10 Febbraio 2015

FOCUS – Questione di carattere

Brozovic, Kovacic, Guarin ed Icardi: storie diverse, son tutti caratteri da Inter?

Il talento, i piedi buoni, il senso della posizione, la visione di gioco e via discorrendo fino a riempire una pagina intera, il giocatore di calcio è un mix di tante caratteristiche che devono amalgamarsi per creare il miscuglio perfetto. Tra queste, spesso sottovalutato e messo in secondo piano, c’è il carattere che permette al calciatore di venir fuori nei momenti difficili. Il leader è colui il quale mette la propria determinazione a servizio della squadra, trascinando i compagni in ogni situazione, specie quelle più delicate.

La provocazione è forte ma quel carattere sembra averlo dimostrato più Brozovic nei 90 minuti contro il Palermo che Kovacic in tutta la sua avventura nerazzurra. Arrivato in prestito dalla Dinamo Zagabria nell’ambito di un’operazione condotta in modo esemplare da Piero Ausilio, Marcelo ha dimostrato sin da subito le sue caratteristiche principali: buona visione di gioco, piedi educati, tempra croata, buona interdizione, intelligenza tattica e senso della posizione, il tutto condito da tanto coraggio e un pizzico di sfrontatezza. Ha conquistato subito San Siro e il suo tecnico Mancini che ha ridisegnato il modulo per trovarne la giusta collocazione. Andando in là con la memoria è davvero difficile ricordare un giocatore il cui esordio a Milano sia stato così convincente. Una partita e uno spezzone (quello contro il Sassuolo) non caratterizzano un giocatore, ma chi ben comincia è a metà del cammino e nell’Inter che scenderà in campo domenica prossima, proprio l’ex Dinamo sembra l’unico inamovibile.

L’altra faccia della medaglia…croata è Mateo Kovacic, il grande escluso contro il Palermo, il sacrificato nella logica della quadratura del cerchio. Entusiasta dell’arrivo di Marcelo prima, forse adesso un po’ meno contento. Le occasioni per il talentino ci sono state, le premesse a questa stagione erano ottime ma il detto “chi ben comincia è a metà dell’opera” non sembra aver trovato conferme nelle sue prestazioni. Pessima quella contro il Sassuolo, opache quelle precedenti. Con Mancini, Mateo, sembra avere delle difficoltà, di collocazione tattica innanzitutto, perché, con l’arrivo di Shaqiri, sembra sempre più ridotto all’osso lo spazio come trequartista alle spalle delle due punte e perché, secondo l’allenatore, è prematuro rischiare un centrocampo tutta qualità e pochi muscoli, con Mateo davanti alla difesa.

Cosa si può dire a Shaqiri, che il carattere l’ha dimostrato sin da subito, dalla partita con la Sampdoria in Coppa Italia, passando per una discreta prova contro il Sassuolo e una importante conferma contro il Palermo? Dietro le punte lo svizzero gioca bene, si diverte e fa divertire dunque il posto al momento è suo.

Gary Medel, poi, volendo caldeggiare la candidatura di Mateo davanti la difesa, è molto apprezzato da Mancini, quasi unico per caratteristiche nel centrocampo nerazzurro. Lui, il carattere, lo dimostra sempre, nonostante qualche limite tecnico-tattico dimostrato da inizio stagione.

Rimane Fredy Guarin, guarda caso il migliore insieme a Marcelo Brozovic nella rotonda vittoria col Palermo. Dopo l’episodio con i tifosi e la pacca sul cuore a voler dire io ci tengo alla maglia, il colombiano ha dimostrato sul campo la sua voglia di diventare finalmente determinante in questa Inter, un gol e due assist sono una risposta caratteriale non indifferente per tutti i malumori ambientali.

Prova di carattere ha dato anche Andrea Ranocchia, concentrato e lucido per tutta la partita ad eccezione del palo di Rigoni, un errore grave che solo la buona sorte ha attutito, una mezza risposta che è comunque qualcosa in epoca di vacche magre.

Una risposta piena e corposa invece, l’ha data Mauro Icardi, due gol e tanto impegno nonostante i rumors, che sia il futuro o solo il presente dell’Inter poco importa in questi termini, il carattere del bomber c’è sempre stato e Mauro ha solo un anno in più di Kovacic.

Ecco, appunto, Mateo, tanta roba potenzialmente, un crack che ogni squadra vorrebbe avere, un giocatore che però si sta rovinando con le sue stesse mani o sarebbe più corretto dire con la sua stessa testa. Arriva un punto in cui anche i giovani devono fare un balzo di maturità, devono dimostrare di emergere nei momenti più bui, invece Mateo, al momento, si è nascosto. La giocata non è più sicura, annebbiata dal peso delle responsabilità che deve portarsi addosso. E così, via con i palloni sanguinosi persi, con i passaggi elementari non riusciti, con i 5 in pagella e con la panchina.

Il talento rimane, le occasioni ci saranno ancora, ma non saranno poi così tante.