16 Febbraio 2015

EDITORIALE – Giovinezza e nobiltà

Un fantastico inizio di settimana per i colori nerazzurri: ieri la vittoria esterna a Bergamo che mancava da una vita (sei punti su sei con l’Atalanta in campionato: quasi un record!) e oggi la bella affermazione nel Torneo di Viareggio grazie anche al solito Bonazzoli, incredibilmente dominante coi pari età – e infatti è sempre più spesso coi grandi che non con la Primavera. C’è soddisfazione, c’è ottimismo per il futuro; ora sta all’ambiente tutto evitare di lasciarsi andare a facili entusiasmi e mantenere una positività cauta (ma anche sorniona, felina quasi). Della serie: non aveva senso aprirsi le vene dopo i tre ko consecutivi ieri, non bisogna vaneggiare di immensi successi dietro l’angolo oggi, ma senz’altro si può guardare al Biscione col sorriso di chi sa che si sta costruendo seriamente qualcosa. Piaccia o meno, se c’è un tipo di attitudine mentale che l’Inter ha bisogno oggi, 16 febbraio 2015, è decisamente l’equilibrio, sia di giudizio, sia emotivo.

Per quanto ampiamente soddisfacente, la prova con l’Atalanta è stata fortemente condizionata dall’espulsione di Benalouane (che ci fosse o meno non è rilevante ai fini del nostro discorso) perché, avendo già inserito Denis, Colantuono non ha praticamente più potuto ridisegnare la sua squadra in modo efficace; la retrocessione di Zappacosta sulla linea dei difensori, infatti, ha risolto un bel problema all’Inter, così come anche il forfait obbligato di Maxi Moralez era già tornato parecchio utile agli uomini di Mancini che, senza il movimento arioso a svariare del Frasquito orobico, hanno potuto contare su un Medel più a suo agio in transizione difensiva. Il Pitbull s’è infatti trovato a poter raddoppiare serenamente uno a turno dei due centravanti Pinilla e Denis, decisamente meno dinamici di Moralez (che invece aveva fatto impazzire il cileno) nonché meno abili nei tagli senza palla o nel dribbling, di fatto agevolando una fase difensiva che, nella ripresa, è stata sostanzialmente perfetta.

Ciò posto, da metà campo in su i nerazzurri hanno potuto quasi divertirsi, senza più la necessità di adottare un ritmo infernale come quello esibito nel primo tempo (e dunque correre meno rischi) per cui non tute le indicazioni ricevute dalla gara di Bergamo vanno prese per oro colato (così come, a suo tempo, anche la vittoria in Coppa Italia contro la Sampdoria faceva fede fino a un certo punto). Quel che i primi 45′ hanno invece evidenziato è stato un passo in avanti dello stesso Medel in fase di costruzione: il Pitbull, complice anche l’immane fatica di Brozovi? a trovare la giusta posizione per almeno tutta la prima mezz’ora a causa del virulento pressing atalantino, ha avuto più libertà del croato e di Guarín di giocare il pallone. Sia chiaro, non è che il numero 18 nerazzurro sia diventato all’improvviso Xabi Alonso, ma senz’altro ha tentato più spesso la giocata difficile del solito. Per carità, le sue qualità rimangono altre, ma se un tempo le possibilità di giocare profondo o effettuare un cambio di gioco non passavano nemmeno per l’anticamera del cervello di Medel, oggi il cileno perlomeno ci prova: chiaro sintomo di come stia aumentando l’autostima dei giocatori e, soprattutto, di come la rosa stia finalmente interiorizzando con efficacia il credo di Mancini sul possesso della sfera, integrando anche un movimento senza palla molto più intelligente di quello visto fino a un mese fa (senza un corretto posizionamento dei compagni, infatti, Medel non potrebbe prendere più coraggio nei passaggi a media e lunga gittata). Un segnale forse piccolo ma decisamente incoraggiante che può dare un’idea dei possibili margini di miglioramento di un reparto, il centrocampo, che al momento è l’ago della bilancia tra la vittoria e la sconfitta.

Proprio a proposito del centrocampo, val la pena spendere un po’ di tempo su altri due temi: Shaqiri trequartista e Kova?i? (inaspettatamente) panchinaro. La posizione dello svizzero, quella in cui è cresciuto ai tempi delle giovanili del Basilea, si sta rivelando un grimaldello di indubbia efficacia: la possibilità che ha il numero 91 di svariare lungo tutto il fronte offensivo, seppur con qualche imprecisione e qualche errore di valutazione spesso dovuti alla foga, lo rende meno supino al dribbling sulla fascia e al cross dal fondo, consentendogli di giocare più palla a terra nonché di dialogare meglio con le mezzali, aumentando così più rapidamente il peso offensivo dell’Inter nelle azioni d’attacco. Al contempo, la panchina di Kova?i? può rivelarsi una mossa utile: lo scorso anno, il giovane croato fu protagonista di un’ottima seconda parte di stagione dopo essere spesso stato in panchina all’inizio del campionato. Mancini sta pensando parecchio alla collocazione migliore per Mateo e utilizzarlo a gara in corso può rivelarsi una scelta vincente per dargli minuti senza la pressione del risultato e, soprattutto, per sfruttare le sue doti nell’accelerare o rallentare a suo piacimento il ritmo di gara (e, comunque, in Europa League sarà tra i titolari, così come Hernanes).

La morale è una sola: quest’Inter, per dirla con Federico Buffa, ha ora in rosa un discreto quantitativo di nobiltà calcistica con cui lavorare, soprattutto a centrocampo. È qui che si gioca tutto il Mancio: la nuova priorità e la direzione in cui si sta andando è l’impostazione di una mediana di assoluto livello che possa elevare al massimo il gioco nerazzurro e trasformarlo da incerto e stagnante ad arma prediletta per arrivare al gol e alla vittoria (senza comunque dimenticare che la difesa, che va registrata il prima possibile).

Infine, non si può non chiudere con una battuta sulla Primavera e il successo di Viareggio: del valore di Bonazzoli e Pu?ca? (peraltro nemmeno presente in Toscana) sappiamo già tutto o quasi ma i due attaccanti non sono le uniche armi di una squadra, quella di Vecchi, studiata benissimo e competitiva in ogni reparto. È tristemente vero che ormai da un paio d’anni il Viareggio non è più a un livello eccelso come meriterebbe il suo blasone (ma non l’organizzazione: i campi di quest’anno erano più adatti alla coltivazione di riso e tuberi che non al gioco del calcio), ma non si può dimenticare che, almeno a livello nazionale, resta un torneo di primaria grandezza. Nonostante quindi sia una vittoria leggermente ridimensionata rispetto a quella che poteva essere nel 2008 o nel 2010, però, l’affermazione di Vecchi e dei suoi ragazzi conferma l’ormai eccellente lavoro che l’Inter fa da anni in ambito giovanile.

Insomma, iniziare la settimana con un sorriso a tinte nerazzurre è possibile ma senza rilassarsi troppo: giovedì si torna in Europa, dopo tutto.