4 Agosto 2020

Materazzi: “Il numero 23 il mio compagno preferito. Vi racconto gli allenamenti di Mourinho”

L'ex difensore interista si racconta in quest'intervista

Intervistato dai microfoni di Cronache di Spogliatoio, Marco Materazzi ha parlato del suo passato e di alcuni aspetti del suo carattere. Ecco le sue dichiarazioni.

Numero 23 – “L’ho scelto per mia moglie, praticava basket ed è normale che questo numero ti riporti a Michael Jordan. Ho vinto il Mondiale e tutto il resto con il mio numero, è diventato il mio compagno preferito”.

Mancini – “Lui ha fatto un percorso netto secondo me. Da Perugia, dove io avevo già avuto modo di ammirarlo perché giocava nella mia città, è andato a Bergamo ed è cresciuto tantissimo, cambiando totalmente metodologia di lavoro e migliorando anche dal punto di vista tattico. Adesso si è ritrovato con un allenatore portoghese che io ho avuto prima di lui (Fonseca-Mourinho, ndr), quindi so bene o male qual è la loro mentalità. Questa estate ho avuto la fortuna di vederlo qui, quando ancora era alle prime armi nella sua avventura in una grandissima squadra come la Roma. Ha fatto un’amichevole con il Perugia e mi ha chiesto qualcosa, gli ho detto: ‘Guarda, continua così perché giocare molto alto e fare determinate cose non è semplice. Tu sarai sempre, in questo momento, la promessa o il ragazzino, quindi ti addosseranno colpe, responsabilità e quant’altro. Tu vai avanti per la tua strada’. Da quel momento lì fece 3 o 4 partite fuori e poi è tornato ad essere quello che era, il leader della difesa”.

Esempio – “Io penso di essere l’esempio di quello che può essere l’avventura di un bambino che sogna di giocare tra i professionisti. Ne partono tantissimi e purtroppo ne arrivano pochi. Lascio da parte l’infortunio, adesso quando ci si fa male alle ginocchia si guarisce subito quindi non abbocco più, ai miei tempi dicevano ‘Eh sai, il ginocchio’. Sicuramente la perseveranza e il voler superare gli ostacoli che ti si parano di fronte è stata fondamentale, ognuno di noi ha un maestro cattivo che non ti vede bene. Quello deve aiutarti a crescere, a buttare giù un boccone amaro perché sai che quando ti arriva l’occasione giusta sei più forte di qualsiasi altra cosa. Io ho iniziato a vincere a 34 anni, vincere cose pesanti. Lo Scudetto, la Coppa Italia, la Supercoppa. Quelle sono cose che all’Inter, al Milan o alla Juventus devono essere naturali, anche alla Roma. Sono cose che devono venire quasi naturalmente per quello che rappresenta il club. Poi per vincere una Champions o un Mondiale devi essere nel posto giusto al momento giusto, senza aver mai mollato di un centimetro prima. E prima vuol dire quando avevi 17, 18 o 19 anni”.

Allenamenti di Mourinho – “Io non ne ho mai fatte di ripetute con lui, dico sempre che è stata la mia fortuna o sfortuna. La fortuna di averlo avuto a fine carriera, se lo avessi avuto a 18 anni e poi avessi incontrato il Mancio con cui corri tanto, penso che mi avrebbe preso male alla testa. Bene o male ho smesso, ma sapevo di andare lì a fare un allenamento che ti faceva divertire. Con altri tipi di allenatori non succede. Vai il lunedì, sei scazzato perché non hai giocato, perché è così, in allenamento magari ti metti a fare gli 800 o i 1000 sapendo che la squadra la rivedi tre giorni dopo. Con la Champions non hai modo per farti notare anche in allenamento. Con lui ogni allenamento era una guerra per poter dire ‘Ci sono, fammi giocare’. Questo lui lo valutava ed era molto importante, averlo avuto alla fine è stato bellissimo ma un peccato non averlo avuto per tutta la carriera. Mi sarei divertito di più”.

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