10 Ottobre 2019

Il Fatto Quotidiano stronca il nuovo San Siro: “Un’abbuffata di privati su terreno pubblico. L’impianto solo una scusa”

Il quotidiano punta la lente anche sulle proprietà dei club

Definizione di stadio nella precedente era del calcio europeo e mondiale: struttura provvista di gradinate adibita ad ospitare partite di calcio. Definizione moderna di stadio: complesso di strutture dove le partite di calcio sono solo una delle diverse attrazioni disponibili, oltre a tutta una serie di altre attività che hanno l’effetto di creare un ciclo virtuoso di affari e denaro. Nota: in uno stadio – così come inteso modernamente – non è obbligatorio andarci, così come nemmeno in tutti i luoghi collaterali, che riguardano spesso e volentieri un quartiere (uno) di una città (una), e non – per dire – regioni intere. Funziona grosso modo così in tutta Europa. Ora: a Milano (quartiere San Siro) la volontà di andare verso una modernizzazione dell’attuale stadio di calcio, c’è. Ma, intanto, c’è anche il malumore di una sacca di abitanti, e – allo stesso tempo – di qualcuno che qualche ombra pare averla cominciato a buttare.

“OSCURE CATENE DI COMANDO” E’ un’inchiesta apparsa oggi su il Fatto Quotidiano ad accendere la miccia di quella che si candida a diventare una campagna di terra bruciata attorno ad un impianto che non è stato nemmeno scelto tra due progetti, e attorno ad un’affare che non è stato sinora sfiorato nemmeno da un’inchiesta giudiziaria. Al Fatto ha parlato David Gentili, presidente della Commissione antimafia di Milano, spiegando che “le normative antiriciclaggio impongono di sapere chi sono le persone fisiche che stanno dietro all’affare. Nel caso di Inter e Milan, abbiamo oscure catene di comando che si perdono nei paradisi fiscali delle Cayman, del Delaware, del Lussemburgo”. Il riferimento, ovviamente, è a Lion Rock, azionista al 31% della società nerazzurra, che – dice Gentili – “ha acquistato (per conto di chi?) le quote di Thohir”. Discorso analogo viene fatto – stavolta non da Gentili – sul Milan: ceduto dalla Fininvest di Berlusconi a Li Yonghong, poi passato nelle mani di Elliott attraverso un apposito fondo lussemburghese, con la nomina del berlusconianissimo Scaroni (vicepresidente di Rotschild, l’istituto che aveva garantito sulla “completa affidabilità finanziaria” di Li Yonghong) a presidente del club. Eccetera. La storia già sentita.

IL PROGETTO DI RISTRUTTURAZIONE Una cosa che il Fatto Quotidiano ricorda è che esiste un progetto di ristrutturazione dell’impianto di San Siro, che – secondo la tesi di fondo – sarebbe stato ignorato in virtù della demolizione dell’attuale impianto, funzionale alla creazione della cittadella del business che i protagonisti dell’“abbuffata” (testuale) vorrebbero erigere: con stadio, centri commerciali, uffici e altro. Questo progetto – quello di ristrutturazione – si chiama “Re-thinking San Siro”, ed è scomparso dalle cronache da mesi: prevedeva la rimozione del terzo anello, il rifacimento del primo, la rimozione di sette torri laterali, un nuovo blocco a ovest e una nuova copertura. Il costo? 500 milioni di euro per ogni club, più 115 ciascuno di mancati introiti. Un’ipotesi bocciata, quando con 650 milioni per club si può costruire uno stadio nuovo e demolire l’altro.

LEGGE SUGLI STADI Questo senza considerare che costruire uno stadio nuovo permetterebbe di avvalersi dei diritti previsti dalla legge sugli stadi, che prevede la conversione dell’area dello stadio da area destinata ad attività sportiva ad area edificabile: dunque via libera ad un progetto che suddividerebbe l’intero spazio tra stadio, spazi commerciali (180 mila metri quadri), uffici (66 mila), hotel (15 mila), spazi fitness (5 mila), centri congressi (4 mila). Peraltro con un aumento dell’indice di edificabilità da 0,35 (media cittadina) a 0,70 (il doppio). Un’opportunità, questa, velatamente demonizzata dal quotidiano diretto da Marco Travaglio, pur senza spiegarne bene i motivi. La legge sugli stadi, poi, prevede anche che il Comune debba decidere se il progetto di Inter e Milan sia di interesse pubblico o meno: la risposta doveva arrivare entro oggi, ma i termini saranno prorogati. Il dibattito, qui, coinvolge anzitutto i ricavi: che riguarderanno il Comune per 55 milioni l’anno (in realtà 60), e quasi 200 annui ai club (che però sono quelli che investiranno nell’impianto). Secondo Basilio Rizzo, consigliere comunale di Milano, “è un regalo ai due club”. Altri, invece, hanno opinioni diverse.

MAGLIA NERA D’EUROPA Questa l’inchiesta, poi c’è la cronaca schietta: la quale riferisce che esistano due progetti finalisti in fase di valutazione (Populous e Manica), che ci siano dei moti di contestazione da parte dei comitati del quartiere di San Siro forse non rappresentativi (parole di Sala) di tutta la popolazione della medesima zona, e che ci sia qualcuno che ha già iniziato a proiettare sul nuovo stadio etichette all’insegna dell’“abbuffata”, dell’impianto che sarebbe solo una “scusa” dietro cui celare tutto un sistema affaristico (anche qui: “scusa” è testuale), e all’insegna, insomma, di una certa tradizione italica a stroncare le opere ancor prima di poggiarne la prima pietra. Nel frattempo – sempre per la cronaca – l’Italia, in quanto ad impianti sportivi, è tra le nazioni d’Europa messa peggio. I motivi sono chiari da tempo.

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