6 Marzo 2020

Riccardo Ferri: “Difesa dell’Inter fuori dal comune. Quando mi ruppi il braccio pensavo di non giocare più”

Lo storico centrale nerazzurro commenta poi la scelta delle porte chiuse: "Doveroso, perché la salute deve essere messa al primo posto"
ferri inter

A presentare l’importante Juventus-Inter in programma domenica sera all’Allianz Stadium, dal sito ufficiale nerazzurro Inter.it parla Riccardo Ferri, storico ex difensore nerazzurro. Ecco le sue parole.

Diversità – «Adesso c’è da non crederci, ma una volta era proprio così. Soprattutto se avevamo la partita in casa la domenica, e non importa che fosse una sfida qualsiasi o Inter-Juventus: stavamo in ritiro, arrivavano i nostri amici, si giocava alla carte, a biliardino, a biliardo. Sembrava di stare all’oratorio, era un calcio diverso».

Chiamata dell’Inter – «Non capitava tutti i giorni che un ragazzino di paese finisse nel settore giovanile dell’Inter. Le emozioni di quei giorni le rivivo ancora oggi, vividissime. Quello resta il periodo più bello della mia vita».

Infortunio – «Mi ruppi un braccio, una frattura brutta e scomposta. C’era la possibilità che non tornassi più a giocare, invece esordii con l’Inter l’11 novembre 1981, con Bersellini».

Figurine – «Sono quelle delle figurine con cui giocavo. Le scambiavo, ci vedevo sopra Zoff, Cabrini, Brio, Gentile. Poi, senza quasi accorgermene, mi trovai in campo, a sfidarli. Ma non ci ho mai perso il sonno, era più l’entusiasmo e la felicità di essere lì, a vivere quei momenti».

Partita con la Juve – «Quella di Torino è sempre stata una trasferta tosta, la Juventus ha sempre lasciato poco agli altri sul suo terreno di gioco. Una sfida complicata, allora come oggi: dal punto di vista caratteriale, tecnico e tattico. Anche se, lo confesso, la sfida che mi esaltava, che mi faceva emozionare più di tutti, era per forza di cose il derby con il Milan. Per me, interista, era il massimo».

Miglior Inter-Juve – «A 21 anni mi sono ritrovato a marcare Platini, poi mi toccavano sempre gli attaccanti più rapidi e insidiosi, come Paolo Rossi, Rui Barros o Ian Rush. Mi porto nel cuore l’Inter-Juventus dell’11 novembre 1984. Vincemmo 4-0, una partita dominata, con tre gol di testa su quattro. Segnammo io, Rummenigge (due volte) e Collovati. Il gol non me lo posso dimenticare, il mio primo in Serie A, per giunta contro la Juve: punizione dal lato sinistro dell’area, cross di Brady. Io avevo forza e talmente tanta esuberanza che saltai più in alto di Rummenigge, anticipandolo. Poi corsi ad abbracciare il mio mentore e riferimento, Gian Piero Marini. Con il quale, poi, nel ’94, mi congedai dall’Inter con la Coppa Uefa».

Porte chiuse – «Doveroso, perché la salute deve essere messa al primo posto. Non mancheranno le motivazioni, perché se è vero che è sicuramente diverso dalle sfida con il pubblico, resta un crocevia importante per il campionato».

Difesa di ferro – «Sì, ci sono analogie con i miei tempi. Il calcio ovviamente è cambiato, ma tutti i centrali dell’Inter hanno dimostrato di avere delle capacità tecnico-tattiche fuori dal comune».

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