7 Marzo 2012

FOCUS – La delicata differenza tra dimissioni ed esonero: storia di finti disoccupati

Da quando Moratti è presidente, la panchina dell’Inter è sempre stata scricchiolante per chiunque si sedesse. Pochi sono stati quelli amati da tifo, squadra e dirigenza, mentre quelli arrivati alla fine del proprio contratto si possono contare su una mano. Ma negli anni Moratti ha imparato, a sue spese, una sostanziale differenza, quella tra allenatore dimissionario e allenatore esonerato.
ALLENATORE DA CASA ? Sembrano infatti sinonimi, ma portano con sé delle conseguenze contrattuali non indifferenti. Ricorderanno tutti l’anno in cui si voleva puntare su Hector Cuper ma sulla panchina nerazzurra sedeva il deludente Marco Tardelli. Tutto dipendeva da lui, Moratti non aveva intenzione di aggiungere un altro allenatore nel monte stipendi e Tardelli non voleva rinunciare al suo stipendio, così tutto andò in porto soltanto quando l’ex Juve decise di dimettersi. La piccola, ma fondamentale, differenza tra un esonero e una dimissione è infatti il soggetto agente. Nel primo caso infatti, è il presidente a sollevare dall’incarico il proprio allenatore che però ha un contratto da rispettare e, in caso di disoccupazione, è tenuto a richiedere lo stipendio pattuito fino al termine del legame lavorativo. Con le dimissioni invece è l’allenatore ad ammettere le proprie colpe, o comunque a rinunciare al proprio stipendio, sciogliendo il contratto stipulato all’inizio di un?avventura che non è andata secondo i piani.
MANCINI E IL DOLCE FAR NULLA ? Il caso più spinoso dell’era Moratti non è stato però quello di Tardelli, bensì quello legato alla vicenda Mancini. L’allenatore di Jesi infatti, all’alba dell’eliminazione in Champions League, si presentò in conferenza stampa dicendo che l’anno successivo non sarebbe più stato l’allenatore dell’Inter perché non aveva più stimoli. Una bomba a ciel sereno, che fece riaccendere un polverone intorno all’Inter attenuato in quegli anni dalle vittorie a suon di record del post-calciopoli. Moratti si sa, è un sanguigno e passionale, Mourinho nel frattempo aveva iscritto i suoi figli a scuola in Italia e si stava già dando da fare per imparare la lingua, così a fine anno quando Mancini fece dietro front, rimangiandosi le dichiarazioni fatte, giustificandosi con un ?ero amareggiato per la sconfitta?, il presidente decise di esonerarlo e donò la panchina dell’Inter al vate di Setubal. Roberto Mancini andò su tutte le furie e pensò anche di intraprendere vie legali, ma, pare, si limitò a continuare a sedersi su una panchina, quella del parco vicino a casa, continuando a percepire lo stesso stipendio di quando sedeva su quella più comoda e riscaldata di San Siro. Le offerte non mancavano per un allenatore che aveva fatto piazza pulita di trofei nazionali negli ultimi 3 anni, ma venivano tutte rispedite al mittente. Tale scelta non fu certo a per volontà di riposarsi, ma semplicemente perché nessuna delle squadre che si erano fatte avanti offrivano uno stipendio superiore a quello che già prendeva in casa Inter. Si fece poi avanti il City, l’offerta era allettante, ma l’ex allenatore di Inter e Fiorentina avanzò l’ultima richiesta: una ricca buonuscita per porre fine al contratto con l’Inter. 
CONTRATTI CON POSTILLA ? Da lì in poi Moratti, ferito nell’orgoglio e nel portafoglio, prestò molta attenzione ai contratti dei suoi allenatori. Con Mourinho fissò una clausola rescissoria per tentare di allontanare quello ?0,01%? di possibilità che il portoghese lasciava alle altre squadre, ma ci fu poco da fare quando Josè decise di trasferirsi a Madrid, il Real pagò la clausola e l’Inter si trovò a dover sostituire l’allenatore più amato dopo Herrera. Arrivò Benitez che, per evitare problemi di ogni sorta, diede le indicazioni più ?concilianti? per il suo esonero ?se la squadra non vorrà fare acquisti e fare un progetto con me, ci siederemo ad un tavolo con i miei agenti per risolvere il contratto?. Detto fatto, una volta stabilita la buonuscita per non dover avere un nuovo allenatore disoccupato sul groppone ecco arrivare Leonardo, che a fine anno non si dimise, bensì chiese a Moratti ?di essere lasciato andare?. Questa differenza rimane di difficile traduzione in termini economici, fatto è che arrivò Gasperini che ebbe lo stesso esito di Benitez, seduti a un tavolo, il contratto fu risolto consensualmente. Moratti di tutti questi tavoli era stufo, stava per arrivare un altro allenatore e qualcosa doveva cambiare. Si fece avanti Ranieri, con il mandato di risollevare la squadra e la possibilità di rimanere in carica anche per l’anno dopo, ma a una condizione: sia in caso di dimissioni, che di esonero, il suo contratto sarebbe caduto, senza buone uscite o compensi extra. Una postilla per mettere fine ai tavoli e un?arma in meno da parte dell’allenatore per sentirsi comunque al sicuro. Ranieri quindi si gioca tutto solo sulla panchina di San Siro, per lui non ci saranno pomeriggi al parco stipendiati, ma solo giocatori da far ricominciare a rendere!