14 Dicembre 2011

PARTITE STORICHE: Inter-Liverpool 3-0 1964/65

Ci provano sempre: quando c’è qualcosa di cui andare fieri, anche a distanza di anni devono sempre tirar fuori dei retroscena con l’intento di rovinare il tutto. Stavolta gli autori delle illazioni pericolose sono gli inglesi, quelli di Liverpool. Siamo negli anni ’60 e la città della Merseyside è una delle più famose del mondo: merito di quei quattro ragazzi che fanno pop-rock che rispondono al nome di Beatles. Ma a Liverpool si respira anche aria di crisi, perché le fabbriche chiudono, i posti di lavoro si dimezzano e il porto della città diventa un pezzo d’antiquariato. Allora cosa c’è di meglio dell’affondare le speranze di una popolazione nel calcio?!

L’ANTEFATTO – E’ la primavera del 1965, e la squadra in maglia rossa approda alle semifinali di Coppa Campioni dopo aver segnato 11 gol in due partite al Reykjavìk e 4 all’Anderlecht; ai quarti di finale la fortuna aveva sorriso ai Reds, che avevano battuto grazie al lancio della monetina i tedeschi del Koln. Ma tutto sommato con 17 gol fatti e 3 subiti in 7 partite il passaggio alle semifinali è più che meritato. E’ una vera resurrezione per la squadra inglese, una compagine che veniva da un periodo buio dopo la seconda guerra mondiale e che con il manager Bill Shankly ritrovò compattezza e voglia di emergere grazie alla fiducia riposta in una generazione di giovani scozzesi. Tra questi Ian St.John (detto The Saint) che prima riportò a suon di gol il Liverpool in Premier League, e poi contribuì alla conquista del titolo nel 1963/64 e della Coppa d’Inghilterra l’anno successivo. Proprio in quel 1965: il 4 maggio arriva allo storico “Anfield Road” la Grande Inter, campione di tutto (o quasi) l’anno precedente e pronta a dominare la scena per altre stagioni ancora. La partita è a senso unico e fortunatamente termina solo 3-1 per i padroni di casa, con unica rete nerazzurra siglata da Sandrino Mazzola al minuto 10. Poi è solo Liverpool, e gli ospiti scompaiono.

LA GRANDE INTER – Quella guidata da H.H. (al secolo Helenio Herrera) non era una squadra normale, e non perché fosse l’unica ad aver ottenuto vittorie importanti: prima di lei, il Real Madrid aveva fatto incetta di titoli; stesso discorso per il Benfica di Eusebio. Ma la Grande Inter era un misto di classicismo calcistico e di modernità che all’epoca faceva scalpore per la tipologia di calcio e per la mentalità con cui si affrontava il match. Fu la prima squadra italiana a dare rilievo alla preparazione fisica, alla rifinitura in vista della gara, alla difesa estrema della propria area di rigore, alla ripartenza fulminea. In un calcio dominato dai fuoriclasse di quel tempo (i vari Di Stefano, Puskas, Rivera, Eusebio, Sivori, Angelillo) spiccava un gruppo, che di campioni ne annoverava qualcuno, ma che pensava da squadra. Merito del maestro, del mago Herrera, un vate, secondo alcuni l’inventore del calcio moderno. Così l’Inter nel 1964 aveva conquistato la sua prima Coppa dei Campioni dominando proprio il Real plurititolato, mentre lo scudetto era sfuggito nello spareggio col Bologna. La grande occasione di centrare un double si ripresenta l’anno successivo: il campionato ormai è cosa fatta, l’Europa non ancora. Bisogna rimontare il Liverpool.

INIZIO SHOCK – Alla vigilia di quel 12 maggio 1965, la sfida tra l’Inter ed il Liverpool era considerata una mission impossible. All’epoca la regola del gol in trasferta non esisteva, per cui l’unica soluzione per passare il turno era schiantare gli inglesi con 3 gol di scarto.  Nei giorni precedenti il match, ogni membro della compagine interista aveva caricato l’ambiente, pregando i tifosi di rendere San Siro una bolgia come mai era stato fino ad allora. I presupposti in quella notte ci sono tutti: 70mila persone gremiscono lo stadio colorandolo di nerazzurro e il colpo d’occhio è stratosferico. Il Liverpool entra in campo già disorientato e bastano dieci minuti per annullare lo svantaggio iniziale. Minuto 8, punizione dal limite per i padroni di casa: Mario Corso realizza con la classica “foglia morta“, portando i suoi in vantaggio. Lo stadio si accende e ciò che succede un minuto dopo ha dell’incredibile. Dopo una rimessa laterale, Peirò indirizza la sfera all’indietro a Mazzola, che lascia rimbalzare la palla e lancia proprio il compagno in profondità. Lo spagnolo si impegna per raggiungere il passaggio ma l’uscita di Lawrence è provvidenziale. Il numero 9 nerazzurro, nello slancio, urta contro l’estremo difensore avversario finendo a terra alle spalle di quest’ultimo, ma prontamente si rialza e mentre il portiere inglese fa rimbalzare il pallone a terra due volte, alla terza se ne impossessa furbescamente e insacca nella porta sguarnita con il destro. E’ 2-0, e il sogno continua.

EQUILIBRIO STERILE – A questo punto la partita diventa una guerra, e il Liverpool riesce a uscire dalla propria area di rigore, prendendo le redini del gioco e mostrandosi padrona del campo. Ma come abbiamo già detto, l’Inter è bravissima a difendersi e i pericoli risultano essere pochissimi. Nel secondo tempo sono proprio i nerazzurri, caricati da Herrera e dai cori incessanti di San Siro, a giocare con più convinzione. Così 17′ del secondo tempo Facchetti si scaglia con rabbia nella metà campo avversaria e riceve a limite dell’area da Corso: il terzino lascia partire un bolide che trafigge l’incolpevole Lawrence e che condanna gli inglesi. Il 3-0 scuote gli avversari, ma Sarti fa buona guardia e sull’ultimo assalto salva la sua squadra. L’arbitro fischia la fine e tutta la gioia della Milano nerazzurra può esplodere  per un’imprese epica. Allo stadio lo speaker, d’accordo con Sandro Mazzola, fa partire un vinile con “When the Saints go marching in” e la festa ha inizio: l’Inter è in finale di Coppa Campioni per il secondo anno consecutivo, e stavolta la giocherà davanti al proprio pubblico davanti al Benfica di Eusebio.

OMBRE INUTILI – Negli anni successivi, probabilmente per spiegare in qualche modo subdolo lo strapotere dell’Inter in quella stagione, al di là della Manica qualcuno ha provato a gettare fango su quella vittoria, parlando di favori arbitrali e di un giro di corruzione in cui il presidente Angelo Moratti giocò una parte determinante insieme a Italo Allodi. Ma le chiacchiere le porta via il vento, e se dopo 50 anni c’è chi canta i Beatles, non ci stupiamo certamente di coloro che sentono ancora nelle orecchie il tifo assordante di quel 12 maggio San Siro e di chi addirittura ascolta i vinili di Louis Armstrong sorridendo e pensando alla gioia di un’impresa eroica.

INTER-LIVERPOOL 3-0 (2-0) MARCATORI: 8′ Corso, 9′ Peirò, 62′ Facchetti INTER (4-4-2): Sarti; Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. Allenatore: Helenio Herrera LIVERPOOL (4-4-2): Lawrence; Lawler, Moran; Strong, Yeats, Stevenson; Callaghan, Hunt, St. John, Smith, Thompson. Allenatore: Bill Shankly ARBITRO: Ortiz de Mendebille (Spagna)

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