27 Marzo 2020

Bastoni si racconta: “Inter? Temevo di non essere all’altezza. Oggi sogno di essere capitano”

Il difensore dei nerazzurri si confessa in una lunga intervista tra sogni e aneddoti del passato

In una lunga intervista concessa sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, il difensore dell’Inter Alessandro Bastoni sceglie di raccontarsi, parlando della sua esperienza in nerazzurro, fissando i suoi prossimi traguardi ed analizzando i suoi sogni da calciatore.

INTER“Avevo paura, temevo di non essere all’altezza dell’Inter. Conte mi chiamò prima di arrivare in ritiro. Mi tenne al telefono 15 minuti, mi disse “di cosa ti preoccupi? Se sei all’Inter c’è un motivo, presto lo scoprirai. Sei qui perché ti ho voluto io”. Ero spaventato, avevo paura di non essere all’altezza del grande salto. Poi ho capito che non importava il cognome. E che i compagni erano tutti come me, con le mie stesse forze e le mie stesse debolezze”

ESORDIO“In settimana avevo avuto qualche sensazione… Conte non mi disse nulla, è la sua forza. Mi trattò come uno che giocava nell’Inter da 15 anni”

CORONAVIRUS“Ho tanti amici a Bergamo, sono fortunato, nessuno di loro è coinvolto direttamente. Il calcio si sarebbe dovuto fermare prima? Non saprei, di sicuro è una storia che fa pensare, da non prendere sottogamba. Tornare a giocare? Vorrei, è la mia e la nostra speranza, scendere in campo il prima possibile. Ma la priorità adesso è la salute di tutti. Virus? Non sono ossessionato, né ipocondriaco. Ma guai a sottovalutarlo. E aggiungo: quando si tornerà a giocare, lo si faccia col pubblico. Senza la gente il nostro sport è perdente”

ISOLAMENTO“Le giornate le ho trascorse al telefono con Skriniar. E alla playstation con Esposito: giochiamo a “Fifa” insieme, io e lui le due punte. Chi è più forte? Nettamente io. Anche se il più scarso di tutti è Melegoni dell’Atalanta”

EUROPEO “Sarei sciocco a dire che non ci faccio un pensiero, impossibile non farlo. L’Italia è la maglia di tutti, non ci sono tifosi, è il sogno di chiunque. E anche il mio”

TRAGUARDO“Il traguardo me lo tengo per l’Inter: tengo a questo club, voglio vincere qui. E, se si torna a giocare, siamo ancora in corsa su diversi fronti per farlo già in questa stagione”

ATALANTA“Mio papà mi portava tre volte alla settimana da Piadena a Bergamo, 130 km ad andare, 130 a tornare, più la partita il week end: totale, 1000 km a settimana. Col mio stipendio di oggi pago ancora la benzina dei miei genitori”

RIPENSAMENTI“Pensato di mollare? Una volta sola. Negli Allievi, giocavo sotto età con i ‘98. Anzi, non giocavo mai. E lì la famiglia mi ha aiutato. A partire da Luca, mio fratello maggiore: il 95 che indosso è il suo anno di nascita. E sui due parastinchi ci sono le foto dei miei due fratelli”

INFANZIA“A 7 anni non avevo una squadra, giocavo all’oratorio del paese. Una mia compagna di classe mi vide e disse al papà, osservatore dell’Atalanta, di venire a darmi un’occhiata. E da lì è cominciato tutto. Un’esperta di calcio? In realtà no, non so perché fece il mio nome…però per ringraziarla ogni anno le mando una mia maglia”

PLUSVALENZA“Non me sono mai preoccupato. Sa come è andato il mio trasferimento all’Inter? Il mio procuratore, Tinti, mi convoca all’autogrill a Parma. Scendo dall’auto, inizia a parlare, mi fa “ti vuole l’Int…”. Non l’ho fatto neppure finire, “sì sì, andiamo”. Dei 31 milioni ho saputo dopo”

TRA 10 ANNI“Dove mi vedo? All’Inter, con qualche trofeo in bacheca. E magari capitano”

 

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