3 Marzo 2018

Milan-Inter, Gattuso: “Spalletti mi spaventa, è un grandissimo. Non mi piace che dicano che siamo noi i favoriti”

Le parole del tecnico del Milan nella conferenza stampa pre derby contro l'Inter

Giornata di conferenza stampa anche per il Milan di Gattuso, il quale ha parlato in occasione della vigilia del big match di domenica sera contro l’Inter di Spalletti. Ecco le sue dichiarazioni.

Obiettivi – “Mi piacerebbero tante cose: vincere il derby, la finale di Coppa Italia, l’Europa League, andare in Champions. Ciononostante, dobbiamo tenere i piedi per terra e lavorare con umiltà. A noi queste gare servono per alzare l’asticella, si cresce così, più velocemente. Questo gruppo aveva bisogno di queste partite, perché è solo così che si fa mentalità”.

Distanza in classifica – “Nelle ultime quattro gare senza Icardi, hanno cambiato modo di giocare e hanno grandi numeri. Sono i migliori, in chiave cross, poi sanno come lavorare su più concetti. Sono difficili da affrontare”.

Inter – “Temo la storia del derby. Quasi sempre, vince la squadra che è in difficoltà. Abbiamo vinto il derby di Coppa Italia quando eravamo alla canna del gas. Dobbiamo stare attenti perché non mi piace che dicano che siamo i favoriti. Loro sono davanti a noi di otto punti e sono più forti di noi. Mi spaventa Spalletti, perché è un grandissimo. Ha esperienza ed è molto preparato, sa come affrontare queste gare. Dobbiamo leggere al meglio la partita”.

Stanchezza della squadra – “Credo che la squadra sia pronta per il derby, abbiamo anche riposato, i ragazzi sono freschi. Non possiamo sbagliare e non c’è alcun alibi. Se vogliamo pensare alla Champions, non possiamo sbagliare, è una finale. Ci giochiamo tanto, anzi, tutto”.

Derby: “Da giocatore, potevo sfogarmi di più, mentre, da allenatore, è molto più difficile. Dobbiamo essere umili, rispettosi nei confronti dell’Inter e coscienti di quello che dobbiamo fare. Loro possano ancora sbagliare, noi no. Dobbiamo fare le cose per bene e giocare senza il braccino. E non voglio sentire la parola stanchezza, nessun alibi. Voglio undici avvelenati”.

Sulla presenza di Yonghong Li: “Sapevo che il presidente sarebbe venuto a vederci, poi, domani, starà con la squadra e staremo insieme. Dà la sensazione di esserci, come dico da sempre, poi, domani, trascorrerà 3 o 4 ore con noi”.

Sul fatto che il Milan possa essere considerato una big: “Questo club ha scritto la storia. Il momento, ora, è negativo, ma rimane comunque il top mondiale. Quando un calciatore arriva al Milan, è in un grande club, perché c’è tutto: organizzazione, lavoro 24 ore su 24 e molto altro”.

Conti: “No, assolutamente no. Si allena con noi e settimana prossima farà dei test. Prima di tornare in campo con noi, giocherà delle gare in Primavera. Spero di poterlo mandare in campo con la Primavera tra quindici giorni”.

Momento della squadra – “Non ho detto che siamo stanchi e non voglio assolutamente sentire alibi. Domani parlerò con i ragazzi e vedrò chi è al 100%”.

Derby di Coppa Italia – “Pensavo solo a vincerlo e a riscattare la sconfitta contro l’Atalanta. In quel periodo, al primo schiaffone, lasciavamo il campo. Sapevo che quella gara potesse farci svoltare, ma io pensavo solo alla vittoria”.

Milan in gioco su tre fronti: “Al mio arrivo, abbiamo cominciato a lavorare ed ero certo dei valori di questa rosa. Ora temo che i ragazzi possano pensare di essere bravissimi e fortissimi, non scordiamoci da dove siamo partiti. Non abbiamo fatto nulla e dobbiamo diventare ulteriormente squadra. I presupposti per fare qualcosa di importante ci sono, ma non devono mancare il sacrificio e la voglia di allenarsi. Ripeto, ho la paura che qualcosa possa cambiare e devo essere io bravo a continuare e martellare”. 

Kalinic – “Proteggo sempre i miei giocatori, finché hanno voglia e rispetto dello spogliatoio e dei compagni. Io posso dar loro anche il mio cuore e a Nikola continuerò a dare opportunità, perché è forte, si deve riprendere. Al gol da lui sbagliato mercoledì, ho sperato di passare, altrimenti lo avremmo perso, ma lui è forte ed è un attaccante vero. Gli ho parlato spesso, così come gli hanno parlato anche i suoi compagni. Ma questo trattamento non va solo a lui, va anche a chi sta giocando meno. È questo il senso di appartenenza. E poi spero che San Siro mi aiuti e ci aiuti: André Silva e Kalinic vanno aiutati, meritano meno fischi e qualche applauso in meno”.

Obiettivi –Mi piacerebbero tante cose: vincere il derby, la finale di Coppa Italia, l’Europa League, andare in Champions. Ciononostante, dobbiamo tenere i piedi per terra e lavorare con umiltà. A noi queste gare servono per alzare l’asticella, si cresce così, più velocemente. Questo gruppo aveva bisogno di queste partite, perché è solo così che si fa mentalità”.

Icardi: Sono preoccupato, è uno dei più forti al mondo. Si muove in maniera incredibile, pochi sono meglio di lui. Non sbaglia mai, è un cecchino. Se ha una o due occasioni, non perdona mai. Ma anche Candreva e Perisic sono giocatori di altissima qualità. Dobbiamo stare molto attenti”.

Tenuta fisica: “L’Inter è davanti a noi e questa cosa, in campo, peserà. Dobbiamo farci trovare pronti e con le gambe belle piene e pimpanti. Dobbiamo essere pronti a lottare. Per noi, sarebbe facile dire che siamo stanchi, ma, nel derby, si scrive la storia e questo è fondamentale per i ragazzi. Non può e non deve mancare l’entusiasmo”.

Biglia: “Un mese fa, lo massacravate, ora è in crescita. Ma tutti sono migliorati, anche Kessié, Montolivo e Locatelli. Lo stesso Çalhanoglu, che è attaccante, ma fa tutti i ruoli, quando deve difendere. Quando parlo di difesa, lo deve fare tutta la squadra. I due esterni d’attacco scendono ad aiutare i terzini. È vero che la linea di difesa ora è stretta e compatta, ma perché tutti lavoriamo sodo”.

Paragone con Conte: “Quando vincerò quello che ha alzato Antonio e avrò 300 panchine in Serie A, allora, si faranno i paragoni. Ora gli assomiglio soltanto a livello caratteriale. Essere paragonato a lui è un grandissimo onore. Io devo essere credibile con quello che propongo alla squadra, ma io ho vissuto 14 anni al Milan. La società era diversa, ma la differenza veniva fatta dagli uomini in campo, il mio dovere è far rispettare le regole e la maglia. Il segreto, per anni, è stato il senso di appartenenza, ogni giorno in cui eravamo a Milanello, eravamo a casa. Voglio che torni tutto questo, perché così si può crescere”.

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