14 Febbraio 2015

FOCUS – Speciale S.Valentino – Pinilla e l’Inter, storia di un amore a due facce

Collegare l’amore al calcio nel giorno degli innamorati  è (forse) quasi un atto blasfemo. Eppure l’amore, in un certo senso, tocca il calcio più di quanto un normale profano dello sport più bello al mondo possa sostenere. La liaison tra Mauricio Pinilla e l’Inter sembra raccontare il lato più crudo e sadico di Cupido, a volte cecchino, a volte maldestro. L’amore tra Pinigol e l’Inter è l’amore di chi non vince, l’amore di chi si sfiora e si perde sul più bello, sancito da un addio e non dal classico “E vissero felici e contenti”. D’altronde il destino di Pinilla, giramondo del gol, è un po’ quello di chi almeno una volta è caduto sul più bello, in amore e non, o di chi, proprio come recita il suo celebre tatuaggio si è fermato “Ad un centimetro dalla gloria“. Torniamo un attimo indietro di qualche mese, giusto per focalizzarci al meglio sul concetto, tatuaggi a parte, di “Una vita ad un passo dalla gloria” di cui sopra: era il 28 giugno dello scorso anno, fasi finali della Coppa del Mondo, ed uno stoico Cile aveva letteralmente imbrigliato i quotatissimi padroni di casa brasiliani, costringendoli dopo 120 minuti di emozioni e sudore alla lotteria dei calci di rigore. Pochi minuti prima dei tiri dagli undici metri un urlo di gioia, quasi un ruggito di dimensioni inumane rimase strozzato nella gola di Mauricio: traversa piena (QUI il video), a Julio Cesar battuto dopo una conclusione perfetta al 119′ esatto. Il destino, come l’amore, a volte è talmente beffardo da girare il coltello nella piaga, e complice anche l’errore dal dischetto dello stesso attaccante, i cileni tornano a casa con un pugno di mosche in mano, mentre i brasiliani ( immeritatamente ) proseguono il loro cammino.

Catapultiamoci adesso verso l’origine di questa travagliata storia d’amore tra Pinilla ed i nostri colori, con l’ex Universidad de Chile entrato in casa Inter con la benedizione di Ivan Zamorano, che di cileni e di attaccanti non poteva saperne poco. Nel 2003 sbarca ad Appiano con una valigia carica di ambizioni, subito richiusa per volare in direzione Verona, sponda Chievo, lido perfetto secondo i nerazzurri per far assaggiare all’allora giovanissimo puntero cileno il gusto di un calcio nuovo, totalmente differente da quello conosciuto. Non sarà un grande impatto: pochi minuti giocati, poca fiducia dell’ambiente, nessuna rete messa a segno. Tornato alla casa madre è già tempo di dirsi addio, prima in prestito, quasi fosse un arrivederci tra innamorati non ancora sicuri di lasciarsi per sempre, poi l’addio silenzioso e questa volta definitivo. Spagna, Scozia, Brasile, Cile, Cipro e poi di nuovo Italia, Grosseto, Serie B. Pinigol è cresciuto ed è tornato in Italia da uomo, questa volta per restarci. Mauricio fa 24/24, nemmeno fosse un cestista specializzato nei tiri liberi: un gol a partita, media di chi, con la serie cadetta c’entra davvero poco. Una media così non passa inosservata e finalmente riecco la Serie A: il Palermo punta forte sul giocatore, da subito amatissimo dai tifosi per la grande passione mostrata in campo e per le esultanze rabbiose graditissime ad una tifoseria calorosa come quella siciliana. Nonostante l’addio ai rosanero il percorso di Mauricio continuerà nella massima serie italiana, con le maglie di Cagliari, Genoa ed AtalantaCon l’Inter sempre sullo sfondo: accostato puntualmente ed ad ogni sessione di calciomercato ai nerazzurri che lo portarono in Italia, non riuscirà mai a riabbracciare la squadra che lo lanciò nel grande calcio, vittima quasi di un incantesimo da libri fiabeschi.

Ironia del destino, quasi caricato da questo continuo sfiorarsi senza mai prendersi, sfodera costantemente prestazioni di assoluto livello proprio contro la squadra milanese, mettendo a segno addirittura ben cinque reti tra Palermo e Cagliari ( memorabile la rete segnata proprio a Julio Cesar al Renzo Barbera ), quasi fosse un innamorato ferito, desideroso di rivalsa. Tanti gol, tutti belli e terribilmente pesanti come lettere di un amante ferito, sedotto ed abbandonato. Eppure Pinilla, nonostante i grandi dispiaceri regalati agli ex tifosi, non ha mai scaricato il barile sulla società nerazzurra rea di non aver creduto nelle sue doti, anzi, con grande onestà intellettuale ha analizzato ai microfoni di Tuttosport il proprio percorso, tornando su quell’addio amaro frutto di qualche errore di gioventù e di tanta sfortuna: “L’Inter era la squadra che tifavo da ragazzino sin dai tempi di Zamorano che, tra l’altro, ha molto lavorato per portarmi a Milano. La colpa però è al 100% mia perché in carriera ho avuto troppi alti e bassi e non sono mai stato convinto a tal punto delle mie qualità per conquistarmi una possibilità all’Inter. Se ci penso, dovrei darmi tante capocciate per gli errori che ho fatto in vita mia”.

Domani Mauricio e l’Inter si rincontrano, entrambi vestiti di nerazzurro, entrambi faccia a faccia dopo un percorso lungo dodici anni. Atalanta – Inter, sarà una partita speciale per entrambe le compagini: una a caccia di un successo che manca in casa orobica proprio dai tempi del primo mandato Mancini, l’altra a caccia dell’ennesimo sgambetto alla squadra con cui condivide gli stessi colori sociali. Nel mezzo sta Mauricio, occhi negli occhi con la squadra tifata da bambino accarezzata e poi svanita come una nube di fumo ed ormai atalantino d’adozione dopo la gemma di due settimane fa proprio contro un’ex squadra, il Cagliari . Buon San Valentino a voi innamorati, buon San Valentino a te Mauricio, chissà, magari un giorno quell’amore inseguito a lungo tornerà da te senza fermarsi, proprio come fece quella palla brasiliana a “One  centimeter from glory“.

di Giuseppe Chiaramonte

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