17 Gennaio 2015

PELLICOLE NERAZZURRE – Full Metal Mancio

“Io sono un duro però sono un giusto, qui non si fanno distinzioni”

Full Metal Jacket non è un film di guerra come tanti altri: riesce incredibilmente a portare in secondo piano gli orrori del Vietnam per concentrarsi sull’aspetto mentale dei giovani protagonisti, catapultati in un mondo talmente devastante da corrodere ogni loro certezza. Il film inizia con l’addestramento di alcuni giovani cadetti , forgiati a dovere dal severissimo e scontroso sergente maggiore Hartman, personaggio duro ed inflessibile divenuto nel corso degli anni una vera e propria icona cinematografica americana, addirittura oggetto di particolarissime parodie ( guarda QUI ) divenute virali sul web. Chi ha totalmente rivoltato il mondo Inter con personalità è senza ombra di dubbio Roberto Mancini, in nuovo sergente maggiore nerazzurro, tornato a casa per istruire un collettivo allo sbando dopo un ciclo vincente nel quale aveva già lasciato lo zampino quasi dieci anni prima.

Aspetto fondamentale nella gestione di un gruppo nuovo ed inesperto come quello della nuova Inter targata Thohir è legato al famoso binomio di “bastone e carota”, ovvero l’alternanza di maniere forti e decise a sorrisi e pacche. Proprio come il sergente Hartman nel famoso discorso alle reclute di inizio film, il Mancio, con le dovute proporzioni, ha da subito messo in chiaro una serie di principi tali da tracciare il percorso di un gruppo che ha accettato in maniera decisa il nuovo leader carismatico, bravo si con le parole ma soprattutto con i fatti. Com’è però ampiamente intuibile, al ruolo di leader di uno spogliatoio particolare come quello nerazzurro corrispondono una serie di oneri che spesso rischiano di creare querelle come quella dello Juventus Stadium. Ma a riguardo procediamo con ordine: secondo quanto appreso dalla nostra redazione nelle scorse settimane, lo screzio tra Osvaldo ed Icardi sarebbe stato soltanto la punta di un iceberg con una parte sommersa molto più complessa e tale da rendere irrecuperabile il rapporto tra le due parti. Mancini, da gran gestore di gruppi, ha storicamente mostrato una certa avversione verso determinati comportamenti ( ricordate Tevez ai tempi del Manchester City ? ), privilegiando l’interesse di un gruppo coeso ed armonico a quello di un singolo, importante si ma non quanto gli equilibri interni dello spogliatoio.

A margine della vicenda – Osvaldo si colloca la telenovela M’Vila, ormai ad un passo dall’addio dopo una trattativa estiva sicuramente più sostanziosa del reale apporto dato dal francese alla causa nerazzurra. Leggendo tra le righe le parole del mister-sergente nerazzurro, è evidente come il tecnico non possa più aspettare il francese, in ritardo di condizione e mai realmente coinvolto nei nuovi meccanismi dell’allenatore jesino, che oltretutto non avrebbe assolutamente gradito lo sfogo con tanto di pugno alla panchina dell’ex Rubin Kazan dopo la sostituzione nella trasferta capitolina. Anche qui, proprio come nella gestione del caso Osvaldo, il tecnico ha mostrato carattere e determinazione, aprendo le porte ad una cessione ormai scontata nonostante i soli sei mesi in maglia nerazzurra. Il mantra del tecnico, alla luce della gestione delle due spinose situazione, sembra abbastanza chiaro: l’Inter è un’orchestra, e chi non va a tempo è pregato di alzarsi.

Altra analogia tra il sergente di Kubrick e l’ex tecnico del Manchester City sta nella crescita mentale e fisica del gruppo, subito coinvolto nel nuovo progetto tattico del mister, totalmente diverso a quello precedente e di conseguenza legato a nozioni tattiche da apprendere in fretta tramite tanto lavoro settimanale, paragonabile alle dure settimane di percorsi e flessioni delle reclute di Hartman. Il gruppo sembra aver reagito bene alla sollecitazione tattica del mister, ed anche Guarin, calciatore storicamente “anarchico”, pare totalmente coinvolto nel nuovo ruolo di centrocampista centrale nel nuovo 4-2-3-1 manciniano, mostrando un’imprevedibile quanto gradita lucidità mentale quasi sconosciuta ai supporters nerazzurri. Il tecnico ha inoltre regalato alla squadra due virtù fondamentali quali coraggio ed ottimismo: i cadetti, ormai divenuti soldati, giocano coscienti dei propri mezzi rischiando giocate che fino a pochi mesi fa sembravano lontane anni luce. Svantaggi irrecuperabili ? Neanche per sogno: lo svantaggio iniziale in tre scontri delicati come il derby, quello dello Juventus Stadium ed il recente 2-2 contro la Lazio mostrano i primi segni di una rinascita soprattutto psicologica dalla quale partire per ricostruire un futuro roseo.

La grande determinazione del nuovo corso manciniano lascia il segno anche in sede di mercato: le richieste del tecnico jesino, basate su idee tattiche chiare e dirette verso la filosofia del “meglio un giocatore di qualità che tre mediocri” hanno portato in nerazzurro due giocatori del calibro di Podolski e Shaqiri, folgorati dalla fame di Mancini e già coinvolti nel nuovo progetto nerazzurro, cosa che non accadeva da tempo.

Concedeteci infine un’ultima e simpatica analogia tra Mancini ed il sergente Hartman, entrambi “colpiti” in pieno dalla foga di due allievi: il primo steso dalla pallonata di Marco Andreolli, il secondo dal cadetto Lawrence, ma quest’ultima è una lunga storia che soltanto la visione del film potrà chiarivi.