29 Settembre 2017

Sosa: “L’Inter può competere per il titolo. Come Baggio non se ne vedono più”

Le parole dell'ex calciatore di Inter e Lazio sulla stagione di Serie A 2017-18

Ruben Sosa, ex attaccante dell’Inter e della Lazio, ha parlato a TMW Radio, nel corso della trasmissione ‘Due in Fuorigioco‘, della stagione di Serie A e delle squadre in lotta per i primi posti. Ecco le sue parole: “La Juventus vince da tanti anni ma il Napoli e la Sampdoria, per ciò che fanno vedere in campo, sono le formazioni che apprezzo. Ovviamente tengo sempre d’occhio Lazio e Inter perché è lì che sono stato. I nerazzurri, dopo tanto tempo senza vittorie, devono mettere su una squadra in grado di competere per i titoli. Il suo blasone lo richiede. Direi comunque che questa squadra è già fortissima, tra le migliori d’Italia. La Lazio invece, nel complesso, deve cercare di fare qualcosa in più. Cavani-Neymar? È difficile. Edinson è a Parigi da quattro anni e merita di continuare a calciare i rigori come ha sempre fatto. Da ex calciatore è stata davvero una brutta situazione da osservare. Credo che l’abbraccio andato in scena durante la gara di Champions sia finto. Costruito per la televisione. A me in passato non è mai successo: se un compagno fosse venuto a chiedermi il pallone perché sicuro di voler calciare, non ci avrei pensato due volte a darglielo. Oggi le cifre sui bonus sono talmente elevate da non riuscire a mantenere gli equilibri tra due campioni”.

Io ho giocato con grandissimi campioni. In Italia non riesco ancora a trovare un fuoriclasse come ad esempio Roberto Baggio. Ce ne sono tanti di bravi ma a quel livello ancora non ne vedo. Torreira è molto tecnico, Hernandez ha messo la testa a posto, Lores Varela ha grande talento. I calciatori uruguaiani giocano un calcio molto diverso da quello che si è abituati a vedere in Europa. Questo perché la maggior parte di loro cresce giocando per strada, senza frequentare scuole calcio. Una volta passati nel Vecchio Continente, modificano radicalmente le loro caratteristiche tecniche, allenandosi come non facevano prima. Prima era invece solo calciare il pallone per far gol, divertendosi a stare tutti insieme per qualche ora. Io stesso ho iniziato a giocare all’età di cinque anni e dieci anni dopo ero un professionista. C’è una differenza importante in questo senso con l’Europa: da noi, se a quindici anni sei bravo, ti lanciano già sui campi della massima serie. Gestisco una scuola calcio che vede spesso approdare bambini di quattro anni. Basta dargli un pallone e sono felici. La nostra nazionale, se guardiamo alla strapotenza di Brasile, Argentina e Colombia, spesso fa miracoli. Ci manca un punto per andare al Mondiale e questo vuol dire tantissimo”.

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