4 Settembre 2019

Tredici anni dalla morte di Giacinto Facchetti: storia di una bandiera, prima da giocatore e poi da dirigente

La leggenda nerazzurra se ne andò prima dell'epopea di Massimo Moratti

Attenzione, perché qui si entra nel campo delle leggende: una leggenda interista, prima da giocatore, poi da dirigente e presidente, sempre e comunque nerazzurro: ricorrono oggi i 13 anni dalla morte di Giacinto Facchetti – avvenuta appunto il 4 settembre 2006 – che portò via con sé un uomo il cui nome è scolpito nel marmo della storia dell’Inter, cui sono stati dedicati libri, canzoni, memorie, di tutto e di più. Fu un interista sino alla morte, letteralmente.

Una carriera da giocatore disputata solo con una maglia, quella nera e blu. La numero 3, peraltro ritirata in suo onore, con cui Cambiasso sfilò al Bernabeu dopo la vittoria della Champions League nel 2010. Tra il 1961 ed il 1978 (anno del ritiro) Facchetti è sceso in campo 634 volte difendendo la società meneghina, mettendo a segno anche il ragguardevole numero di 75 gol (niente male, per un difensore). Poco meno di un centinaio di partite anche con la Nazionale, in cui giocò tra il 1966 ed il 1977, vincendo l’Europeo del ’68, l’unico mai vinto dagli azzurri. La storia, poi, si sa: fu dirigente e successivamente presidente, tra il 2004 ed il 2006: poi se ne andò, a causa di una malattia, prima di assistere alla seconda epopea morattiana dell’Inter, quella di Massimo. E dopo aver partecipato – in prima persona – a quella di Angelo.

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