9 Agosto 2019

Mourinho: “L’impresa di Madrid iniziò l’anno precedente. Conoscevo i punti deboli del Bayern, i nostri giocatori erano come fratelli”

Lo Special One nell'intervista rilasciata a Dazn

Secondo episodio prodotto da Dazn dell’appuntamento con i ricordi delle imprese da allenatore di José Mourinho, dal titolo ‘The Making of José Mourinho. Focus speciale, in questa puntata, alla vittoria della Champions League del 22 maggio 2010 sulla panchina dell’Inter. Tanti ricordi dello Special One, tra aneddoti e segreti raccontati per la prima volta, su quella magica notte che rimarrà per sempre scolpita nella storia del club.

CAMPIONATO ITALIANO – “Stiamo parlando di un paese che ha fatto la storia del calcio, un Paese che ha vinto più volte titoli mondiali. Che ha squadre come Juventus, Milan e Inter. E la nostra è stata la squadra che ha fatto l’impresa più importante del calcio italiano. Credo che ci considerino, non solo me, ma tutti i giocatori di quella squadra, quasi come delle icone. La cosa speciale era proprio il legame affettivo che esisteva tra tutti noi. I giocatori erano veramente amici, forse anche di più. La definizione migliore è ‘fratelli'”.

COMPETIZIONE – “La gente può dire ciò che vuole, ma la Champions League è un po’ come l’Eldorado del calcio. Qualcosa che vive nelle motivazioni dei calciatori professionisti che ambiscono a giocare ai massimi livelli, La Champions League per chi lavora in un club, e la Coppa del Mondo e gli Europei per chi lavora in una Nazionale, saranno sempre degli obiettivi, quasi un’ossessione per tutti i professionisti”.

L’IMPRESA – “Mi ricordo perfettamente e so bene quando iniziò tutto. Iniziò con la stagione precedente, quando fummo eliminati dalla Champions League a Manchester.  Quella sera stessa, ebbi una riunione col presidente e dissi: ‘Con quello che abbiamo oggi, vinceremo questo campionato, il prossimo e quello dopo ancora. Ma per vincere la Champions ci serve qualcosa in più’. Iniziammo passo dopo passo a delineare il nostro futuro e cominciammo a discutere sui profili dei giocatori di cui avremmo avuto bisogno”. 

MADRID 2010 – “Era una partita troppo importante, non solo per me, ma soprattutto per il club, per stare rilassati. Ma quando inizia la partita, le cose cambiano. La palla rotola, ci si concentra sul gioco e, soprattutto nel mio caso… Alcuni colleghi la pensano diversamente, ma nel mio caso quando la partita inizia non c’è tempo per il nervosismo. Ad alcuni piace vendere l’idea che la strategia di gioco non è così importante. Per me lo è. Il Bayern aveva un allenatore che conoscevo molto bene. Sapevo che il suo ego e la sua autostima lo portavano sempre a giocare secondo la sua idea di calcio, e questo era per me un vantaggio. Sapevo bene che quando loro perdevano palla, erano una squadra con dei punti deboli. D’altro canto, avevano degli attaccanti fenomenali che andavano fermati. Credo che il nostro vantaggio in quella partita sia stata proprio la strategia”.

LA SQUADRA – “La nostra squadra era composta principalmente da giocatori che non avevano mai vinto la Champions League e altri che erano negli ultimi anni della loro carriera. Per loro era praticamente ‘ora o mai più’. Credo che quella partita fosse stata vinta ancor prima di essere giocata, non solo per l’aspetto emozionale, non solo per il livello di sicurezza, di autostima, di empatia e di fratellanza che aveva quell’Inter, ma anche per il modo in cui – da un punto di vista strategico – avevamo preparato quella sfida”.

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