi un posto da titolare per la stagione 2014/2015.

Dunque come poter tornare indietro dopo aver ventilato al centrocampista colombiano un simile salto di qualità rispetto a una compagine (l’Inter attuale) in decisa fase di involuzione di gioco e risultati alla quale il suo stesso presidente ha prospettato “due o tre anni complessi” come immediato avvenire? Non si poteva.

Lo stesso Mirko Vucinic pareva completamente proiettato alla nuova avventura nerazzurra e nemmeno lui intendeva tornare a Torino per scaldare la panchina in attesa che Llorente o Tevez gli concedessero le briciole stagionali che il montenegrino non vuole assolutamente. Fare dietrofront con delle premesse del genere era francamente impossibile, soprattutto per come i due protagonisti avrebbero vissuto i restanti sei mesi che li separavano dalla fine della stagione.

Da un lato si dice che Thohir abbia bloccato la trattativa perché gradiva di più uno scambio di prestiti, dall’altro si parla invece delle pressioni dei tifosi, esemplificate dal comunicato stampa rilasciato dalla curva Nord, al quale molti altri tifosi vulgaris hanno fatto eco. La sensazione, però, è che più che una reale affezione per il Guaro o di considerarlo imprescindibile per gli sviluppi tecnico-tattici dell’Inter, il collante tra tutti coloro che considerano l’operazione un assurdo sia  il fatto che dall’altro lato del tavolo delle trattative c’è la Juventus. Con relativi spettri delle passate operazioni Cannavaro-Carini e, assai più indietro, Boninsegna-Anastasi.

Fredy Guarin in nerazzurro ha mostrato un notevole potenziale ma non è mai riuscito a esprimerlo completamente, rendendosi anche protagonista, in questa fase della stagione, di uno strano paradosso per cui spessissimo s’è ritrovato a essere decisivo pur risultando contemporaneamente avulso dalla manovra corale o addirittura quasi un ostacolo al gioco organico (i tiri da lontanissimo spediti in tribuna sono uno specchio delle tendenze individualistiche del ragazzo, così come la sua inveterata tendenza al dribbling e all’azione personale).

Quel che spaventa è la possibilità che il colombiano diventi, alla corte di Conte, uno dei centrocampisti più forti d’Europa, cosa che pare anche plausibile vedendo il rendimento del giocatore nel Porto vittorioso in Europa League nel 2011 (e motivo che ha spinto l’Inter a prelevarlo sei mesi più tardi). E di fronte a uno spauracchio simile non c’è Vucinic che tenga: probabilmente, per sentirsi compensato dalle frustrazioni e dagli scompensi emotivi che gli causerebbe vedere un Guarin disciplinato tatticamente e in formato top player, il tifoso medio nerazzurro vorrebbe in cambio Vidal, Pogba e Barzagli (magari con dei soldi).

Ma questa intricata situazione è il frutto (giustamente amaro per tutti, tranne per coloro che stanno portando a termine la transazione, che verranno comunque pagati come quando vendettero Ibrahimovic al Barcellona per 50 milioni più Eto’o) di anni di scellerata e manchevole programmazione societaria.

Ecco, per rendere l’idea, anche solo parlare di “programmazione societaria” relativamente all’Inter del post Triplete sembra quasi un assurdo linguistico. Perché lo scambio Guarin Vucinic è figlio della necessità di vendere per comprare causa bilancio, figlio della mancanza di attaccanti arruolabili e convincenti avendo in casa il solo Palacio presentabile (Milito ha disperato bisogno di minutaggio in un contesto in cui fare risultato è assolutamente prioritario e dunque il suo recupero completo appare come una chimera difficilmente raggiungibile), figlio delle dissennate operazioni di calciomercato condotte dal 23 maggio sin qui.

Lo psicodramma purtroppo andato in onda oggi è stato diretta conseguenza di una rosa costruita per metà con giocatori che aveva chiesto Stramaccioni a cui sono stati messi diversi puntelli (Wallace, Taider, Rolando) più funzionali invece alle scelte che avrebbe fatto Mazzarri, oltre che a un Belfodil arrivato in estate semplicemente per consentire al Parma di potersi permettere Cassano e agli ultimi reduci del Triplete, oltre a un paio di rinforzi arrivati giusto un anno fa per “aiutare” la risalita del Biscione stramaccioniano (Kovacic, Kuzmanovic) e qualche oggetto misterioso precedentemente acquisito (Mudingayi, Mariga). Tutto questo caos ha costretto adesso l’Inter a dover cercare una punta esperta e capace in grado di potersi subito calare nella realtà meneghina: sfumato Djordjevic, l’alternativa migliore possibile è stata evidentemente individuata in Vucinic, che la Juventus non aveva particolari problemi a cedere.

Ciò non toglie che il patetico siparietto fatto di “si fa”, “non si fa”placetnon placet tra Milano, Torino e Giacarta ha raggiunto lo stucchevole apice di un’incompetenza non solo acclarata ma ormai completamente manifesta a chiunque. Lo sputtanamento totale (perché di questo si tratta, se potete perdonarmi il francesismo) dello staff che gestisce e regola il mercato dell’Inter è ormai completo. Perché una simile operazione, se la si vuole fare, la si cerca di tenere sotto traccia il più possibile. E, una volta sbandierata ai quattro venti da chiunque, si chiude, quanto meno per salvare la faccia. Non si blocca, si riavvia e si ristoppa di nuovo come con una consolle per videogiochi che funziona a intermittenza perché, in fondo, non si sa se si sta facendo una cosa giusta o sbagliata.

E allora, come in una sorta di litania, elenchiamo alcuni nomi dei giocatori arrivati dopo il fatidico 22 maggio 2010, dei quali pochissimi sono rimasti a Milano: Coutinho, Pazzini, Biabiany, Kharja, Forlan, Zarate, Castaignos, Cassano, Silvestre, Schelotto, Gargano sono solo i nomi più grossi transitati da Appiano nel post Triplete e che sono stati rispediti al mittente senza troppi patemi. Undici nomi, praticamente una squadra intera, ai quali verranno presto aggiunti quelli di Ranocchia, Guarin e forse Belfodil. Se in tre anni e mezzo nessuno di questi, nemmeno coloro che hanno vestito il nerazzurro come Under 21 da far crescere per “rifondare su di essi l’Inter del futuro”, ha avuto una conferma tale da arrivare sino a oggi, capiamo che, probabilmente, gran parte di loro è stata comprata a caso e senza costrutto.

Ma a maggior ragione, dopo anni di beffe, operazioni inconcepibili e aberrazioni tecnico/finanziarie, il tifoso interista non meritava anche la gogna mediatica che gli è toccata oggi a partire da quando si è iniziato a sapere pubblicamente che uno dei giocatori valutato tra i migliori dell’intera rosa sarebbe andato alla non proprio compagna di merende Juventus per rinforzarla (e darle profondità in panchina) per poi restare, per poi riandare, per poi rimanere, per poi, inesorabilmente, firmare.

Si può dire tutto e il contrario di tutto ma, con la pazienza che nei fatti il pubblico interista sta dimostrando (miglior affluenza del paese intero allo stadio), almeno questo smacco gli andava risparmiato.