7 Febbraio 2020

Mazzola: “Derby? Non ci sarà partita. Eriksen mi piace tanto, con la Juve gap ridotto”

L'ex centrocampista non ha dubbi sull'esito della stracittadina milanese
mazzola inter

Uomo che di derby ne ha vissuti parecchi sulle sue spalle, chi meglio di Sandro Mazzola poteva anticipare il derby di domenica sera che Inter e Milan si giocheranno in un San Siro stracolmo di tifosi. Ex centrocampista e bandiera nerazzurra, per Mazzola non ci dovrebbe essere storia almeno sulla carta tra la formazione di Antonio Conte e Stefano Pioli. Sempre l’ex calciatore, ai microfoni di Ok Calciomercato, ha raccontato qualche curioso aneddoto sui derby giocati da lui in passato contro i rossoneri. Ecco le sue parole:

IL DERBY DI MILANO – “Il problema è andare in giro in città, perché le persone ti fermano: quelli dell’Inter mi fermavano per caricarmi, quelli del Milan per schernirmi. Arrivavi al derby che eri pieno di tensione. Io ricordo soprattutto il primo: i primi 5 minuti praticamente non giocavo la partita, osservavo gli spalti, i compagni, gli avversari; poi sono stato fortunato perché ho fatto gol e per me la partita era finita. Dopo non vedevo l’ora di andare all’oratorio per raccontare tutto, perché tutto è iniziato lì. Avevamo un prete, interista, che era un fenomeno a calcio, tant’è che aveva chiuso una via e aveva messo due porte, e ricordo che giocavamo su un terreno non proprio da gioco e quando tornavamo a casa le nostre mamme ci rimproveravano per aver distrutto le scarpe. Quando ha saputo che giocavo nell’Inter, Don Giordano è venuto a San Siro: il guardiano dello stadio, un’ora e mezza prima della partita, mentre ero negli spogliatoi, mi raggiunse e mi disse che fuori c’era un prete che mi cercava e che non aveva i soldi per comprare il biglietto. Chiaramente lo feci entrare e gli feci guardare la partita in tribuna d’onore e quando segnai andai sotto la tribuna a salutarlo. Dopo la partita chi aveva vinto andava in giro sventolando le bandiere, mentre chi perdeva doveva nascondersi”.

ALCUNI ANEDDOTI – “Ho avuto un maestro come allenatore nella mia carriera, forse il più grande calciatore italiano, Giuseppe Meazza. Ci ha insegnato il calcio in maniera straordinaria, non con le parole, ma con gli esempi: si metteva lui davanti a farci vedere come si calciava di interno, di esterno, come si portava la palla. Io ho visto tantissimi campioni Di Stefano, Puskas, ma come calciava lui non lo faceva probabilmente nessuno: sembrava che la mandava da una parte, ma con il giro che metteva faceva finire la palla dal lato opposto. Per esempio quando faceva partire i suoi lanci guardava dalla parte destra, allargava il piede e faceva partire il lancio che sembrava destinato lì, ma in realtà con la coda dell’occhio aveva visto il movimento del suo compagno a sinistra e faceva finire là la palla”.

MEAZZA – “Arrivò con lui il primo derby: noi avevamo vinto il nostro girone, il Milan aveva vinto il suo, ma per essere i primi di Milano bisognava vincere il derby e per questo noi eravamo un po’ intimoriti. Allora Giuseppe Meazza ci convocò tutti in spogliatoio e disse di avere una macchia nera sulla coscienza; noi ci guardammo tutti stupiti, perché credevamo fosse impossibile che il nostro dio del calcio avesse qualcosa che non andava. In milanese stretto ci disse che questa macchia era dovuta ad una sua sconfitta in un derby contro il Milan. Alla fine di quella partita, vinta, andammo tutti in panchina ad abbracciarlo. Ci sapeva fare tanto anche con le donne. Noi tutti speravamo di andare a disputare il torneo di Ginevra, anche perché il vincitore sarebbe stato premiato presso un night club. Vincemmo il torneo, io venni premiato come miglior giocatore in questo famosissimo night. Dopo la premiazione cercavamo qualche ragazza. La trovammo e ci disse di aspettarla in stanza, ma non arrivando, uscimmo per cercarla, e la trovammo insieme a lui. La conquistò in un attimo e il giorno dopo in treno ci prese tanto in giro. Altri tempi”.

GAP CON LA JUVENTUS – “Per me non manca nulla, ci vuole solo tanta determinazione, ma Conte è un tipo che entra nella testa dei giocatori e li convince. Con la differenza del tempo, potrei paragonarlo ad un allenatore che ho avuto io: Helenio Herrera. Quando facevamo la passeggiata pre partita Herrera stava sempre davanti, guidava la fila e ad uno ad uno ci chiamava e ci catechizzava. Quando rientravi in gruppo, tra compagni scambiavamo delle parole non proprio carine verso l’allenatore. Però più passava il tempo, più ci accorgevamo che le idee inculcateci da Herrera corrispondevano con ciò che accadeva. Conte è un martello come Herrera”.

ERIKSEN – “A me Eriksen piace davvero tanto, può dare quel quid in più che nella prima parte di stagione è mancato all’Inter. Questi giocatori poche squadre ce l’hanno e l’Inter e Conte devono riuscire a trarre tutto quello che di buono può dare il danese. Può essere utile non solo nel presente, ma anche nel futuro. Comunque sicuramente con tutti questi centrocampisti di qualità l’Inter ha veramente abbondanza nel reparto”.

IBRAHIMOVIC – “Per me può arrivare secondo dietro l’Inter. Sempre dietro l’Inter però. Scherzi a parte a me Ibra piace tantissimo, lo porterei con me dappertutto, perché quando la partita si mette male la squadra si poggia su di lui senza nessun tipo problema. Al Milan, così come in tutte le squadre in cui è stato. Gli basta fare un cenno ai compagni. Agli avversari invece dà solo preoccupazioni: lo marcano in due, lo seguono dappertutto e questo poi rende facile l’inserimento dei centrocampisti che accompagnano”.

SPERANZE MILAN – “Non ci sarà partita per me. Però se Ibra ha voglia di giocare possono coltivare qualche speranza. Importantissimi saranno i primi minuti: bisogna far capire subito agli avversari che non ci sarà match. In gare del genere bisogna essere pronti a tutto pur di avere la meglio sull’avversario”.

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