2 Aprile 2020

Bergomi: “Quando vidi Zanetti per la prima volta dissi: ‘Ahia, questo è forte!’. Su Eriksen vi dico che…”

Lo Zio era in collegamento in diretta su Sky insieme all'attuale vicepresidente nerazzurro
bergomi inter

Ospite insieme a Javier Zanetti nel consueto appuntamento pomeridiano di Sky chiamato #CasaSkySport, Beppe Bergomi ha parlato insieme all’altro ex capitano dell’Inter dei temi del momento e delle loro carriere. Ecco le sue parole.

Campionato cancellato in Belgio – «È una scelta comprensibile e va accettata, come diceva Javier bisogna comprendere anche la psicologia dei calciatori. Poi assegnare il titolo è secondario: io penso che in alcuni campionati, come la Premier, non assegnarlo sarebbe assurdo. Qui da noi, invece, sarebbe più difficile vista la minima distanza tra le squadre in vetta. Comunque non mi sorprende la decisione del Belgio, così come anche altri sport stanno valutando di fare».

Playoff per lo Scudetto – «Per quanto riguarda questo io sono sempre stato contrario, perché cambiare un regolamento in corsa diventa difficile, così come anche coinvolgere più squadre rispetto ad Juventus, Inter e Lazio. Al limite si può inserire una quarta, ma poi le altre sono troppo distanti e non sarebbe giusto. Se vogliamo trovare una formula per poter assegnare il titolo forse questa è quella corretta, dando però dei vantaggi a chi occupa le posizioni migliori».

Beppe Bergomi sul suo passato all’Inter

Partita e allenatori più impressi – «Ce ne sono tante, ma io ricordo Inter-Aston Villa 3-0, perché diede il via alla successiva vittoria della Coppa UEFA. Tra gli allenatori invece direi Giovanni Trapattoni».

Zanetti – «Il calcio negli ultimi anni è cambiato tantissimo, ma Javier è stato straordinario. Io fui il primo ad accoglierlo a Milano, da capitano, e me lo ricordo. Ma quello che ricordo sempre fu il primo allenamento, nel quale non toglievi mai la palla a questo ragazzo. Da lì dissi: “Ahia, questo è forte, qualcuno rimarrà in panchina”. E infatti ne mise tanti in panca (ride, ndr). Poi si giocava ancora con i marcatori e con il libero, però il suo ruolo poteva essere interpretato, soprattutto in termini di leadership».

Interismo – «Essere nerazzurri vuol dire tanto. Ogni squadra ha il proprio DNA e i propri valori, e quelli dell’Inter non sono migliori o peggiori, sono diversi. Io e Javier abbiamo fatto il capitano, e quella fascia voleva dire essere un esempio, trasmettere i valori ed il senso di appartenenza che accomunano questi colori. Anche l’inno, con la canzone “Pazza Inter”, porta a questo. I tifosi sanno cosa vogliono dai giocatori, e cioè che sudino la maglia fino in fondo. Il DNA dell’Inter è unico».

Eriksen davanti alla difesa – «Io sono stato quello che all’inizio aveva individuato le criticità che avrebbe potuto avere questo ragazzo. Io non penso possa giocare lì, anche se ha i tempi di gioco e ottimi piedi. Lui non ama molto il contatto fisico, ma in quella zona di campo devi averlo. Lui sa calciare bene in porta e ti sa dare la palla importante, quindi deve giocare più avanti».

Ronaldo il compagno più forte – «Vi sorprenderò, non vi dico lui: davanti ci metto Lothar Matthäus. Per mentalità, era un vincente assoluto. Però per tecnica e velocità non ho mai visto nessuno fare le cose che faceva Ronaldo».

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