7 Ottobre 2011

L’ANGOLO TATTICO: Inter-Napoli

Nella giornata che vede opposte le due squadre che hanno affiancato il Milan sul podio dello scorso campionato, Inter e Napoli scendono in campo con due schieramenti tattici già ampiamente rodati. Il risultato finale e l’andamento generale del match, sicuramente viziati da un’espulsione dubbia, certificano comunque le ambizioni dei partenopei e qualche problema di assestamento della retroguardia nerazzurra.

NOVITA’ – L’Inter si presenta al cospetto del Napoli con due cambi rispetto all’undici di partenza di Mosca (4-3-1-2): al posto di Nagatomo sulla corsia di destra gioca il rientrante Maicon, mentre Forlan sostituisce Milito accanto a Pazzini. Il Napoli, forte delle imprese di Coppa, si schiera con la formazione-tipo, sostituendo l’unico titolare indisponibile, il bomber Cavani, con l’ex della partita, Goran Pandev, e Dossena con Zuniga sulla fascia sinistra di centrocampo.

FURIA INTER – L’inizio è scoppiettante, con palloni che viaggiano da una parte all’altra del terreno di gioco. Una delle chiavi tattiche che caratterizza il primo tempo è sicuramente la frequenza con la quale Maicon, evidentemente smanioso di riprendersi il suo posto in corsia, si affaccia nella metà campo avversaria: quando i nerazzurri iniziano la manovra, una soluzione di scarico è sempre rappresentata dalla fascia destra, con il brasiliano che si sovrappone quasi ad ogni tentativo di offensiva. In fase di possesso palla l’undici di Ranieri fa anche molto affidamento ai movimenti di Forlan, che giostra spesso sulla trequarti, talvolta indietreggiando, come già aveva mostrato di saper fare a Bologna, e fornendo una possibilità di passaggio soprattutto per gli esterni di centrocampo. La prima vera occasione dell’Inter nasce proprio da una sovrapposizione dell’uruguayano a Obi. Alvarez, sia che la sua squadra attacchi sia che difenda, fa più il centrocampista aggiunto (forse sua naturale inclinazione) che la mezza punta, e questo sembra frenare leggermente gli impeti offensivi di un?Inter che nel primo tempo non si risparmia affatto. I nerazzurri lottano infatti su ogni palla, aggredendo il Napoli soprattutto con una prima fase di pressing non appena gli avversari recuperano la sfera. I più attivi in questo senso sono i tre centrocampisti: Cambiasso, in posizione centralissima, e Obi a Zanetti, rispettivamente a sinistra e destra, ringhiano sulle caviglie dei centrocampisti e difensori napoletani. In fase di non possesso poi, Forlan non assume mai una statica posizione di seconda punta al fianco di Pazzini, ma spesso arretra il suo raggio d?azione e di pressing affiancandosi ad Alvarez e determinando quindi un 4-3-2-1, con il solo centravanti azzurro oltre la linea del pallone. Per questo l’Inter si chiude molto bene e pochi sono i rischi che corre nella prima frazione.

LA PAZIENZA DEL NAPOLI – Dalla mezz’ora in poi il Napoli comincia a uscire con convinzione dalla sua metà campo e lo fa con Maggio e Zuniga che agiscono larghissimi quando ricevono palla, favorendo gli inserimenti centrali dalle retrovie o dal centrocampo: non è un caso se Campagnaro (difensore esterno di destra), accompagna quasi sempre le azioni di un Maggio in formissima. Se escludiamo qualche conclusione da fuori area, il primo pericolo del Napoli arriva più o meno alla mezz’ora del primo tempo con l’ormai noto leitmotiv tattico della squadra di Mazzarri: palla da un difensore esterno al centrale difensivo, successivo lancio a imbeccare l’ala di centrocampo (in questo caso Maggio), e sfera che dalle corsie laterali viene giocata verso il centro, dove Inler si mette in luce per i suoi repentini cambi di gioco e gli attaccanti si muovono con tagli ormai mandati a memoria. In questo caso il mediano svizzero riceve da Maggio e subito effettua un traversone verso il centro dell’area: Zuniga, come al suo solito, irrompe dalla fascia verso il centro dell’area, ma colpisce malamente. La partita è ora più equilibrata, ma senza cali di intensità.

AGO DELLA BILANCIA – Al 41? l’espulsione di Obi rompe quest?equilibrio e cambia la gara anche dal punto di vista tattico. Chivu, infortunato, viene rilevato da Nagatomo e l’Inter si schiera con un 4-4-1 in cui le ali sono Forlan a destra e Alvarez, che prende il posto di Obi a sinistra. Per i nerazzurri applicare il solito pressing diventa compito arduo, per quanto poi nei primi minuti della seconda frazione l’impegno porti comunque buoni risultati. Maicon rimane sempre molto alto in fase di possesso, mentre sul versante opposto Nagatomo è quasi più intraprendente di Alvarez; mirabile, ma senza molti risultati, è lo spirito di sacrificio di Forlan, che in fase offensiva diventa quasi una seconda punta (causa l’avanzamento del terzino brasiliano) e in quella difensiva si traveste da centrocampista. Ma giocare 45? minuti con quest?abnegazione è roba d?altri tempi, così il Napoli inizia a mettere in mostra un buon possesso palla e a pungere con delle accelerazioni improvvise, come quella dell’instancabile Maggio, che brucia la difesa nerazzurra a difesa schierata e segna il 2 a 0.  A questo punto la partita è chiusa, il Napoli continua a controllare senza difficoltà, creando anche altre palle gol con le verticalizzazioni di Zuniga, Lavezzi e Hamsik (sua la terza marcatura), mentre l’Inter cerca di limitare i danni, evidenziando comunque i problemi di qualche singolo come Nagatomo, troppo istintivo in una situazione del genere, o Alvarez, forse ancora troppo indietro a livello mentale per sostenere un certo tipo di gara.

E ORA? – Il 3-0 di San Siro, frutto sicuramente anche di episodi dubbi, è un risultato forse bugiardo. Magari se Inter-Napoli si giocasse altre cento volte, non finirebbe mai così. Ma il verdetto del campo dice che Mazzarri può godersi la solidità di una squadra ormai pronta a livello tattico e psicologico a interpretare con pazienza e intraprendenza un match delicato come quello di sabato; Ranieri dovrà prendere quanto di buono fatto dalla sua squadra nel primo tempo e lavorare su quello, nell’attesa dei ritorni importanti di Sneijder, Motta e Stankovic (una buona mezz’ora di rodaggio la sua), senza dimenticare che certe amnesie difensive possono fare la differenza anche in undici contro undici.

Gianluigi Valente