29 Dicembre 2017

Inter, senti Bellugi: “Moratti, che regali! E quelle scappatelle durante i ritiri…”

L'ex giocatore nerazzurro ha svelato diversi aneddoti della sua carriera
Bellugi Inter

Mauro Bellugi è stato protagonista per ben cinque stagioni con la maglia dell’Inter, dal 1969 al 1974. Intervistato dal Guerin Sportivo l’ex difensore ha svelato diversi aneddoti interessanti della sua carriera in maglia nerazzurra, in particolare su Angelo Moratti. Queste le sue dichiarazioni: “Nel suo ufficio alla Saras per il mio primo contratto da professionista. Italo Allodi, una persona per me fondamentale al pari dell’avvocato Prisco, mi chiese se mi fossi preparato per l’appuntamento. Poi, il faccia a faccia. So che sei toscano, mi disse, sono molto curioso”. Dicendo così, mi mise davanti un contratto in bianco. Io firmai e scappai di corsa”
E la cifra? “La mise lui: trentatré milioni all’anno. Ma la cosa più incredibile successe tempo dopo: mi chiama la Robotti (la segretaria) ed io vado alla Saras. Mi dice: il presidente ti vuole offrire la vacanza in Sardegna, a Stintino. Queste sono le chiavi di casa. E’ tua, te la regala. Rimasi ghiacciatoAngelo Moratti era una persona straordinaria. Ci trattava come figli. A Picchi regalò una Jaguar, a Corso un Mercedes “Pagoda”. Lady Erminia invece donava sterline e marenghi d’oro. Una grande e bella famiglia. Io sono molto legato a loro, mi vedo spesso con Bedy e do il mio contributo per San Patrignano».

Poi una rivelazione sui ritiri: “Trovavo il modo di scappare. Una volta eravamo a Villa Sassi a Torino.Durante la notte lasciavano liberi due mastini napoletani a fare da guardia. La scappatella mi costò un occhio: due filetti all’andata e due al ritorno per tenere buoni i cani». Tuttavia sono l’alcol e il fumo i veri nemici dell’atleta. All’Inter ho pagato tante multe. Ogni volta che non ero in casa all’ora stabilita, erano centomila lire, e parliamo di quasi cinquanta anni fa. Qualche volta mi ha salvato Bordon, che era il mio compagno d’appartamento. Ivano era un professionista serio: quando il mister telefonava, lui mi copriva le spalle. Non sai quante volte nel cuore della notte, mi sono messo a suonare la chitarra e cantare, mentre lui voleva dormire. I miei compagni erano contenti che io facessi un po’ la testa matta, altrimenti non avrebbero più giocato! Glielo dicevo sempre: io sono più forte, faccio le bischerate, così mi mettono in punizione. A parte le battute, Giacinto Facchetti più di una volta ha cercato di farmi cambiare atteggiamento, ma invano. L’unico che aveva un po’ di presa su di me era Burgnich, ma perché mi faceva paura. Una volta, durante un pranzo, perse la calma e lo dovettero tenere in quattro. Quando ne avevo combinata una più del solito, mi diceva: tu stasera vieni in camera con me. E domattina alle sei andiamo a messa. E io con lui stavo buono. E per un po’ non facevo cazzate»

Chiosa finale sulla Nazionale del 1974 e il match con la Polonia: “L’accordo per combinare la partita c’era, ma poi saltò. Dovevano star fuori alcuni giocatori, ma alla fine fu 2-1 per loro e noi andammo a casa. Ci diedero in anticipo i soldi per il passaggio del turno, che poi fummo costretti a restituire”.

 

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