1 Ottobre 2019

Eto’o: “Inter, sogno di festeggiare la Champions a San Siro! Lukaku? Vedrete quanti gol farà…”

L'ex centravanti nerazzurro: "Conte non perde mai di vista la vittoria finale: sono in pochi, di quella razza"
eto'o inter

Nel corso dell’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, Samuel Eto’o ha parlato anche di Barcellona-Inter, sia in chiave partita che avrà luogo domani che ricordando episodi del suo passato, nel quale ha giocato in entrambi i club. Ecco le sue parole.

Inter-Barcellona 2010 in una sequenza – «In due sequenze. La prima: Materazzi e Balotelli dopo la partita di San Siro. Non posso spiegare cosa successe, ma se rivedo l’immagine di quello spogliatoio rivedo lo spirito del nostro gruppo. Se ci sono due persone che amano davvero l’Inter sono il signor Massimo Moratti e Marco Materazzi. A Marco dissi: “Chapeau, uomo vero”. E a tutti gli altri: “Questa eliminatoria la passiamo noi”. La seconda, al Camp Nou. Ero stanco morto, Zanetti se ne accorge, mi viene vicino e mi parla piano: “Sigue negro, sigue: insisti, manca poco, ancora un po’, ancora un po'”. Le confesso una cosa: ogni volta che vedo una partita dell’Inter sento ancora quella voce di Pupi».

Inter e Barcellona il meglio della carriera – «No, il meglio è stato il Maiorca. Ma il punto d’onore della mia carriera sì: al 50% Inter e al 50% Barcellona. Il Barça è stato la vetrina che mi ha permesso di far sognare a milioni di ragazzi africani che tutto è possibile nella vita. L’Inter lo ha confermato, è stata il punto successivo: due Triplete di seguito con due squadre diverse. E mi ha confermato che avevo fatto bene a non ascoltare chi mi diceva: “Non devi andare in Italia, lì la gente di colore ha problemi”. Meno che in altri posti, in realtà».

Rimpianto Balotelli o errore di valutazione – «A Mario voglio bene come a un fratellino, ma non ha mai giocato neanche al 10% delle sue qualità: il Mario che vedevo in allenamento quando aveva voglia, non si è mai visto in partita. Peccato, in alcuni momenti ha saputo segnare i cuori di chi lo guardava, ma avrebbe potuto segnarli tutti i giorni per vent’anni».

Mourinho fuori dai giochi da troppo – «Nel calcio ci sono momenti in cui è bene fermarsi un attimo. Per vent’anni è stato abituato ad allenare, lottare, vincere, a lavorare per migliorare i suoi giocatori: mi piacerebbe se fosse sulla panchina del Barcellona o del Camerun, ma sono anche contento di vederlo rilassarsi un po’. Non più che fino alla prossima stagione, però».

Cosa ha insegnato Mourinho – «Gennaio 2010: torno dalla Coppa d’Africa e mi tiene fuori per quattro partite. Quattro. Chiedo di parlargli, ero molto incazzato. Mi parla: “Tu sei il mio giocatore migliore, ma la squadra sta funzionando bene senza di te”. Quelle parole cambiarono molto il mio modo di vedere le cose. E imparai che a volte, anzi quasi sempre, è il gruppo la stella della squadra. Non solo nel calcio».

Derby – «Sì, l’ho visto e ho visto che ci sono i giocatori, c’è l’allenatore, un club che sta mettendo molti soldi, uno dei migliori pubblici del mondo. Non sono un mago, ma il mio sogno è venire a festeggiare a San Siro la prossima Champions vinta dall’Inter: sento l’energia giusta per sognare cose grandi».

Giocare a San Siro – «Non è detto che non possa giocarci un’altra volta…».

Conte – «Non perde mai di vista la vittoria finale: sono in pochi, di quella razza».

Inizio deludente del Barcellona in Liga – «Perché il santo Messi ha giocato pochissimo: se lui c’è, è il Barcellona. Se Messi non c’è, si nota che il santo non c’è. Spero non giochi contro l’Inter, per il mio cuore: deve essere 50-50, se gioca Messi è più difficile che sia 50-50 la partita».

Lukaku – «In campo e fuori dal campo. Siamo stati insieme all’Everton: grande e grosso ma è come un bebé, però molto intelligente anche se giovane e infatti ha detto cose importanti sul razzismo. Ci sono calciatori che si sentono stelle e altri persone normali: lui è nel secondo gruppo. E vedrete quanti gol farà».

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