1 Gennaio 2019

Il 2018 di Icardi, dal ritorno in albiceleste al debutto in Champions: la crescita da leader del capitano

Il 2018 è stato un anno ricco di momenti chiave per la sua carriera, ma il percorso di crescita del capitano dell'Inter non è ancora finito

Per Mauro Icardi si è concluso un anno sportivamente intenso e ricco di momenti chiave per la sua carriera.

A partire, prima di tutto, dal disgelo nei rapporti con la federazione argentina sopraggiunto con la convocazione del c.t. Jorge Sampaoli che ha messo fine ai tempi in cui questa sembrava un miraggio irraggiungibile (a causa di motivi che, a dirla tutta, avevano ben poco a che fare con il campo). Lo stesso Sampaoli che poi con l’esclusione dalla lista dei 23 giocatori scelti per la spedizione russa gli ha negato la possibilità di debuttare al Mondiale indossando la tanto agognata camiseta albiceleste, rimandando così il suo probabile debutto nella rassegna iridata a quando avrà già compiuto 29 anni.

Poi il raggiungimento con la sua Inter al termine della scorsa stagione della qualificazione in Champions League, agguantata a suon di gol decisivi che hanno messo fine a quella che per i nerazzurri cominciava quasi a sembrare una maledizione. O il nuovo corso della nazionale argentina guidato dal tecnico ad interim Lione Scaloni, per il quale Icardi rappresenta una delle pedine chiave per la buona riuscita del ricambio generazionale che la federazione è costretta ad affrontare.

E ancora il debutto nella sopracitata coppa dei campioni, arrivato a ben 25 anni. Una situazione che ha quasi dell’assurdo se messa in confronto con i numeri che è stato capace di totalizzare negli ultimi anni, ma che ha onorato come meglio non poteva giocando da leader vero e andando a segno quattro volte nella sfortunata fase a gironi affrontata dai nerazzurri. Che ha se non altro evidenziato, qualora ce ne fosse stato bisogno, che Icardi sa essere decisivo anche contro le squadre migliori del mondo.

E’ proprio da quest’ultimo aspetto che sarà importante ripartire nel nuovo anno: a dispetto di quanto lui stesso ha precedentemente detto in un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport (“in questo sport conta fare gol. Si parla troppo spesso della mia partecipazione al gioco, che sarebbe scarsa, ma non mi importa di quello che si dice. Conosco un solo modo di aiutare i compagni e l’allenatore ed è quello di buttarla dentro”), alla sua prima esperienza nella massima competizione europea, contro squadre come Barcellona e Tottenham, Icardi ha dimostrato di poter essere molto di più di un semplice finalizzatore.

Ha dimostrato di poter aiutare la squadra a risalire velocemente il campo facendo a sportellate con i difensori avversari anche vicino alla metà campo, e di sapere giocare palla a terra  negli ultimi 20 metri in fase di rifinitura. I margini di miglioramento ci sono ancora, certo, ed è chiaro che quelle non saranno mai le sue abilità migliori. Però è quell’Icardi lì che può davvero trascinare l’Inter per fare l’ulteriore salto di qualità a cui, insieme alla squadra stessa, ha ancora bisogno di arrivare per battere i migliori.

Per un 2019 ancora più ricco di successi, Icardi dovrà saper insistere sull’integrazione all’interno del proprio gioco di quelle qualità che, insieme a un piglio da trascinatore più forte che mai, lo hanno fatto risplendere in Champions e nelle altre migliori partite di questa stagione, come il netto 3 a 0 su una Lazio battuta invece a fatica e grazie a episodi lo scorso maggio. La sua crescita va di pari passo con quella dell’Inter, e l’ideale per coronarla sarebbe sollevare da capitano un trofeo che da troppo tempo manca nella bacheca nerazzurra. Cominciando, perchè no, da quell’Europa League in cui i nerazzurri hanno promesso di arrivare fino in fondo dopo l’eliminazione in Champions.