26 Ottobre 2019

Nainggolan: “All’Inter parlai troppo della Roma, ma c’è un motivo. Nei grandi club accadono cose strane”

Il Ninja: "Non me la sentivo, il primo giorno, di baciare già la maglia nerazzurra"

In seguito all’anticipazione rilasciata nella giornata di ieri, è uscita oggi la lunga intervista concessa da Radja Nainggolan a SportWeek. Eccola qui di seguito.

Esperienza – «Ho giocato alla Roma e all’Inter: squadre che hanno l’ambizione di vincere, con giocatori forti, carismatici, e dai caratteri diversi. L’esperienza che mi sono fatto in quei club, con compagni di un certo tipo, mi aiuta a tenere unito un gruppo come questo del Cagliari, dove l’ambiente societario e di squadra è meno complesso e più famigliare. Sappiamo che l’obiettivo è la salvezza, ma il gruppo è sano e motivato».

Debito o credito verso il calcio – «Io non ho nessun rammarico o rimpianto. Lavoro a mille, consapevole che qualcosina fuori dal campo l’ho sbagliata. Un calciatore deve sapersi prendere delle responsabilità anche nella vita privata e da questo punto di vista so di essere in difetto, ma fa parte del mio carattere. Però una cosa non potranno mai rinfacciarmi: di non aver dato il massimo nel lavoro. E questa è la soddisfazione più grande».

Accoglienza a San Siro – «All’Inter, all’inizio sono stato fischiato. Anche giustamente perché parlavo sempre di Roma e della Roma. Ma la gente non capisce una cosa: io non sono uno che ci tiene a essere amico dei tifosi. Credo che il tifoso debba sostenere la squadra, e non il giocatore. Ho sempre pensato che l’essere diventato un beniamino a Cagliari e Roma fosse il frutto del mio impegno rivolto alla squadra. Insomma, dopo quattro anni e mezzo a Roma era chiaro che nei confronti della mia ex squadra sentissi un attaccamento che non riuscivo a provare verso la nuova. Non me la sentivo, appena arrivato, di baciare la maglia dell’Inter. Chi lo fa per compiacere i tifosi ha poca personalità. Sarebbe come conoscere una ragazza e dirle subito: tu sei l’amore della mia vita. Non esiste. Appena sbarcato a Milano dissi che il dispiacere di aver lasciato la Roma era più forte della gioia di essere all’Inter. Non potevo essere innamorato di una società in cui ero da un giorno. I tifosi non la presero bene. Poi conobbi alcuni di loro, gli spiegai il senso delle mie parole e capirono. Se dovessi giocare tre, quattro stagioni nell’Inter, probabilmente direi le stesse cose che ho detto della Roma. Ma non oggi».

Differenze tra uomo e calciatore – «Io sono quello che sono e ho sempre vissuto allo stesso modo. Il mio errore è stato ripetere a 30 anni gli stessi errori commessi a 25. Dovevo essere più intelligente. Ma cerco di vivere come una persona normale. Nainggolan calciatore nasce dalla felicità del Radja uomo».

Allenato da Conte – «Per ciò che ho visto nel mese in cui abbiamo lavorato insieme, penso che avrei potuto dargli qualcosa. Ci fece capire subito il modo e lo spirito con cui dovevamo giocare. E riuscire a trasmettere alla squadra le proprie idee in così poco tempo è prerogativa dei grandi».

Club – «Mi sono accorto che nei grandi club vedi cose troppo strane. Succedono sempre cose che non potrebbero succedere mai a Cagliari, per esempio. Un posto piccolo dove non ci sono segreti. Altrove ho visto tanta falsità. Dagli spogliatoi escono notizie che non dovrebbero mai uscire. Una volta, a Roma, ebbi una mezza discussione con Manolas, una cazzata, eppure il giorno dopo era su tutti i giornali. All’Inter uguale. Anche adesso, come fa a venire fuori che nell’intervallo di una partita Lukaku e Brozovic si mettono le mani addosso?».

VAR – «Da noi il VAR si usa male. La partita non può rimanere ferma 5 minuti per ogni singolo episodio. L’arbitro va chiamato se in campo i giocatori protestano e non se il gioco continua e nessuno apre bocca, altrimenti non se ne esce. In Italia la partita è continuamente spezzettata, con VAR il tempo effettivo è ulteriormente ridotto. A me, con l’Inter, è stato annullato un gol per un fuorigioco non visto due minuti prima. Nel frattempo, la palla era stata ributtata in area per tre volte e altrettante ricacciata indietro».

Malattia della moglie – «Io sono sempre lo stesso. È un momento particolare, difficile. Claudia è forte, ha grande coraggio, sta cercando di camuffare al meglio le sue emozioni, sta seguendo le cure alla perfezione, in casa, soprattutto con le bambine, si sforza di essere quella di sempre. Se sono tornato a Cagliari è anche per lei, qui ha i genitori, le amiche, i luoghi cari. In questo modo riesce ad affrontare al meglio la situazione».

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