19 Agosto 2013

FOCUS – Se è lo stadio che non va più al tifoso

C’era una volta la Milano desertificata ad ogni scoccare del mese di Agosto, quella Milano dove “se sta mai cunt i man i man” che per un mese all’anno sacrifica la sua essenza frenetica e brulicante per svuotare il suo nucleo cosmopolita lasciando spazio a lidi più consoni alla stagione calda. La ripetizione annuale di quello che appare come un rituale consolidato, una realtà assodata da rendere presupposto imprescindibile calendario dopo calendario, epoca dopo epoca, governo dopo governo, stagione dopo stagione: cambia il mondo e cambiano le mode ma non cambia Milano in Agosto. Forse. O forse no.

Metti una sorniona domenica dell’immediato post Ferragosto con tutti i suoi ingredienti caratteristici: il caldo quasi sahariano, le serrande dei negozi timidamente alzate o serrate a doppia mandata, gli spazi stradali ritrovati dopo un anno di ingorghi e intasamenti, il mare da guardare sui cartelloni pubblicitari o sugli smartphone sognando la vacanza che é appena finita, che sta per iniziare o che non avverrà mai. Quando scorgo la copertura rossa di San Siro in prossimità di una Via Novara senza paninari e vigili a dirigere il traffico sono circa le 17,45 di quella domenica che sarebbe uguale a qualunque altro giorno di piena estate se non fosse che le strade sono tinte di nerazzurro per accogliere l’Inter nella sua prima, precoce uscita ufficiale.

Avversario il Cittadella, poco più di una scampagnata: solo tre anni fa qui ci avevano giocato Chelsea e Barcellona, figuriamoci a chi può interessare un anonimo confronto tra l’Inter ed una squadra di Serie B durante le vacanze di quasi tutti i comuni mortali, sembra quasi svilire quell’imponente Scala del Calcio testimone di tante pagine di storia. Erano proprio questi i miei pensieri mentre passo dopo passo andavo verso il mio ritorno in Terra Santa. E proprio lì inizia ad accadere qualcosa di anomalo, di inedito: il flusso deambulatorio di persone recanti il vessillo della squadra di Milano non solo è corposo, a sovvertire ogni pronostico, ma è soprattutto inverso. Sorge una domanda inquietante nella testa del tifoso: chi darebbe le spalle a San Siro nel giorno della partita mettendo sempre più metri tra sé e lo stadio e perché?

A mezz’ora dall’inizio della partita tra Inter e Cittadella, qualcosa di strano è già accaduto: recandomi in biglietteria Sud per far fronte a quella che ritengo una formalità talmente meccanica da risultare trascurabile quale guadagnarmi il mio tagliando per l’ingresso allo stadio, mi imbatto in un capannello di diverse centinaia di persone che non avrebbero motivo di essere dove sono in quella Domenica di Agosto, per quella partita così poco luccicante e soprattutto per lo stesso scopo per cui io mi trovo lì. Entrando nel ventre del capannello realizzo che è in realtà un imbuto, dove miriadi di persone di tutte le età e di tutti i dialetti stanno sgomitando per guadagnarsi l’accesso all’unico sbocco possibile, ovvero il solo ed unico sportello aperto. Ma la fila non scorre, la tensione cresce e la formalità di impossessarsi del pezzo di carta che ti divide da quel non più anonimo Inter-Cittadella diventa una prova di sopravvivenza, dove la supremazia é di chi sacrifica più energie fisiche e dove minuto dopo minuto sempre più persone salutano la compagnia e iniziano a sognare il divano di casa. Il caldo é il caldo, la ressa é la ressa e la pazienza è quella che è: la partita sta per iniziare e non si vede la benché minima possibilità di potervi assistere come normalità imporrebbe, come succede quando si usufruisce di un servizio. Iniziano le urla, i fischi, le tensioni. Davanti all’ingresso 15, posto qualche metro più in là si iniziano a scandire cori poco rassicuranti come “Senza pagare, entriamo senza pagare” o anche “il tornello lo sfondiamo“. Guardo un bambino davanti a me, avrà avuto al massimo sette anni: sguardo smarrito, passo impaurito, sul volto quell’espressione triste di chi sta vedendo sfuggire di mano il sogno di mettere piede, magari per la prima volta, in un mondo fantastico visto solo alla televisione e si ritrova invece nel mezzo di una tensione che lo spaventa e lo destabilizza. Un ragazzo si fa strada e dice una cosa che è l’emblema dell’intera giornata: “Ho fatto molta meno fatica a prendere i biglietti per Madrid“. Non parlava certo di un viaggio di piacere nella capitale spagnola.

Un cartello, uno dei pochissimi esposti, attira la mia attenzione: “ritiro biglietti online presso Biglietteria Nord“, situata all’altro capo dello stadio proprio in prossimità della curva dove batte più forte il cuore del tifo nerazzurro: decido di provarci. Nell’illusione di una fila più scorrevole e nella speranza di tornare a considerare Inter-Cittadella quella mera formalità incastonata in 20 anni di partite a San Siro senza il lontano miraggio di un problema così inestricabile, incontro gruppi di persone che sono stati mandati in biglietteria Sud nonostante avessero in mano la mail di conferma dell’acquisto online: “Non funzionano le stampanti, di là forse ci aiuteranno“. Non fanno in tempo a finire la frase che un boato scuote l’atmosfera: ha segnato Jonathan e centinaia di persone si sono perse un evento raro quanto la caduta di un meteorite. Tanto basta per causare del nervosismo supplementare, giacché in biglietteria Nord, se mai fosse possibile, la situazione è addirittura peggiore. Chiedo lumi a un poliziotto appostato ai margini della fila: “Il problema è che sono lenti, ma il peggio è passato“. Non so se sia più credibile sapere che ha segnato Jonathan o la sua versione del fattaccio in cui mi sono trovato. Tornato in biglietteria Sud, gli sportelli sono diventati tre ma la metà della gente aveva ormai imboccato la via di casa. Al prezzo di 10 Euro, sono le ore 19,40 quando mi aggiudico l’agognato biglietto ed entro allo stadio per poter godere almeno mezz’ora di partita. Com’è successo? Com’è stato possibile che trovare un biglietto per Inter-Cittadella sia diventato più complicato che trovare il Sacro Graal’

Non lo sa Antonio, che arriva da Parma ed è questo l’unico motivo che lo ha spinto ad andare fino in fondo: “La fortuna più grande è stata che nessuno si sia fatto male, perchè il rischio c’era.” Non lo sa Fabio, che è più spiccio: “Chi aveva in mano l’organizzazione della vendita si prenda le sue responsabilità e dia le dimissioni“. Non lo sanno nemmeno Gabriele, che peraltro il biglietto ce l’aveva già ,ma stava aspettando il fratello (“siamo stati un’ora e mezza in coda“) e Luca che ha cronometrato al minuto un tempo da maratona olimpica più che da acquisto biglietto (“Sono stato dalle 16:30 alle 18:52 in coda con un caldo allucinante per sette biglietti“). La Società Fc Internazionale lo sa? Le testimonianze di chi ha vissuto di riflesso la situazione dall’altra parte del tornello come una canonica giornata di lavoro dentro lo stadio non hanno dubbi sul fatto che l’organizzazione sia stata completamente colta di sorpresa, prova ne sia il fatto che chi si occupava di catering ha dovuto prendere la repentina decisione di aprire due Sky Lounge del tutto imprevisti. Ma può bastare? In tanti tra quei sorprendenti 17mila paganti si aspettavano un comunicato mai arrivato, perché ce ne sono stati almeno altri mille che hanno rinunciato alla partita che si aspettavano di vedere, come normalità imporrebbe. No, Milano non è più deserta ad Agosto: lo è stato solo il suo stadio, in quella Domenica in cui si poteva dare, per una volta, un calcio all’asettico calcio delle pay tv ma si é mancato il gol più importante soli davanti alla porta. Anzi, soli davanti ad un tornello chiuso.